La Messner Haus

Dove un tempo arrivava la funivia, oggi sorge uno spazio che racconta il futuro della montagna tra memoria, visione e sostenibilità.

La Messner Haus
(un nuovo spazio per il futuro della montagna)
di Filippo Del Vecchio

In Alta Pusteria, nel comune di Sesto, nell’edificio dove fino a qualche anno fa si trovava la stazione a monte della funivia di Monte Elmo, oggi ha sede il nuovo e visionario progetto ideato per la montagna, firmato dal guru dell’alpinismo Reinhold Messner. La nuova struttura, situata a poco più di 2000 metri è la Reinhold Messner Haus, già aperta al pubblico dal 28 giugno 2025 [l’apertura ufficiale è prevista per il 17 settembre, compleanno di Messner] che, così come voluto dall’ex alpinista altoatesino, non vuole essere un classico museo ma una semplice casa, la “Haus” appunto, un luogo differente, nuovo, che racconta la montagna parlando non di passato ma di futuro.

Il racconto del tempo, così come è stato immaginato, inizia ancora prima di varcare la soglia; prende forma già nell’edificio che ospita la Messner Haus, l’ex stazione della vecchia funivia, un luogo carico di memoria locale, scelto non a caso, che diventa simbolo di continuità tra passato e futuro.

Un tempo punto di transito tra valle e monte, oggi quello stesso edificio – rigenerato ma fedele alla sua identità originaria – continua a “salire e scendere”, ma lo fa in senso simbolico raccontando le ascese e le discese, le sfide e le conquiste di una vita spesa tra le montagne. Le imprese di un uomo che ha trasformato l’alpinismo e che oggi, da ex alpinista, ne custodisce il senso più profondo, proprio a partire da questo luogo. Un luogo che non è solo contenitore di storie, ma storia esso stesso.

La stazione a monte, oggi come ieri, non smette di esistere, cambia funzione, assume un nuovo ruolo, diventando esempio concreto di sostenibilità e rigenerazione che prende forma. È il principio dell’upcycling, della trasformazione intelligente di ciò che è stato in qualcosa di nuovo, capace di conservare l’anima del luogo. Una ristrutturazione dal gusto minimal ma d’effetto, valorizzata dalle grandi vetrate che si aprono sulle Dolomiti.

Questa rinascita, però, non parla solo di architettura. Racconta anche un’idea di futuro per la montagna, per l’alpinismo e per il turismo in quota. Un futuro che Messner immagina lontano dal turismo di massa, più consapevole e rispettoso. Come ha dichiarato lui stesso: “Il tipo di offerta che proponiamo va nell’esatto segno contrario rispetto all’overtourism, perché, appunto, noi non vogliamo attirare visitatori mordi e fuggi, ma persone che si prendono il tempo per salire e per visitare la struttura”.

Il tempo è dunque il fil rouge che accompagna il visitatore della struttura e la capacità di questo luogo, di raccontarlo, è molto forte, sia fuori che dentro.

All’interno della struttura, il cemento a vista dell’antica stazione funiviaria richiama con forza la memoria della vecchia cabina, il suono metallico delle funi d’acciaio e il cigolio dell’arrivo a monte. Oggi, quegli spazi sono trasformati e accolgono oggetti e cimeli personali che raccontano non solo la vita alpinistica, ma anche quella più intima di Reinhold Messner come ad esempio lo scarpone del fratello Günther morto sul Nanga Parbat. Fotografie, maschere e attrezzatura da montagna di ogni epoca attraversata dall’altoatesino – scarponi, corde, zaini, scarpette – accompagnano il visitatore lungo un percorso suggestivo e profondo, capace di stimolare riflessioni sul tempo passato, sul presente e sul futuro.

La presenza di questi elementi, così concreti e simbolici insieme, rimanda immediatamente all’alpinismo di oggi, alle sue evoluzioni tecniche e materiali ma anche a un concetto che sta particolarmente a cuore a Messner quello della filosofia (inteso come approccio) della montagna. Un tema centrale nella sua narrazione, che emerge con forza nella sua “casa” e invita a interrogarsi sul cambiamento del rapporto tra uomo e montagna, profondamente diverso rispetto agli anni ’70, quando lui stesso ne ridefiniva i confini con le sue imprese.

La “casa” sul Monte Elmo affronta temi centrali per il presente e il futuro della montagna quali il cambiamento delle attività outdoor, la tutela dell’ambiente alpino e il rapporto tra uomo e paesaggio; temi che meritano attenzione e spazio di riflessione che proprio in quota trovano una prospettiva più nitida. La Reinhold Messner Haus rappresenta un modello possibile di costruzione minima, recuperando strutture esistenti e adattarle a nuovi usi, in modo funzionale e sostenibile.

In un contesto fragile come quello delle Dolomiti, questa scelta assume un valore etico e pratico in cui l’ex stazione della funivia torna così a vivere, mantenendo la sua identità storica e diventando parte attiva di un nuovo racconto sul futuro della montagna.

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6 Comments

  1. says: marcello cominetti

    Nulla da eccepire sull’idea, che anziché lasciare al loro destino resti di vecchi impianti, come succede in (purtroppo) moltissime località alpine, ma qualcosa che stride con l’annunciata e ormai abusata sostenibilità, c’è.
    Occorre dire che per il vecchio proprietario della stazione, la riconversione abitativa è costata meno di una demolizione. Visto che si tratta di cemento armato.
    Sicuramente l’amministrazione di Sexten/Sesto avrà visto di buon occhio l’iniziativa perché Messner (giustamente) vende. Non parlatemi quindi di ecologia e sostenibilità perché l’unica cosa che muove tutto questo è il denaro. Lo capisco ma si dovrebbe avere il buon gusto di presentare la cosa com’è davvero e non come piace alla maggior parte della gente sentirsela raccontare. Autore dell’articolo in linea con l’opinione richiesta dalla massa, compreso.

  2. says: Roberto

    Non é di nuovo cemento che c’é urgente bisogno ma di alberi….
    Chi vuol ntendere intenda….
    Messner é passato da ecologista ad imprenditore e la sua propaganda é cambiata parallelamente….
    Obiettivo: soldi

  3. says: Gian

    Io non sono d’accordo continua predicare la salvaguardia dell’ambiente ma lui di mostri ne ha costruiti x i suoi musei, vedi l’obrobrio del plan de corones e altre schifezze, se ci tiene davvero all’ambiente poteva demolire e far qualcosa di più sostenibile o anche niente…la gente predica bene ma x il dio denaro razzola male…forse si sente cosi onnipotente da poter far solo lui gli ecomostri.

  4. says: Emanuele Brignoli

    A mio modesto avviso sia il museo della montagna che quello della fotografia, che recupera validamente la stazione a monte della vecchia funivia sono una risorsa culturale. Non piace invece la brutta nuova cabinovia che ha rovinato il prè da peres a passo furcia. Il raddoppio della portata non giustifica il cattivo gusto. Emanuele Brignoli

  5. says: Uppier

    La montagna è stata offerta nel mercato delle merci al consumatore come altre merci, definitivamente banalizzata, desacralizzata e mercificata, assorbita nella dimensione del fare per ottenere. Il mercato è stato portato fin sulle cime delle montagne.

    Messner agisce come un qualunque imprenditore che intende far rendere il capitale investito. Messner vende il proprio marchio, come un Armani della moda qualsiasi, costruendo o trasformando casermoni di cemento armato in quota. Certo che ci vuole coraggio a creare mausolei a proprio nome sparsi per le montagne!

    Questo è ciò che accade all’umano, lasciato nelle mani degli interessi e dei commercianti spacciatori di droghe. Tutto ciò che ne consegue per noi, è adattamento culturale delle masse verso un infernale selva di feticci da loro creati.

    Davanti ad ogni Armani o Messner, c’è una moltitudine di prede, di coscienze da rapire. Più progredisce la spinta materiale e la pressione del feticcio, più la vitalità dell’individuo e la sua umanità regrediscono, si affievoliscono. Solo capendo il fenomeno e la sua dinamica, noi abbiamo la possibilità di rinunciare, saper dire di no alle loro “droghe”.

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