di Toni Farina
Strane correlazioni a volte genera la mente. Leggo su “La Repubblica” (venerdì 02/02/24): “Barcellona raziona l’acqua e pianifica il futuro no-rain”. Alle prese con una siccità senza precedenti il governo prepara un piano che prevede tra l’altro di ridurre del 5% l’erogazione per ogni cittadino (del 5%? Che sforzo!). Niente singing in the rain per i catalani ma, soprattutto, niente piscine, basta lavaggi auto e basta anche innaffiare giardini.
Il divieto di lavaggio auto mi ha portato in Valle Soana, a una insegna collocata presso un fontanino a valle di Ronco (lo vedete qui sotto). Divieto immagino dovuto più a ragioni di decoro che scarsità d’acqua. Questo fino a un paio di anni or sono, perché ora…
Ora, o meglio da un paio d’anni, il fontanino è sofferente. Ero abituato transitando a fermarmi per bere e fare provvista d’acqua per le camminate, anche perché il luogo è comodo. Ma ultimamente l’acqua, un tempo copiosa (siamo in Valle Soana) è davvero pochina. E così è in molte altre fontane e borgate delle nostre montagne.
Insomma, le montagne del Gran Paradiso come Barcellona.
Le montagne del Gran Paradiso sono le stesse da cui sarà captata l’acqua per rifornire le utenze domestiche (noi) e le campagne del canavese. Questo per
garantire l’approvvigionamento idrico anche in periodi di crisi, specie quelli direttamente causati dal sempre più evidente cambiamento climatico.
(da un articolo di cronaca).
Acqua di buona qualità per nostri rubinetti e per le distese di mais. Un progetto SMAT – la “Società Metropolitana Acque Torino” – alla quale, strana cosa, tocca ultimamente fare il contrario, ovvero portare l’acqua dal piano al monte per rifornire le borgate a secco. Dunque, c’è un “sempre più evidente cambiamento climatico”. Meno neve (molta meno neve, ultimamente), meno pioggia, e allora la domanda da profano è: come li riempi gli invasi da cui si dovrebbe prendere l’acqua per i cittadini e le campagne del piano? Un invaso per ogni valle alpina è il rimedio?
E qui entra in gioco l’ultimo elemento: il principio di precauzione. In base al quale l’acqua, oltre a prenderla dove c’è o, per meglio dire, si pensa che ci sia, sarebbe bene risparmiarla. E se il termine “risparmio” non ci piace, non si confà alla civiltà dei consumi, si può parlare di uso razionale, che crea meno ansie e fa più figo. Questo a partire dall’uso domestico e, soprattutto dall’uso in agricoltura. Partire dal che cosa coltivare e dal modo di farlo, e dal cosa mangiare.
Le colonne di trattori invadono le strade del Vecchio Continente, Spagna e Catalogna comprese. Ma vecchia rischia di essere anche l’agricola contesa, superata da una fase climatica che rischia di porre ben altri problemi.
Il fontanino di Ronco ci dice che neppure l’acqua del Gran Paradiso potrebbe bastare a irrigare ettari di mais. Altro che PAC e costo del gasolio.
Esagerazione? Forse, ma per il principio di precauzione, ben noto ai contadini di un tempo, sarebbe il caso di pensarci. Nell’attesa e nella speranza che una pioggia di maggio restituisca vita alle campagne e al fontanino.