L’esperimento che simula la siccità in una foresta pluviale

La serie di analisi, senza precedenti al mondo, sono state condotte da un gruppo di 80 ricercatori all’interno della Biosfera 2 dell’Università dell’Arizona. I risultati sono apparsi sulla rivista Science e contribuiscono a rendere più chiaro il valore dell’impatto dei cambiamenti climatici.

L’esperimento che simula la siccità in una foresta pluviale
a cura della Redazione di AGI
(pubblicato si agi.it il 18 dicembre 2021)

Forzare un ecosistema, simulando una siccità per quattro mesi per poi riportare tutto alla normalità, così da avere un quadro più chiaro di come il cambiamento climatico globale influenzerà gli ecosistemi terrestri. È l’esperimento senza precedenti che un gruppo di 80 ricercatori ha condotto utilizzando l’unica foresta pluviale chiusa al mondo, ospitata nella Biosfera 2 dell’Università dell’Arizona, e che è stato pubblicato sulla rivista Science.

I risultati hanno dimostrato che complessivamente, l’ecosistema – grande come circa 7 campi da tennis e composto da 90 piante – si è adattato riducendo l’assorbimento di CO2 del 70%. Inoltre, è emerso come le piante siano state in grado di ‘elaborare’ una sorta di strategia per compensare la mancanza di acqua, in condizioni di siccità estrema.

Siccità e foresta pluviale

Come ha spiegato Laura Meredith, uno dei tre responsabili dello studio, “la foresta è stata in grado di resistere alle condizioni in maniera sorprendente“. Per arrivare ai risultati, i ricercatori hanno utilizzato quasi due miglia di tubi e 133 sensori disseminati lungo tutta la Biosfera 2, così da analizzare contemporaneamente qualsiasi evento.

Misurando la quantità di CO2 presente nell’aria – ha aggiunto Meredith – abbiamo registrato delle sorprendenti interazioni tra le singole piante e l’ecosistema nel suo complesso. Non tutte, infatti, hanno risposto alle stesso modo. Alcune hanno mostrato una forte sensibilità alla siccità e hanno rallentato rapidamente il loro ciclo di assorbimento di CO2 e di acqua per rimanere al sicuro. Altre hanno dimostrato maggiore tolleranza e hanno mantenuto le loro funzioni stabili, pur in condizioni climatiche avverse“.

Ad esempio, ha illustrato lo studio, gli alberi più grandi e poco tolleranti alla siccità generalmente consumano molta acqua, soprattutto dal terriccio. Poichè quest’ultimo si è seccato quasi immediatamente, queste piante hanno sofferto da subito la condizione climatica avversa, attingendo immediatamente dal sottosuolo le risorse necessarie per sopravvivere. Altre hanno subito ridotto il consumo di acqua e hanno utilizzato le riserve sottostanti solo in casi di estrema necessità, conservando il più a lungo le risorse idriche sotterranee.

Avere una diversa risposta da parte delle piante rispetto alla siccità ha mantenuto un certo assorbimento del CO2 anche se in forte calo, al tempo stesso le piante hanno emesso una quantità maggiore di COV, composti organici volanti, importanti per l’interazione tra piante ed ecosistema. Tra questi è stato registrato nel corso dell’esperimento un forte aumento di monoterpene, che è di supporto alla condensazione delle nuvole e alla formazione di pioggia, come fosse un meccanismo di protezione contro la siccità” ha spiegato Meredith.

Inoltre, mentre le piante della Biosfera 2 hanno aumentato le emissioni di COV, “la vita microbica presente nel suolo ha intercettato i composti, frenando la quantità totale rilasciata nell’atmosfera, a compensare la giusta quantità” che dovrebbe essere presente in una foresta pluviale. “Questo atteggiamento indica come, anche in condizioni di grave siccità, va considerato anche il ruolo dell’attività microbica sui processi atmosferici“.

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