Il Giro E può creare dipendenza

di Alberta Schiatti 
(pubblicato su turbolento.net il 7 giugno 2021, con aggiornamenti)

A proposito di Giro E… Se per caso vi dovessero offrire una “bike experience” al Giro E, la manifestazione che segue le tappe del Giro d’Italia con squadre di amatori su e-bike, pensateci bene: bastano pochi giorni et voilà, non potrete più farne a meno.

E quando tornerete a casa, non saprete pensare ad altro che a tutta quella bellezza, perché bella così, l’Italia, non l’avevate mai vista.

E a quella sensazione di libertà, l’aria nei capelli, il movimento continuo e dolce, i profumi, o la luce di quel momento particolare, che fanno sentire davvero parte del paesaggio, come solo pedalandoci dentro ci si sente. E non vorrete altro che salire in bicicletta, per rifarlo, ancora e ancora.

E conterete i giorni che mancano alla prossima partenza, non importa per dove, tutto è bello visto così, dal sellino della vostra e-bike.

Alberta Schiatti a Milano, presso San Cristoforo sul Naviglio.
Amo questa Milano, che sa essere mille posti diversi. Incravattata e seria, tutta uffici e lavoro, ma anche frivola e mondana, luccicante come un vestito di paillettes. Una grande metropoli che sa stupirti con questi scorci così poco milanesi: i Navigli. Acqua, verde, sole in proporzioni variabili e arbitrarie. Che davvero sembra di essere in vacanza.
I Navigli che all’alba e al tramonto si riempiono di sportivi che fanno di tutto, di fianco e sopra all’acqua. Corrono, pedalano, remano. Nuotano persino.
Prima di venire sommersi e inghiottiti dal popolo della notte, che fino all’alba terrà questa zona ostaggio di mille guerrieri armati di birre e canne.

Il mio Giro E
Prendete la mia esperienza per esempio: 21 giorni, 1540 chilometri, 26mila metri di dislivello. Si comincia poco a poco, da Torino a Torino, una tappa breve con salita al colle di Superga per poter cogliere con uno sguardo dall’alto questa città elegante e schiva, che non ama mettersi in mostra.

Poi si va avanti con i Siti UNESCO  –  che abbonderanno in tutto il Giro –  tre, uno in fila all’altro, come ciondoli di una collana: Langhe, Roero e Monferrato, bum. Profumo di tartufo e vino pregiato.

E pian piano la volontà vacilla. Ci si arrende, allo sguardo che vaga indomito alla ricerca di meraviglie sempre nuove.

Al palato inebriato e non solo dal vino ma dalle mille bontà che cambiano ad ogni tappa. E ci si chiede come si fa ad avere così tante sfumature della parola “cucina” in una sola nazione. Al suono delle parole, che avvolgono l’orecchio in modo diverso in ogni posto in cui si arriva.

Accenti morbidi e sdruccioli, o altri più duri che sembrano tagliati con l’accetta, ma comunque parlino, sono sempre tutti lì ad accoglierti e a far tifo ai bordi delle strade.  

Da un appennino all’altro con un salto al mare
Si sale e si scende – volando da un appennino all’altro come su un tappeto volante, passando un attimo dal mare per un tramonto, una scorpacciata di pesce che tanto domani si brucia, no?

L’Italia è talmente varia e ricca di meraviglie, ancora così poco note che ogni volta che credi conoscerla, ti sorprende con qualcosa che non sapevi esistere. Nomi che non ti dicono niente, ma che nascondono posti con dentro un mondo, di storia e arte e monumenti incredibili.

Paesi che sembrano inventati da Gianni Rodari – Crecchio, o Guardia Sanframondi per citarne due – e invece hanno storie millenarie e castelli medievali in serbo per te.

E poi, improvvisa arriva l’artiglieria pesante, roba forte: posti famosi nel mondo, come il Chianti e la Val D’Orcia, ad offrirci le strade bianche per scoprire che la fatica a cui ti costringono vale la davvero pena, perché vista di lì, quella Toscana non ha uguali. O montagne sacre, totem del ciclismo dall’invenzione della ruota in poi, come il “Kaiser”, il Monte Zoncolan o passi iconici fortissimamente amati dagli amatori più tosti, come il Pordoi e il Giau

Il Team Enit
Aggiungete a tutto questo che ero parte di una squadra fantastica, il Team Enit, che non solo ha come missione istituzionale di diffondere la destinazione Italia nel turismo di tutto il mondo, ma è anche composta da persone eccezionali.

E il risultato è questo: 21 giorni di adrenalina, di fatica –  in bici ma non solo –  di lavoro, e spirito, di squadra, complicità, sonni rubati ai trasferimenti, grandi abboffate compensatorie, risate, risate, (l’ho già detto?) risate.

Il tutto, amplificato dall’emittente ufficiale del Giro E, Visit italy Web Radio una creatura proprio di Enit, che ci ha accompagnato con contenuti interessantissimi e vari per tutto il tempo: dalle dirette con il Capitano Max Lelli, che raccontava la tappa mentre pedalava, o l’irresistibile Rosetta, una super cuoca che ad ogni località ci portava attraverso i sapori di quel territorio con ricette squisite e racconti irresistibili, alle interviste agli ospiti noti e meno noti.

21 giorni che valgono come gli anni dei cani – ognuno sette, forse di più – e creano legami e ricordi difficili da smaltire. Che non si lasciano togliere dalla valigia una volta tornati a casa, e riporre docilmente in un armadio. No.

Posso smettere quando voglio, pensavi. E invece. E allora facciamone, se non una dipendenza come quella dei ciclisti sfegatati, un’abitudine. Lasciamoci contagiare da questa sana, sanissima passione.

Che questo Giro E, capitato proprio nel momento giusto – una metafora dell’Italia che riparte – diventi fonte d’’ispirazione per un turismo più sostenibile e rispettoso. Più lento e consapevole. E finalmente, tutto italiano.

Perché come dice Giovanni Bastianelli direttore Enit “il ciclismo, per la sua natura itinerante, è lo sport che più di ogni altro riesce a raccontare le bellezze dei territori italiani”.

Visitare l’Italia in bicicletta, crea dipendenza, dicevamo
E infatti. Prendete me. appena arrivata, sono già ripartita, il 19 giugno ha messo a dura prova anche la nuovissima Zydeco E-mud Cinelli: la Chase the Sun, dall’alba al tramonto, da costa a costa attraverso l’Appennino. Un altro viaggio in sella nell’Italia più bella. 272 km, più di 2500 mt di dislivello, ma questa volta in un solo giorno.

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1 Comments

  1. L’elogio della banalità. L’autrice ha dimenticato di dire che bisogna essere milanesi come lei per riportare le stesse emozioni. Noia, noia, noia.
    Senza astio né rancore.

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