Chi inventò i ramponi?

di Paolo Crosa Lenz
(pubblicato su Lepontica 31, maggio 2023)

L’amico Enrico Rizzi nel 1990 ha pubblicato per conto della Fondazione Monti un libro straordinario con la prima traduzione italiana degli scritti di W. A. B. Coolidge, il padre fondatore della moderna storiografia alpina (Il popolo delle Alpi e altri scritti). William Auguste Brevoort Coolidge (1850-1926) era nato a New York, cresciuto in Inghilterra dove divenne pastore protestante e trascorse le estati a scalare sulle Alpi. Trascorse gli ultimi dieci anni, dopo aver lasciato la cattedra universitaria ad Oxford, a Grindenwald in Svizzera dedicandosi all’alpinismo e a fecondi studi sulla storia delle Alpi. Nel libro c’è un capitolo intitolato “L’uomo e la montagna: i suoi attrezzi, le sue bizzarre invenzioni, le sue guide”, pubblicato in francese a Grenoble nel 1904.

Dalla Historia delle genti settentrionali di Olao Magno (xilografia del 1550), da: W. A. B. Coolidge, Il popolo delle Alpi e altri scritti, Fondazione Monti, 1990.
Passaggio di un crepaccio sul ghiacciaio di Hinterrein, Grigioni (XIX secolo), da: W. A. B. Coolidge, Il popolo delle Alpi e altri scritti, Fondazione Monti, 1990.

Chi ha inventato i ramponi? “Strabone, riprendendo la notizia da Teofano di Mitilene che accompagnava Pompeo durante la guerra contro Mitridate, ci racconta come nel Caucaso, dove le vette più elevate sono inaccessibili in inverno, i locali usino scalarle d’estate «calzati di suole piatte ricavate da pelli di bue non conciate simili a cimbali (piatti) e muniti di punte di ferro per affrontare il ghiaccio e la neve». Il Freshfield ha portato a Londra uno di questi ramponi ritrovato in una tomba antichissima nei pressi di Vladikavkas, alla base della grande catena del Caucaso. Esso presenta una grande rassomiglianza con quelli usati dai chamoniardi nel XVIII secolo.
La stampa riprodotta dal Saussure rappresenta ramponi simili a quelli moderni, composti da una suola con punte di ferro solamente in corrispondenza del tacco e assicurati alle calzature con legacci. Verso il 1555 il de Candale racconta come, nel tentativo di scalare il Pic du Midi di Pau, si fosse servito di
«uncos ac manus ferreas»: uncini fatti costruire appositamente e realizzati in modo mirabile («per uncos artificiose a se fabricatos»). Credo che gli attrezzi descritti dal Simler dovessero essere fissati direttamente alle suole delle calzature piuttosto che legati.
Tra il 1573 e il 1588 il botanico Clusius (il belga Charles de l’Ecluse), parlando di una delle sue ascensioni al Wiener Schneeberg 2075 m cita dei
«ferreis uncis ad pedes alligatis», che senza dubbio non erano altro che ramponi. Nel 1588 il Villamont scrive che, durante la sua ascensione sul Rocciamelone si servì di «uncini di ferro che si attaccavano alle mani e ai piedi ». Vengono in mente «le punte di ferro ai piedi» e «gli uncini alle mani» di cui si servirono, nel 1689, P. A. Arnod e i suoi compagni nel tentativo di passare il Col du Géant, e anche i «Fusseisen» (o ramponi ai piedi) utilizzati dai primi scalatori del Titlis nel 1744”.

More from Alessandro Gogna
Silvio e Rosaria
Dieci anni fa una coppia di Catania ha deciso di cambiare vita,...
Read More
Leave a comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *