I Signori delle Cime

Seria ricerca storica e meticolosa raccolta dei documenti e delle fonti nonché precisione d’esposizione. L’opera racconta le vicende alpinistiche in una zona dolomitica a torto finora trascurata, in chiave originale, quella dei personaggi che ne hanno fatto la scoperta e la storia.

(I Signori delle Cime – Dolomiti di Comelico, Sappada, Auronzo, Sesto. Due secoli di alpinismo 1820 – 2002, di Italo Zandonella Callegher, Antiga Edizioni, 2003)

Finalmente un libro coraggioso, qualcosa che muove il sentimento del lettore, che smuove il troppo placido panorama di opere che nulla hanno da dire e che troppo hanno da pubblicare e “comunicare”. Non è insomma il solito depliant allargato, anche perché descrive e racconta un gruppo tra i più dimenticati delle Dolomiti, geograficamente ed alpinisticamente piuttosto selettivo. La wilderness allo stato puro è nemica degli affari editoriali.

I Signori delle Cime non è un romanzo e nemmeno ha le pretese di una guida; è semplicemente una raccolta di appunti che, convenientemente assemblati, potrebbero dar vita ad un componimento ricco di audacia e di colpi di scena com’era nella migliore tradizione cavalleresca.

I Signori delle Cime, i Conquistatori dell’inutile, gli alpinisti, insomma, appaiono in questa ricerca come i veri protagonisti di due secoli di arrampicate più o meno impegnative sulle montagne che circondano la verde oasi del Comélico. Attori in un palcoscenico di indescrivibile bellezza quali sono questi monti, rimasti ignorati, per non dire snobbati, colpevoli solo di essere emersi dalle lagune del cretacico sul margine orientale del “continente Dolomiti”.

Delle Dolomiti d’Ampezzo, del Cadore, dello Zoldano, del Bellunese e dell’Agordino – per non parlare di quelle occidentali e dell’isolato Gruppo del Brenta – autorevoli divulgatori hanno già parlato (Berti, Angelini, Rossi…), cantando le gesta dei “Signori” di quelle cime.

Dei Monti del Comélico e dintorni se ne parla solo ora in senso compiuto, ed è la prima volta in un volume corredato da immagini d’epoca. Non è storia, questa, dissimile da quella delle montagne vicine, siano esse famose come le Tre Cime di Lavaredo o semisconosciute come i Rondoi-Baranci, ma identica nella sostanza e nel cocciuto e continuo “corteggiamento” di viaggiatori, studiosi, alpinisti, arrampicatori…

Sono 500 pagine di puro godimento, dal punto di vista storico, per la precisione dei fatti, per la cronologia, per la documentazione metodica che per anni l’autore ha meticolosamente raccolto e organizzato in una memoria storica con pochi uguali.

Una vera corsa dell’oro nell’enrosadìra, sul carro dell’entusiasmo e della conquista come meta, non una vena aurifera che crea ingordigia e cattiveria, ma un ometto di sassi da erigere su una cima fra tante altre, con dentro un biglietto, una data, una firma.

Cosa sarà mai questa smania di conquista! Non esistono risposte serie. Ovvero, queste stanno nelle imprese che dal 1820 al 2002 molti alpinisti hanno firmato sul grande libro degli ardimenti dedicato ai monti che cingono il Comélico come in un abbraccio materno. In sostanza il racconto si distende obbligatoriamente sintetico, ma qua e là si è tentato di ingentilirlo con episodi curiosi e inediti della vita di un personaggio, di un perché tecnico e di una particolare situazione storica.

Nulla in questa ricerca è frutto di fantasia. Si sono passate al setaccio pubblicazioni italiane, austriache, tedesche, inglesi, svizzere (guide, riviste, giornali, libri…) dal primo Ottocento fino all’inizio del terzo Millennio. Per imprese recenti è stata richiesta la collaborazione diretta dei protagonisti.

Sono stati passati al vaglio circa 800 alpinisti, italiani e stranieri, che hanno lasciato su questi monti il segno del loro passaggio tracciando nuovi itinerari, varianti o realizzando ripetizioni importanti.

Sono state prese in esame circa 950 vie nuove, aperte nell’arco di quasi due secoli. È stata fatta una ricerca su tutte le donne arrampicatrici, e sono 85, dalla ungherese Herminia Tauscher-Géduly sulla Cima Undici nel 1881 alle imprese del 2000 di Anna De Candido e Ariella Sain. Si sono trovate le “coppie delle cime” (nel senso di marito e moglie che hanno arrampicato insieme). Forse per la prima volta è stato realizzato un inventario completo di tutte le cime, piccole e grandi.

Di pari passo con il racconto cronologico, marcia la sezione fotografica, seguendo la quale già è possibile ricostruire la storia alpinistica di questi monti. Molte immagini sono inedite, ricercate con pazienza e amore. Altre, specie quelle che si rifanno ai primordi dell’alpinismo, sono patrimonio del corredo storico tradizionale e tratte, per lo più, da pubblicazioni dell’epoca. Di tutte vengono citate le fonti; così come per le notizie storiche.

E ciò che è proprio singolare è che un libro del genere sia stato scritto quasi contemporaneamente ad un altro, quello per le Pale di San Lucano, di Ettore De Biasio, un altro gruppo da sempre dimenticato. E così, oggi, altri gruppi dolomitici ben più famosi non possono ancora vantare una documentazione così accurata e così emozionale.

L’autore
Italo Zandonella Callegher, nato a Dosolédo di Comélico Superiore (BL) nel 1938, è alpinista, Accademico del Club Alpino Italiano ed esploratore.
Ha partecipato a dodici spedizioni extraeuropee in Siberia, Asia Centrale, Pakistan, Nepal, India, Sud America e Africa.
È inoltre membro dell’Accademia Italiana Scrittori di Montagna, Dirigente Nazionale del CAI e Direttore Editoriale de Le Dolomiti Bellunesi.
Ha pubblicato 25 libri e guide di montagna e ha scritto un centinaio di articoli, saggi e ricerche sulla montagna.
È Cavaliere della Repubblica per meriti sportivi e culturali.
È curatore, per l’Amministrazione Provinciale di Belluno, delle edizioni 1992 di Alte Vie 4-5-6-7-8 e delle edizioni 2003 di Alte Vie 4-5-6-7 e del volume Dolomiti Provincia di Belluno.
È membro della Giuria del Premio “Pelmo d’oro”; assistente tecnico del regista Folco Quilici per i film della serie “Alpi”.
Ha presieduto il Filmfestival Internazionale Montagna Esplorazione Avventura “Città di Trento”.
È stato membro della Giuria del Premio GAMBRINUS “GIUSEPPE MAZZOTTI” e Direttore Editoriale della Stampa Nazionale del CAI.

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1 Comments

  1. says: Angelo

    Ottima e meritata recensione, grazie. Ho la sensazione, ma forse mi sbaglio, che anche il libro sia stato trascurato al pari delle montagne che descrive. L’ho acquistato anni fa a metà prezzo, stava in disparte nella libreria della mia città di alpinistoni.

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