di Paolo Crosa Lenz
(pubblicato su Lepontica n. 28-29, marzo 2023)
Durante il Fascismo il Club Alpino Italiano fu “nazionalizzato” e soggetto al Regime. Il nobile sodalizio che aveva contribuito a costruire l’Italia unitaria e post-risorgimentale, per- se ogni autonomia: la sede centrale fu spostata da Torino, città dove nacque il CAI, a Roma; il nome, salvando l’acronimo, divenne “centro alpinistico italiano” (non si potevano usare parole inglesi come “club”), il presidente generale Luigi Manaresi fu nominato dal PNF (andava alle riunioni in divisa nera da gerarca).
Quando nel 1938 il Fascismo emanò le “Leggi razziali” per discriminare gli ebrei ed “epurarli” dalla vita sociale, Manaresi emanò una circolare “interna” a tutte le sezioni con scritto che potevano essere iscritti al CAI solo cittadini italiani di “pura razza ariana”.
Disponeva inoltre di identificare e di espellere i soci ebrei.
Franco Modigliani, Bruno Zevi, Carlo Franchetti, Alberto Moravia, Agnese Ajó, Enrico Jannetta, Emilio Segre: sono alcuni dei soci epurati dalla Sezione di Roma dopo l’emanazione del- le Leggi razziali nel 1938.
Dopo la seconda guerra mondiale, escludendo poche Sezioni, tra cui quella di Biella, non c’è stato da parte del CAI un atto formale di revisione e riammissione dei molti soci espulsi.
L’attuale presidente generale del CAI Antonio Montani, dopo una mozione e un programma di indirizzo approvati all’unanimità che ha impegnato il CAI a una riflessione storica ed etica, ricostruendo i fatti, rielaborando la propria storia e riammettendo formalmente le centinaia di soci espulsi in quegli anni. Lo scorso gennaio, in occasione della “Giornata della Memoria”, ha incontrato a Roma l’Unione delle Comunità Ebraiche in Italia.
Nell’incontro sono stati riammessi formalmente, con la consegna di tessere alla memoria agli eredi, i soci epurati dalla Sezione della capitale. Erano 200 i soci ebrei iscritti alla sezione di Roma (100 dei quali già espulsi dal lavoro e dalla scuola nel 1938).
A Milano furono 70. Forti alpinisti e fior di intellettuali che oggi meritano riconoscimento e riscatto.
Come intellettuale e come alpinista sono orgoglioso che il CAI abbia intrapreso questo percorso limpido.
Una ingiustizia che, con molto ritardo, viene sanata.