L’archivio fotografico della Fondazione Sella sta proseguendo la pubblicazione di molte foto in esso conservate.
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Eccone alcuni esempi.
Racconti d’Archivio
Con questa immagine di Sergio Ferrarotti (1922-1998), vi portiamo nella Parigi degli anni Settanta.
Ferrarotti utilizzò spesso fotomontaggi e collages, rielaborando le sue fotografie in bianco e nero in modo sperimentale e componendo opere di grande qualità.
Visse una parentesi parigina durante la quale realizzò immagini in grande formato che definì “futuriste”. Fu protagonista di diverse esposizioni a Biella e in tutto il Paese, spesso accompagnando mostre di artisti contemporanei.
Questa fotografia è conservata nel fondo documentario dell’Associazione dell’Industria Laniera Italiana, che contiene le immagini inerenti l’Associazione, in particolare luoghi – come i lanifici che ne facevano parte e la sede dell’Associazione – e persone – come titolari, maestranze e gruppi di dopolavoro.
La fotografia raffigura il teatro del Lanificio Rossi di Torrebelvicino, in provincia di Vicenza, fondato a Schio nel 1817 da Francesco Rossi, a cui succedette nel 1849 il figlio Alessandro, che nel tempo trasformò l’azienda in una delle maggiori industrie nazionali. A inizio Novecento il Lanificio aveva numerosi stabilimenti nel vicentino e i suoi tessuti venivano commercializzati in tutto il mondo.
Tra gli anni Cinquanta e Ottanta la Lanerossi visse due momenti di crisi seguiti da eccellenti riprese. Nel 1987 il gruppo venne acquistato dalla concorrente Marzotto di Valdagno. Oggi il marchio Lanerossi è legato a coperte e accessori per l’arredo.
La Stella Polare tra i ghiacci nella baia di Teplitz: questa immagine fu scattata nel marzo 1900, durante la spedizione al Polo Nord del Duca degli Abruzzi Luigi Amedeo di Savoia. L’imbarcazione, partita nel mese di giugno del 1899 dalla Norvegia, raggiunse la baia di Teplitz dove la nave fu bloccata dalla pressione dei ghiacci rimanendo inclinata di lato con seri danni allo scafo. Il campo base fu stabilito sul pack, dove i componenti della spedizione, montata un’enorme tenda, passarono l’inverno. In seguito a un primo tentativo non riuscito, l’11 marzo 1900 un convoglio guidato da Umberto Cagni, composto da 13 slitte e 102 cani, partì alla volta del Polo. Il Duca non partecipò poiché convalescente dal congelamento di alcune falangi. La spedizione arrivò a 381 km dall’estremo Nord, stabilendo il record di 86° 34’ di latitudine nord, dopodiché, a causa delle infinite difficoltà incontrate, decise di fare ritorno al campo base. La comitiva riuscì a rientrare al campo base solo il 23 giugno dopo aver abbandonato lungo il percorso quasi tutto l’equipaggiamento.
La nave, dopo essere stata disincagliata dai ghiacci, ripartì il 15 agosto verso la Norvegia, dove giunse l’11 settembre 1900.
La spedizione del duca degli Abruzzi, attraverso un’infinità di pericoli e avversità, realizzò un importante primato geografico e raccolse una ricca serie di osservazioni e dati scientifici riguardo meteorologia, maree, magnetismo, e una notevole collezione di mineralogia e botanica polare.
“Bosco in autunno” è una fotografia di Giuseppe Gallino (1879-1964), alpinista e fotoamatore attivo nella prima metà del Novecento, Nel 1913 partecipò alla fondazione del CAI UGET (Unione Giovani Escursionisti Torinesi), iniziativa che ebbe molto successo, raggiungendo in pochi anni un migliaio di iscritti.
Gallino si dilettò inoltre di disegno e pittura, pergamene e miniature, e realizzò una serie di cartoline allegoriche dei Corpi d’Armata italiani del primo conflitto mondiale.
Nel 1911 i fratelli Lumière presentarono a Torino la tecnica dell’autocromia che Gallino praticò producendo oltre duecento immagini, oggi conservate in Fondazione Sella.
L’autore del ritratto della famiglia Mosca Riatel è Charles-Henri Plaut (1819- ?): si tratta di un dagherrotipo prodotto nel 1849, molto pregiato per la particolare colorazione della sua superficie.
La dagherrotipia fu messa a punto da Louis Jacques Mandé e Daguerre da Joseph Nicéphore Niépce e presentata al pubblico per la prima volta nel 1839. Questo metodo forniva un’unica copia positiva, non riproducibile, su supporto in argento o rame argentato sensibilizzato in camera oscura con vapori di sodio. La ripresa richiedeva lunghi tempi di esposizione, da 20 a 40 minuti. Si otteneva un’immagine dai riflessi cangianti, lucida, spesso riflettente come uno specchio.
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