Multe più salate agli irresponsabili in montagna

di Claudia Osmetti
pubblicato su liberoquotidiano.it il 5 maggio 2025

Le “multe” ci sono già, ma è che uno non ci pensa. A parte la parentesi di brutto tempo di questi giorni, la bella stagione è in arrivo: i primi caldi, le prime giornate di sole, le prime scampagnate in montagna. Zaino, panino al formaggio e (se va bene) scarponcini.

Il problema è quando bene non va per niente: delle 1.225 persone che, solo in Veneto, e solo grazie agli angeli del Soccorso alpino, sono state aiutate nel 2024, ben 460, nei guai, ci si sono ritrovate non per la sfortuna di una calamità naturale o di un incidente che (in quota come a valle) può succedere sempre, ma per inesperienza. O sottovalutazione. O scarsa preparazione.

Significa che «il 40% degli interventi è per persone illese», come sottolinea il governatore regionale Luca Zaia (Lega), annunciando che «stiamo valutando di inasprire ancora di più il conto da applicare a chi va in giro per le montagne senza usare il cervello».

Ha ragione, Zaia, e ha ragione per due motivi: il primo è che chi si avventura su sentieri ed escursioni in ciabatte o senza la mappa aggiornata dell’area mette in pericolo se stesso, il secondo è che mette in pericolo anche chi (coraggiosamente, altruisticamente) deve andare a recuperarlo.

Loro, gli operatori e i volontari del Cnsas, il Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologo, e non sono i soli, ce la mettono tutta. Sempre. Fanno i salti mortali, si danno il cambio, non si fermano finché non arrivano a un risultato, nei fine settimana di luglio e agosto (ma a essere sinceri anche nei restati dell’anno) li trovi o a bordo dell’elicottero giallo o in cordata coi telefonini in contatto con la base. Non basta, però.

Anzitutto è una questione di numeri, poi di costi e infine di responsabilità. I numeri sono quelli dei salvataggi, degli interventi e delle missioni che, ogni santissimo giorno, ci salvano letteralmente la pelle (e vivaiddio per fortuna): per l’anno scorso di uscite se ne contano 12.063 a livello nazionale con 11.789 uomini o donne i quali si sono trovati in difficoltà (oltre 11mila fanno una piccola cittadina di provincia, giusto per capire di cosa stiamo parlando).

I costi sono quelli delle operazioni e non sono calcolabili aprioristicamente: dipendono da innumerevoli variabili (il luogo, tanto per cominciare, le complicazioni, il numero di professionisti impiegati o i mezzi adoperati). Le responsabilità riguardano ognuno di noi. Ecco perché per Zaia i prezzi del rimborso (solo qualora non ci siano giustificazioni concrete di rischio odi emergenza) «sono ancora troppo bassi», ed ecco anche perché la sua giunta pensa di «innalzare le tariffe».

Piccola parentesi: la materia è complessa non tanto perché controversa (di polemiche a riguardo ce ne sono pochine) ma perché una legge nazionale, in questo senso, non esiste.

Le prestazioni di soccorso, generalmente, sono a carico del Servizio sanitario nazionale (questa regola vale in città, sulle coste e sulle spiagge e, ovviamente, anche sui cocuzzoli delle alpi). Tuttavia le regioni, l’ha fatto il Veneto ma l’han fatto (per esempio) anche la Lombardia, il Piemonte, il Trentino e la Valle d’Aosta, possono prevedere una “multa” (il cui termine più corretto probabilmente sarebbe “contributo”) per chi si mette in condizione di repentaglio non avendo valutato prima, a dovere, la faccenda.

È così da anni, non è una novità. In Veneto, quando interviene l’elisoccorso, il costo all’utenza è di 90 euro (la metà del prezzo complessivo) al minuto per un massimo di 7.500, mentre per le squadre di terra si può arrivare ai 700 euro (da un minimo di 200 euro).

Con, tuttavia, uno scoglio ulteriore: quello della riscossione che mica sempre è possibile. E non a caso circa il 30% delle fatture viene emesso a vuoto, nel senso che, un po’ i furbetti e un po’ gli stranieri (che una volta rientrati nei propri Paesi campacavallo), la mano al portafoglio non la mettono tutti. «I cittadini devono capire che la montagna è bella, ma va rispettata e affrontata con responsabilità», aggiunge Zaia: «Abbiamo tentato di mettere una deterrenza, di far pagare il conto a chi viene recuperato in contesti nei quali si è addentrato senza cognizione di causa. Il mio è un appello alla montagna vissuta in sicurezza».

Ed è anche una «proposta che va benissimo», secondo il presidente del Cnsas del Veneto Giuseppe Zandegiacomo: «Potrebbe essere un deterrente in più, siamo d’accordo. Però c’è un discorso più ampio da fare e, se vogliamo davvero essere risolutivi, dobbiamo fare in modo che avvenga un cambio di mentalità. Chi si avventura in montagna deve chiedersi prima di partire, ma non due minuti prima, deve farlo con cognizione quando si sta preparando, se è una cosa che riesce a fare, se è sufficientemente allenato anche da un punto di vista tecnico e non solo fisico, se ha le attrezzature giuste. Deve guardare le previsioni meteo con anticipo, nei dettagli. E dovrebbe anche munirsi di un’assicurazione».

Non si tratta di una questione secondaria, quella sollevata da Zandegiacomo: non è nella nostra cultura («la maggior parte degli escursionisti italiani non ha alcuna polizza quando parte in direzione delle cime, contro la maggior parte degli stranieri che, invece, la acquistano assieme al biglietto aereo che li porta qui), invece è un buon metodo per evitare di dover sborsare cifre da capogiro quando (corna e speriamo sempre di no) le cose si mettono nel verso sbagliato.

Lo scalatore in infradito che scivola su una roccia. La mamma che si avvia sulla scala ferrata col bimbo in braccio e ai piedi un paio di sandali aperti. I visitatori che affollano i pendii del vulcano per vedere l’eruzione in tacchi alti e senza il piumino (senza nemmeno una torcia per la notte quando cala il buio).

Sono alcuni esempi, recenti, di episodi accaduti sul serio. Dopodiché, per carità: può capitare. In montagna il rischio zero NON c’è mai. Ma non è una scusa.

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12 Comments

  1. says: bruno telleschi

    Giustamente il soccorso pubblico, il pronto soccorso per esempio o il soccorso stradale, prescinde dalla responsabilità delle vittime. Così dovrebbe funzionare anche il soccorso alpino ed ogni forma di soccorso che soccorre chiunque, anche i ladri e i delinquenti. Si diffonde invece una sorta di populismo penale che pretende di risolvere i problemi con l’inasprimento delle pene e la moltiplicazione dei reati. Dall’omicidio stradale alla resistenza passiva anche l’alpinismo sarà presto un reato conforme allo spirito forcaiolo della destra.

  2. says: Carlo Crovella

    Concettualmente non sono un sostenitore a spada tratta né delle multe (cioè dei meccanismo repressivi a fatti avvenuti) né dei meccanismi preventivi di contenimento (numeri chiusi ecc). Ma siccome gli italiani “non capiscono”, cioè non ci arrivano da soli a sapersi autocontrollare, e spesso fanno finta di non capire (cioè fanno i “furbi”, contando sulla “clemenza” del sistema), NON SI PUO FARL ALTRO CHE IRRIGIDIRE IL SISTEMA.

    E’ inevitabile: significa sostanzialmente trattare gli italiani come dei cretini, sono io il primo a sottolinearlo esplicitamente, ma questo deriva dal fatto che gli italiani dimostrano che agiscono sistematicamente “da cretini” o perché lo sono o perché fanno finta di esserlo.

  3. says: Fabio Bertoncelli

    Multare un cretino perché si sente un po’ “stanchino” e quindi chiede l’elicottero per evitare una discesa di un’ora su sentiero oppure perché si avventura in mocassini su una parete nord e poi tocca soccorrerlo non è spirito forcaiolo. Non è né di destra né di sinistra.
    È doveroso.

    Se lo dico perfino io, che sono sempre stato per la libertà individuale, significa che è vero.

  4. says: Fabio Bertoncelli

    Se non sbaglio, la fotografia allegata si riferisce ai Sassi di Roccamalatina (Parco Regionale; basso Appennino Modenese).

    Per accedere alla cima bisogna pagare il biglietto; quest’anno costa € 3,50. Si tratta di un sentiero attrezzato che richiede sette o otto minuti (nove ad andare piano).
    Che io sappia, attualmente è l’unico caso in Italia di cima a pagamento.
    Siamo in Emilia-Romagna.

  5. says: Carlo Crovella

    Non temere: fra non molto tempo si pagherà (mediante bonifico anticipato all’atto della prenotazione del proprio turno) anche per andare in cima al Cervino o al Monte Bianco. Di fatto in modo indiretto spesso si paga già: per esempio quando fanno salire al Refuge du Gouter solo quelli che hanno la prenotazione, conoscendo i prezzi non certo popolari in quel rifugio (pernotto 63 euro, cena 50, prima colazione 20: totale 133). Ovviamente è assolutamente vietato dormire in tenda e perfino bivaccare alla bella stella. Questo metodo è insieme un numero chiuso e una tassa per accedere al Monte Bianco.

  6. says: Enrico Villa

    Gent. Sig. Telleschi: d’accordo sul suo esempio del soccorso pubblico e stradale. Ma un’auto, scooter, bici o monopattino che vanno a sbattere avendo tutti i torti secondo le regole del codice della strada ne pagano le conseguenze per quanto riguarda i danni causati, in sede civile ed anche penale oltre i limiti dei massimali assicurativi, stante gli obblighi di legge. Così funzionano le regole assicurative. Per i feriti, anche se in torto, funziona la Sanità pubblica. Purtroppo anche se ho qualche dubbio sul curare, ad esempio, chi si fa male in monopattino andando in due contromano o con l’auto a 120 se il limite è 50. Certo, in questi casi scattano multe e anche patenti sospese e non parliamo di spirito forcaiolo. Purtroppo tutti gli altri interventi, Croce Rossa, Forze dell’ordine, Protezione Civile, Sanità, ecc. sono a carico di tutti, cioè noi.
    Purtroppo non esiste un ‘Codice della montagna’ come quello stradale e obblighi assicurativi, eccetto che per lo sci in pista. Dunque non ci sono multe o sanzioni accessorie e il costo dei soccorsi è, purtroppo, opinabile in diritto. Fatti salvi evidenti danni a persone o cose per i quali non ci si è assicurati.
    Buona domenica.

  7. says: Matteo

    Questo argomento mi ha stufato: scatena sempre le peggiori falsità propagandistiche, il populismo più vieto e le soluzione più inutili e forcaiole condite dai commenti più cretini.
    Mai un’analisi dei dati in gioco, mai una proposta che non sia trovare un colpevole (vero, falso o apparente che sia) e bastonarlo, novello capro espiatorio, per sentirsi giusti.

    E sempre dai soliti che considerano cretini gli altri e pretenderebbero di educarli dall’alto della loro superiorità.

  8. says: Fabio Bertoncelli

    Caro Matteo, al di là di tutti i tuoi “cretini”, “populismi”, “falsità propagandistiche”, “soluzioni forcaiole”, la mia proposta è la seguente:
    “Se tu parti in ciabatte per un ghiacciaio o in mocassini per la Brenva e poi chiedi soccorso, paghi”.

    L’idea è già stata presentata innumerevoli volte da innumerevoli persone.

    È una proposta cretina, populistica, propagandistica, forcaiola?
    Non credo proprio.

  9. says: Fabio Bertoncelli

    ADDENDA
    Si badi bene: nessuno vuole proibirti di partire per la Brenva in mocassini. Sei libero di farlo. Rientra nella tuo ambito di libertà individuale.

    Però, da individuo libero, te ne assumi la responsabilità.

    Come si dice? Oneri e onori.

  10. says: Matteo

    Quanti interventi ci sono stati per persone in mocassini sulla Brenva…chiedo per un amico.

    Il tuo è un buon esempio di non analisi dei dati e uso della retorica (direi iperbole) per fini propagandistici o ideologici.

    Spero di essermi spiegato meglio.

  11. says: Matteo

    P.S.: bada bene, l’articolo stesso è infarcito di un florilegio di affermazioni ideologiche a fini propagandistici e con uso disinvolto dei dati.
    Come quello dei 100 morti all’anno sul Bianco.

  12. says: Fabio Bertoncelli

    Qualche anno fa stavo camminando su un sentiero nei pressi del Passo del Lupo (stazione sciistica Monte Cimone, nell’Appennino Modenese), quando all’improvviso scorsi nel cielo un elicottero del Soccorso Alpino. Una disgrazia?!

    Il giorno dopo, sul Resto del Carlino, imparai i dettagli. Un baldo giovanotto aveva pensato di scendere in bici da montagna per un sentiero CAI dal Passo del Lupo verso le Polle di Riolunato. Sennonché dopo un po’ si rese conto che per lui il sentiero era difficile.

    A quel punto aveva due opzioni, entrambe facili e di lunghezza sopportabilissima:
    1) Continuare la discesa a piedi, con la bicicletta al fianco.
    2) Risalire al passo a piedi, con la bicicletta al fianco.
    Lui si inventò la terza opzione: tornare in elicottero. E cosí fece.
    Paga Pantalone.

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