di Paolo Crosa Lenz
(pubblicato su Lepontica n. 19, maggio 2022)
Negli ultimi trent’anni dell’Ottocento, la sezione Vertano Intra del Club Alpino Italiano, una delle “quattro rosine” storiche (le sezioni ottocentesche del CAI a sud del Monte Rosa: Biella, Varallo, Domodossola e Intra) avviò una intensa opera di rimboschimento delle montagne tra i laghi e la Val Grande. Penso alla piantumazione delle peccete di Miazzina per curare la tubercolosi, ma anche al contrasto con disboscamenti selvaggi (tagli rasi che rallentavano la riproduzione della foresta). Nei bollettini storici del CAI di Intra ho trovato questo documento che ripropongo nella versione originale. Oggi, che i boschi assediano villaggi e paesi dopo l’abbandono dell’agricoltura tradizionale, può fare sorridere, ma è un grande atto di amore per la natura. È scritto in modo “dogmatico” come le tavole di Mosé. E, come tale, forse va rispettato anche oggi.

I “dieci comandamenti” del coltivatore dei boschi (1877)
1) Devi credere che ogni pianta, ogni boschetto, ogni selva è un mediatore fra il suolo e l’atmosfera, senza la cui influenza la terra più fertile diventa un arido deserto.
2) Non pronunciare invano il nome del bosco.
3) Ricordati, uomo, che la selva ti somministra la massima parte dei mezzi atti a sostenere la vita.

4) Onora il bosco e ogni pianta; cura e coltiva il bosco per i tuoi figli se vuoi essere felice tu e i tuoi nipoti sulla terra.
5) Non uccidere un uccello o un animale che si ciba di insetti del bosco.
6) Non macchiare il suolo verginale dei boschi con specie non adatte.

7) Non rubare una sola pianta viva del bosco, né il fogliame caduto, né la resina, né rami verdi, corteccia e altre cose.
8) Non dare testimonianza falsa a favore dei violatori delle leggi forestali.
9) Non appropriarti dei prodotti del bosco del tuo vicino.
10) Tieni ben saldo in mente che Iddio ti ha dato la ragione perché tu abbia del bosco quella medesima cura e previdenza che hai per la tua salute.