Tre organizzazioni attive per la tutela dell’ambiente si sono rivolte ad avvocati per il clima per presentare una richiesta urgente di interruzione immediata dei lavori presso la Commissione edilizia cantonale vallesana.
Ghiacciaio scavato per una nuova pista da sci
a cura di Keystone-ats
(pubblicato su ticinonews.ch il 18 ottobre 2023))
WWF, Pro Natura e Mountain Wilderness Svizzera vogliono fare luce sui lavori in corso sul ghiacciaio del Teodulo (VS) in vista delle discese di Coppa del mondo di sci alpino a Zermatt/Cervinia. Il caso è stato sollevato il 15 ottobre 2023 da Le Matin Dimanche, che ha parlato anche di una mancanza di chiarezza riguardo ai permessi. “Ogni minuto conta per salvare il terreno ancora preservato del ghiacciaio“, scrivono le tre associazioni ambientaliste in un comunicato diffuso oggi. Esse si sono rivolte ad avvocati per il clima per presentare una richiesta urgente di interruzione immediata dei lavori presso la Commissione edilizia cantonale vallesana. La richiesta a tale organo è inoltre quella di “ordinare le misure istruttorie necessarie per documentare la portata dei lavori e la loro conformità alla legge“. Se il progetto si rivelerà illegale, verrà domandato il risanamento del terreno, avvertono. Contattata da Keystone-ATS, la commissione afferma di star procedendo attualmente “a stabilire i fatti”. Se in seguito emergeranno degli illeciti, verranno presi i provvedimenti del caso, assicura.
“Non abbiamo nulla da nascondere”
Secondo quanto riportato da Le Matin Dimanche, l’incertezza regna sulla nuova pista denominata “Gran Becca”, che collega Zermatt con la località italiana di Cervinia e che ospiterà le gare fra circa un mese. Nonostante le numerose richieste del domenicale romando, gli organizzatori si sono rifiutati di fornire il percorso preciso del tracciato. Alcuni settori, ancora in piena costruzione, si estenderebbero oltre l’area riservata alle piste da sci. Inoltre, molti critici, fra cui diversi allenatori internazionali, hanno espresso seri timori sul futuro della gara, già annullata nel 2022 a causa dello scarso innevamento. Contattato dal quotidiano vallesano Le Nouvelliste nella stessa giornata del 15 ottobre, il presidente del comitato organizzatore locale, Franz Julen, ha comunque dichiarato che la pista è interamente nel settore dedicato allo sci sul lato svizzero e che tutte le autorizzazioni necessarie sono state ottenute. “Non abbiamo niente da nascondere”, ha garantito.
“Un atto intollerabile”
Distruggere un ghiacciaio per una gara di sci è intollerabile, fanno notare dal canto loro le organizzazioni per la tutela dell’ambiente. Le previsioni annunciano lo scioglimento per metà di quello del Teodulo entro il 2080, viene ricordato nella nota congiunta.
La “Matterhorn Cervino Speed Opening”: una corsa sfacciata verso la discordia tra Zermatt e Cervinia
a cura della redazione di valledaostaglocal.it
(pubblicato su valledaostaglocal.it il 18 ottobre 2023)
Sì, stiamo parlando della gara transfrontaliera di discesa libera, un colpo improvvido che connette Zermatt e Cervinia, ma a quale costo? Zermatt e Cervinia, ora più vicine che mai grazie a una funivia, sembrano unirsi in una sinistra armonia con il Cervino.
Con la creazione di questo imponente comprensorio sciistico di 540 chilometri, si avvicinano inesorabilmente al titolo di secondo più grande al mondo. Ma a che prezzo?
L’11 novembre 2023, verrà inaugurato questo cantiere ecologico travestito da gara di Coppa del Mondo di sci, progettato dal campione Didier Défago. Tuttavia, l’inaugurazione era già stata programmata per l’anno scorso, ma il caldo eccessivo ha fatto desistere.
Adesso, il “Gran Becca” è pronto a scendere dai 3800 metri in Svizzera fino ai 2865 metri in Italia. Un percorso privo di sfide tecniche significative, ma che permette agli atleti di toccare velocità incredibili fino a 135 km/h, con tanto di salti a coronare la follia.
Ma il 66% del tracciato si sviluppa sul ghiaccio del Teodulo, che è già in uno stato precario a causa del riscaldamento globale. Escavatori divorano avidamente il ghiaccio, sconvolgendo le aree protette e ignorando il buon senso ecologico.
Le autorità dovrebbero sanzionare questo scempio, ma il Comune svizzero rimane in silenzio.
Il comitato organizzatore di Zermatt nega le accuse, ma il dubbio rimane. Anche alcuni atleti sollevano il sopracciglio di fronte a questa follia ecologica. L’anno scorso, il vicecampione olimpico francese Johan Clarey l’ha definita senza senso. Quest’anno, Alexis Pinturault sostiene che gareggiare all’inizio di novembre in Europa sia privo di senso.
Gli organizzatori cercano di giustificare il loro gesto disperato, ma le argomentazioni sulla sostenibilità sono fiacche e cedono sotto il peso delle evidenze.
La priorità sembra essere il denaro e la gloria, non la preservazione dell’ambiente.
Questa gara redditizia fa impazzire gli organizzatori, ma a quali costi? Indipendentemente dalla cifra esatta, la “Matterhorn Cervino Speed Opening” vale più di 100 milioni di franchi in pubblicità, e l’emergenza climatica sembra essere una preoccupazione trascurabile.
Nel frattempo, il vincitore e la vincitrice intascheranno 60.000 franchi svizzeri ciascuno, ma dovranno dividerli tra due paesi, come simbolo di divisione fiscale in un mondo che sembra sempre più contrario agli eventi sportivi che trascurano l’ambiente.
Zermatt e Cervinia, unite dalla discordia, stanno aprendo una breccia nella loro reputazione ambientale, tutto in nome del profitto. E mentre le funivie e le gare sciistiche uniscono, il dissenso cresce tra coloro che si preoccupano per il nostro pianeta.
di Luca Rota
(pubblicato su lucarota.com il 20 ottobre 2023)
Ecco qui. Come volevasi dimostrare, come tanti hanno denunciato (tra i quali nel suo piccolo lo scrivente, ad esempio qui pochi giorni fa) e come, in fondo, suggeriva il più ordinario buon senso.
Così riferisce la RSI (cliccate sull’immagine lì sopra per leggere l’articolo, ma ovviamente anche molti altri media ne stanno parlando):
“Stop parziale ma immediato ai lavori preparatori in vista delle prove di Coppa del Mondo di sci in calendario a metà novembre a Zermatt. Lo ha imposto la Commissione cantonale delle costruzioni del Vallese. Sono interessati – precisa un comunicato di cui ha dato notizia Le Temps – “tutti i lavori eventualmente intrapresi sul ghiacciaio del Théodule, al di fuori del perimetro omologato per la pratica dello sci in territorio svizzero”. Uno stop totale, si spiega, sarebbe stato invece un provvedimento sproporzionato”.
Gli organizzatori faranno ricorso, come è loro concesso, e probabilmente lo vinceranno ma non perché ciò che stanno facendo sul Ghiacciaio del Teodulo, o per meglio dire ciò che stanno imponendo con la violenza di ruspe e escavatori alla massa glaciale nonostante l’ennesima stagione estiva di fusione e di generale sofferenza, sia del tutto regolare: non lo è per diversi motivi, è palese. Lo vinceranno perché, al momento, certi biechi e ipocriti interessi riescono ancora a prevalere sulla tutela delle nostre montagne e del loro paesaggio, perché ci si metterà di mezzo certa politica che teme di perdere i propri tornaconti, perché in certi responsabili della gestione dei territori montani mancano competenze culturali autentiche al riguardo, visione del futuro, sensibilità, rispetto per la montagna.
Ma, lo ribadisco e d’altro canto è sempre più evidente, la situazione sta cambiando, una parte sempre più ampia e ormai maggioritaria della società civile non è più disposta a svendere e consumare quel prezioso patrimonio comune naturale, ambientale, ecosistemico e culturale che è la montagna nella realtà climatica in divenire che ci tocca – e ci toccherà sempre più nei prossimi anni – di affrontare. Contro certi interventi così indecenti si può, si deve, bisogna, è necessario alzare la voce da parte di chiunque abbia a cuore le montagne: è una questione di non solo di senso civico ma pure di consapevolezza e di forza d’animo, e quando si è in numerosi a farlo i risultati cominciano a venire, come vedete.
Coloro i quali antepongono interessi, tornaconti, marketing e politica al bene delle nostre montagne, alla loro realtà e alla quotidianità delle comunità che le abitano hanno i giorni contati, statene certi.
La spolverata di neve di ieri ha coperto un po’ lo scempio fatto dalle ruspe e, quando arriveranno…, gli ispettori cantonali svizzeri avranno un’impressione meno devastante dello stato del ghiacciaio. Chi ha frequentato quei luoghi e confronta le foto di qualche anno fa con le attuali non può rendersi conto della condizione di sofferenza di quel ghiacciaio come di tutti gli altri sulle alpi. A chi ha attività (alberghi, negozi, ristoranti, locazioni AirBnb, ecc. ) a Zermatt e Cervinia tutto ciò non interessa, interessa solo che arrivi più gente disposta a pagare per andare su in funivia a dare un’occhiata tra un selfie e l’altro. Meglio ancora se si tratta di cinesi o comunque di gente che lì non è mai stata così non si renderanno conto del disastro in atto. I pistaioli addirittura saranno felici della nuova pista in mezzo a crepacci sempre più numerosi: vuoi mettere le foto da postare sui social?
Ruspe sui ghiacciai
Il Teodulo: ruspe che si accaniscono su un ghiacciaio già in sofferenza per preparare la nuova pista della Coppa del Mondo di sci alpino
Ma i ghiacciai non sono cumuli amorfi di ghiaccio a uso e consumo di una clientela extra lusso.
Il Teodulo: un ghiacciaio già in sofferenza scavato e manipolato dalle ruspe per più di un mese, pur di avere tutto pronto per lo scintillante spettacolo della Coppa del Mondo di sci alpino 2023-2024 che inizierà l’11 novembre. Questo è il prezzo che deve pagare l’alta montagna per qualche scampolo di gara nell’era del riscaldamento climatico.
La stagione 2022-2023 per la Coppa del Mondo di sci alpino iniziò con l’annullamento della competizione tra Zermatt e Cervinia: prima la gara maschile, poi la stessa sorte è toccata anche a quella femminile. Assenza di neve e condizioni meteo avverse caratterizzarono il calendario. Quest’anno invece l’inizio si annuncia con toni trionfali. Tutto è pronto per l’apertura delle competizioni il prossimo 11 novembre, su di un tracciato transfrontaliero tra Svizzera e Italia: la “Gran Becca”, una pista che va dalla Gobba del Rollin (3800 metri di quota) ai Laghi di Cime Bianche (2865 metri di quota), si dice sia la più alta al mondo. Ma a quale prezzo sta avvenendo tutto ciò? Per almeno un mese le ruspe hanno scavato, movimentando e deformando il ghiacciaio pur di raggiungere lo scopo degli organizzatori. Forse anche facendo uso di esplosivo si sono fatti strada, eliminando così qualsiasi ostacolo si frapponesse, anche il fastidio di qualche lembo di roccia che affiorava dal ghiaccio. L’importante è che tutto sia pronto per l’11 novembre, con superfici di gara livellate come piani di un biliardo, poiché questo vuole oggi la competizione nel mondo dello sci, in barba alle morfologie della natura. Anche la neve asportata servirà al cantiere sempre in funzione, coperta con teloni pur di averla a disposizione per il grande spettacolo. Eppure siamo nel bel mezzo di un ghiacciaio, il ghiacciaio del Teodulo. Un corpo glaciale che come tutti gli altri presenti sulle Alpi è in forte sofferenza. Si pensi ai dati che abbiamo comunicato recentemente con Carovana dei Ghiacciai, la campagna internazionale di Legambiente in collaborazione con CIPRA e che ha prodotto il Manifesto per i ghiacciai. Sottoscritto da alcuni tra i maggiori glaciologi europei, traccia le linee di un percorso di governance dei ghiacciai e delle risorse connesse, proponendo azioni ben diverse da ciò che sta accadendo sul Teodulo. “Fortunatamente non è sempre così, – rileva Vanda Bonardo, presidente CIPRA Italia – in altre situazioni, i gestori degli impianti procedono con molte più accortezze e attenzioni, sapendo di manipolare fragili ambienti di alta quota; qui invece non si va per il sottile: the show must go on.” Uno show per pochi privilegiati, giacché il solo biglietto della nuova funivia lusso Matterhorn Glacier Ride II (inaugurata lo scorso luglio fra Zermatt e Cervinia) costa 240 Euro per la traversata.
“Chissà se negli atleti che sottoscrissero lo scorso anno la lettera alla FIS per richiamare l’attenzione sui cambiamenti climatici s’insinua il dubbio sul buon senso di quest’operazione? – s’interroga Vanda Bonardo – Questo grande luna park di alta quota riporta alla mente il gran ballo del Titanic, e non è retorica. Recenti studi ci raccontano di un tempo di 20-25 anni di sopravvivenza per lo sci da discesa nelle aree più in quota delle Alpi italiane ovvero quelle piemontesi e valdostane, per il resto delle montagne italiane finirà molto prima. Al di là del danno ambientale ci si domanda se in una sana economia ha senso che un’industria, per il bene del Paese necessariamente proiettata verso il futuro, insista con investimenti consistenti che non hanno speranza di futuro. Quella stessa industria che paradossalmente sta cercando di usare maggiori risorse naturali con l’intento di rendersi indipendente dalla natura”.
È dura, la vita dell’ambientalista. Non fai in tempo a sospirare di sollievo per la pista da bob scampata a Cortina, a passare in Val Susa a tirare un petardo sui cantieri della Tav, e scopri che sono spuntate le ruspe sul ghiacciaio sopra a casa tua. Riponi la bandiera, posi il sampietrino, e vedi che il ghiacciaio che frequenti fin da bambino, che si squaglia a vista d’occhio di anno in anno, viene arato dagli escavatori per fare una pista da sci.
Quello è il ghiacciaio per cui d’estate ti chiamano le televisioni. Ti chiedono: Quand’è che scomparirà del tutto? E chi lo sa, rispondi, si diceva 2100, ma qui sembra che la cosa stia accelerando, non so mica se arriva al 2050. Vedi questa foto che non pensavi mai di vedere e ripensi ad altre immagini che hai impresse in testa.
Ricordate Filippo Timi che spiega il ghiacciaio ai due bambini delle Otto montagne? «Il ghiacciaio è la memoria degli inverni passati che la montagna custodisce per noi». Poi c’è uno zoom che va verso una magnifica seraccata, che si chiama Ghiacciaio di Ventina e poi Gobba di Rollin dalla nostra parte, o Plateau Rosà dall’altra (metto l’accento solo per semplificare la lettura). Eh sì, è proprio quello lì.
Cosa sta succedendo, ti chiedi? Svuoti la molotov nel serbatoio della macchina e ti informi. Anche un estremista sa informarsi. Eccoci, in breve: hanno inventato una nuova pista da sci che si chiama la Gran Becca. Sai che quello è il soprannome del Cervino perché te lo raccontava tuo papà da piccolo. La pista è transfrontaliera, ovvero parte nel comune di Zermatt (Svizzera) e arriva in quello di Valtournenche (Italia), che tanti conoscono con il nome di Cervinia. Dai 3.800 metri della cosiddetta Gobba di Rollin ai 2.800 dei cosiddetti Laghi di Cime Bianche (scusate la pignoleria, ma ci tengo sempre a ricordare che i nomi alla montagna li abbiamo dati noi, lei ne fa tranquillamente a meno).
Questo vanto dell’internazionalismo è bizzarro, per te che sei appena tornato da Cortina con il treno del Leoncavallo. Perché là si vergognavano di andare a Innsbruck a fare il bob — Cortina-Innsbruck, che umiliazione! — e qua invece vanno orgogliosi della pista Zermatt-Cervinia, la prima pista transfrontaliera di una gara di Coppa del Mondo di sci. Sono solo le ipocrisie della propaganda, pensi, accendendoti la pipa del subcomandante Marcos. Ti affacci alla finestra e guardi se per caso lassù ha nevicato — perché già l’anno scorso era prevista questa gara ma non nevicava mai, e non si può mica sciare sul ghiacciaio nudo e crudo — e vedi che sì, la pioggia di novembre lassù è neve e si festeggia. Anche tu festeggi per la neve, beninteso. Vuol dire che forse l’anno prossimo riavrai l’acqua in casa. La tua casa ecologica, di legno, coi pannelli fotovoltaici da sovversivo. E allora cosa ci fanno le ruspe lassù?
Ci fanno le “misure di contrasto al cambiamento climatico”. Per l’assessore agli impianti di risalita vuol dire che, se non si può più sciare a 2.000 metri, non resta che salire a 4.000, almeno per un altro po’. Quelle ruspe stanno riempiendo i crepacci. Non può uno sciatore professionista precipitare nel crepaccio in diretta televisiva. La ruspa — su cui probabilmente sta lavorando un tuo amico — porta via il ghiaccio da una parte del ghiacciaio, riempie i crepacci dall’altra, poi passa la palla al gatto delle nevi, che fresa e spiana il fondo della pista. Comunque per sicurezza quest’anno hanno fatto l’impianto di innevamento, anche a 3.800 metri. La gara, al via da oggi, si farà, in un modo o nell’altro. Perfino alcuni sciatori professionisti stanno cominciando a ribellarsi. A chiedersi: scusate, ma il nostro sport fatto in questo modo, che senso ha?
Oh ambientalista: nell’attesa che ti venga a prendere la Digos, lassù in baita, leggi che il presidente degli albergatori valdostani ha parlato in pubblico di voi. Ha detto: c’è gente che spera che la Valle d’Aosta venga inselvatichita, che i suoi 120mila abitanti se ne vadano in Piemonte, in Lombardia, all’estero, che qui torni tutto un bosco scorrazzato dai lupi e dagli orsi. Noi dobbiamo lavorare! Che futuro avete in mente per noi, black block? E tu ripensi a quella funivia Cervinia-Zermatt che ha inaugurato proprio l’anno scorso. Non tutti sanno di questa funivia: ora si può andare dall’Italia alla Svizzera a volo d’angelo, a 4.000 metri. Andata e ritorno costa 240 euro. Il presidente degli impianti di Zermatt ha detto: è perché vogliamo evitare il turismo di massa. Tradotto: a noi non interessano le famigliole che vengono su con il panino nello zaino, ci interessano gli arabi, i russi, gli inglesi, gli americani. Vogliamo lasciar fuori le famigliole e fare i soldi con i milionari.
Se andate sul sito di Zermatt vedete la proposta che questi fanno: una settimana da Milano a Parigi, le città dello shopping, passando per Cervinia, il Monte Rosa e Zermatt. È il grand tour del terzo millennio, lusso e natura, diamanti e ghiacciaio.
Povero ambientalista, sei appena tornato a casa e scopri pure che i compagni elvetici sono arrivati prima di te. Sempre svelti, là nella dolce terra pia. I compagni rossocrociati hanno denunciato la cosa. Pare che le ruspe abbiano sconfinato in una zona non autorizzata (ovvio che hanno sconfinato, dove lo doveva andare a prendere il mio amico il ghiaccio per riempire i crepacci, in mezzo alla pista?). Il governo cantonale del Vallese ha bloccato i lavori. Il governo regionale valdostano — qui è regione autonoma e l’Italia non mette il naso — si è veduto costretto ad andargli dietro. Stanno indagando. L’assessore agli impianti di risalita dice che è tutto normale. Il presidente degli albergatori: normalissimo. Non capiscono perché gli rompiamo le scatole, la Coppa del Mondo è tra due settimane, dà da mangiare a tutti.
Vi rompiamo le scatole, signori, perché nessuna fonte appartiene al proprietario del terreno. Magari ha il diritto di attingere l’acqua. Ma la fonte appartiene, in modi regolati dalla legge, anche a tutti quelli che vengono dopo. Altrimenti il proprietario delle fonti del Po potrebbe chiudere il rubinetto e lasciare la pianura padana all’asciutto. Vi rompiamo le scatole perché un ghiacciaio è un bene pubblico, è una falda acquifera, non lo potete usare come vi pare. È l’acqua che beviamo anche noi. Non potete accelerare il suo scioglimento triturandolo per fare una pista. Non è di Zermatt, non è di Cervinia, è di milioni di persone tra il Monte Rosa e la laguna veneta. È anche mio, che per altro sono un cittadino valdostano.
Mi scrive un caro compagno dalla clandestinità per spiegarmi che il decreto 8/9/2023 del governo Meloni stanzia ben 128 milioni di euro per la pista di bob che a Cortina non si farà. L’affitto della pista di Innsbruck, St. Moritz o dove altro costerà tra i 10 e i 20 milioni. Ne restano più di 100 da capire come usare. Sarebbe meraviglioso se il governo Meloni — nonostante la nostra aria hippy, l’ambientalismo non è di destra né di sinistra — li usasse per dare una ripulita ai moltissimi ruderi che imbrattano le nostre montagne. Impianti abbandonati, seggiovie arrugginite, piste da bob di Olimpiadi del passato, futuristici trampolini su cui il bosco, pietoso, ricresce. Con 100 milioni si fanno un sacco di cose, noi poi siamo abituati a essere sempre al verde. È il nostro colore preferito.
Vado a fare la doccia che il passamontagna mi ha fatto molto sudare. Un estremista, un bombarolo, un nemico del popolo, un ambientalista.