Tempesta Gallery è lieta di esibire il lavoro di Carlo Cossignani perché sfida l’effimera contemporaneità del nostro mondo digitale.
In un’epoca in cui tutto sembra essere immediato e fugace, dove le informazioni scorrono veloci e superficiali, la decisione di dedicare una mostra all’arte di Cossignani è un atto di resistenza alla fretta e all’effimero.
La scelta di focalizzarsi sul lavoro di questo eclettico artista è motivata dalla profonda convinzione che l’arte non debba essere consumata in un istante, ma debba essere assaporata, contemplata e interpretata con calma.
Le opere di Cossignani ci costringono ad abbandonare la corsa frenetica del nostro quotidiano per immergerci in un mondo di strati e complessità.
Questa mostra rappresenta l’opportunità di sfuggire alla frenesia del mondo moderno e di immergersi in un universo artistico dove il tempo assume una dimensione diversa.
Speak to me in a floating way
Mostra di Carlo Cossignani
Presentazione di Philipp Hindahl
Presso Tempesta Gallery, Foro Bonaparte, 68 – Milano, dal 6 ottobre al 10 novembre 2023 (martedì-venerdì, dalle 11.00 alle 13.00 e dalle 14.30 alle 18.30)
info@tempestagallery.com, +39 3349909824
L’opera di Carlo Cossignani trasmette un senso di fragilità. Non perché i pezzi siano messi insieme precariamente, al contrario, i dipinti e le sculture sono realizzati con meticolosità. La fragilità è fondamentale, ha a che fare con la natura della nostra percezione e, forse, con la natura del nostro mondo. Prendiamo ad esempio i suoi acquerelli. Sono delicati, le forme si snodano, mentre i bordi esterni contrastano nettamente con il bianco della carta. All’interno, le forme si sfumano in un labirinto di gradienti morbidi; viola, o un inchiostro blu scuro, giallo e altri rossi o verde lime. C’è una narrazione, certo, ma solo nel senso più astratto. Non si impone. E sebbene le forme non siano antropomorfe, richiamano la danza e i movimenti di corpi estatici e fluidi sospesi nel tempo.
“La bellezza sarà convulsiva, o non sarà affatto“, scrive André Breton nel suo romanzo Nadia, come se stesse delineando un futuro ideale per l’arte in cui le vecchie regole di forma e composizione non si applicano, un’arte che provoca una reazione viscerale e intensa. Nei suoi acquerelli, anche in questo caso, le regole della forma non sono così chiare. In realtà, forse persino il termine “forma” è un po’ fuorviante. Le sue opere su carta evitano una composizione centrata, e sembra che l’ornamento abbia smesso di essere decorativo ed è emerso in opposizione alla gerarchia pittorica.
Nella storia dell’arte, l’ornamento ha avuto una cattiva reputazione. È stato visto come eccesso e attacco alla chiarezza, al contenuto, alla narrazione e alla gerarchia. Quando l’ornamento trabocca nell’immagine, è come se la cornice prendesse il sopravvento sull’immagine stessa. Mentre le maniere sontuose dovrebbero sopraffare lo spettatore, la pratica di Cossignani appare curiosamente equilibrata; invita alla contemplazione. I dipinti sono attaccati a distanziali con magneti, che li fissano a una certa distanza dalle pareti. Le opere si basano sull’illusione di essere sospese nel tempo e nello spazio, e trasmettono una leggerezza fondamentale, come se la più leggera brezza potesse farli oscillare.

Tuttavia, c’è un altro modo in cui questi pezzi trattano la leggerezza. Con le opere su carta, basta un momento per capirne il motivo. Le didascalie fanno riferimento allo spazio vuoto tra i media utilizzati, che è il caso di tutte le cose spaziali, ma che spesso viene trascurato. Guardando le immagini, diventa chiaro perché è importante. I dipinti ricordano le sculture. Parti di essi sono tagliate, come se il vuoto generasse l’immagine.
Un’installazione, allestita a Palazzo Hercolani Sonora a Bologna, consisteva in otto pezzi, quattro sul pavimento e quattro sospesi dal soffitto, proprio sopra di essi, come basi e capitelli, tranne che ciò che stava in mezzo non era visibile. Altrettanto, le sculture in questa mostra generano un effetto strano. I pezzi creano uno spazio, quasi come un interno architettonico; estraneo all’ambiente circostante perché sono oggetti simili ad aquiloni realizzati in acciaio lucido. Le opere precedenti dell’artista giocavano con le forme del canone classico, deformando e ammorbidendo la rigidità stessa del classico. Tuttavia, in queste opere c’è una relazione molto specifica con l’architettura: qui funge da abbreviazione per la struttura di tutte le cose.
L’assenza diventa visibile; il vuoto si trasforma in una presenza tangibile. Il vuoto, simile allo spazio aperto intorno alle opere su carta di Cossignani, figura come parte costituente dell’installazione. L’invisibile diventa il contrappunto del visibile, e la scultura si colloca tra il qui e il non-là.
L’equilibrio tra visibile e invisibile crea un’immagine. L’occhio è in grado di tracciare i contorni con pochissime informazioni, e i modi in cui questi processi cognitivi funzionano sono oggetto sia di psicologia sperimentale che di estetica. Anche il chiaroscuro nella pittura può essere descritto come un’interazione tra l’oscurità vuota e la luce: lo spettatore percepisce un’immagine drammatica. Questo enigma dell’illusione e della percezione si collega a questioni filosofiche sulla relazione tra cose costituenti ed entità costituite, o più specificamente tra materia e forma (basti pensare che Cossignani elenca lo spazio vuoto come mezzo). Pensare al vuoto e al suo opposto, però, non è necessariamente limitato alla metafisica e alla storia dell’arte.
La fisica quantistica ha scoperto che lo stato del vuoto quantico, pur non contenendo particelle fisiche, non è affatto vuoto. Contiene onde e particelle elettromagnetiche che entrano ed escono dal campo quantico.
Dopo aver lavorato con il video e la performance, Cossignani è tornato alla pittura e alla scultura, dove ha iniziato a confrontarsi con il vuoto. Inizialmente con oggetti leggeri in ottone, che sembravano fluttuare nello spazio, poi lunghi nastri avvolgenti in ottone, successivamente dipinti ad olio su lino ritagliato. Nelle sue ultime opere, il vuoto alimenta ciò che è presente, come un motore invisibile. Forse l’opera di Cossignani rivela qualcosa di intrinseco alle immagini e, in ultima analisi, all’architettura del nostro mondo. E un modo per decifrare l’impalcatura nascosta del cosmo.
Carlo Cossignani
Nasce a Porto San Giorgio (Fermo) nel 1981. La sua pratica si caratterizza da una continua ricerca che muove liberamente tra pittura, scultura e progetti site specific. La sua attitudine interdisciplinare lo porta sin dall’inizio ad estendere il confronto con il cinema di sperimentazione e la scena underground della musica elettronica stringendo collaborazioni con registi e musicisti di calibro internazionale, con i quali realizza cortometraggi e progetti audiovisivi di carattere performativo presentati nelle più importanti sedi e festival di settore. Negli anni più recenti l’attenzione del suo lavoro torna verso il rapporto con lo spazio fisico intervenendo con cicli di opere e progetti installativi. Tra le esposizioni più recenti e di rilievo A New Perspective alla Triennale di Milano e presso La Galleria Nazionale di Roma, Notturno a Palazzo Hercolani Sonora di Bologna.
Selezionato tra gli artisti della Milano Drawing Week 2022 a cura della Collezione Ramo tiene la sua prima personale a Milano presso la Galleria Renata Fabbri. Vive e lavora a Milano.
Speak to me in a floating way
by Philipp Hindahl
Carlo Cossignani’s work conveys a sense of fragility. Not because the pieces are precariously put together, on the contrary—the paintings and sculptures are meticulously crafted. The fragility is a fundamental one, which has to do with the nature of our perception and, perhaps, with the nature of our world. Take his watercolors, for example. They are gentle, and the forms meander, while the outer edges contrast the white of the paper sharply. Inwards, the shapes feather into a maze of soft gradients; purple, or a dark, inky blue, yellow, and others red or lime-green. There is a narrative, sure, but only in the most abstract sense. It doesn’t impose itself. And although the shapes are not anthropomorphic, they recall dance and the motions of ecstatic, fluid bodies suspended in time.
“Beauty will be convulsive, or it will not be at all,” writes André Breton in his novel Nadia, as if he was laying out a future ideal for art where the old rules of form and composition don’t apply, an art that provokes a visceral, intense reaction. In Cossignani’s watercolors, similarly, the rules of form are not so clear. In fact, perhaps even the term form is a little misleading. His pieces on paper avoid a centered composition, and it seems like ornament ceased to be decorative and has risen up in opposition to pictorial hierarchy.
Throughout art history, ornament has had a bad reputation. It has been seen as excess and an attack against clarity, content, narrative, and hierarchy. When ornament spills over into the picture, it is as if the frame takes over the image. While lavish mannerisms supposedly overwhelm the viewer, Cossignani’s practice appears curiously balanced; it invites contemplation. The paintings are attached to spacers with magnets, which affix them at a distance from the walls. The works hinge on the illusion of being suspended in time and space, and they transport a fundamental lightness, as if the slightest breeze could make them sway.
There is, however, another way these pieces deal with lightness. With the works on paper, it takes a moment to realize why. The captions mention empty space among the media used, which is the case with all things spatial—but it is often overlooked. When looking at the images, it becomes clear why it matters. The paintings recall sculptures. Parts of them are cut out, as if the void generates the image.
An installation, shown at Palazzo Hercolani Bonora in Bologna, consisted of eight pieces, four on the floor and four suspended from the ceiling, right above them, like bases and capitals of columns, except, whatever is in between is not visible. Likewise, the sculptures in this show generate a strange effect. The pieces create a space, almost like an architectural interior; alien to their surroundings because they are kite-like objects executed in polished steel. The artist’s earlier pieces riffed on forms from the classical canon, and his pieces deform and soften the rigidity of the classical. Still, there is a very specific relation to architecture in these works: architecture functions as shorthand for the structure of all things.
The emptiness becomes visible, the absence turns into a palpable presence. The void, similar to the open space around Cossignani’s works on paper, figures as a constituent part of the installation. The invisible becomes the counterpoint of the visible, and the sculpture straddles the line between the here and the not-there.
The balance between visible and invisible makes an image. The eye is able to trace contours with very little information, and the ways in which these cognitive processes work are subject of experimental psychology and aesthetics alike. Chiaroscuro in painting can similarly be described as an interplay between the empty darkness and the light—the viewer perceives a dramatic image. This riddle of illusion and perception ties into philosophical questions about the relation of constituting things and entities constituted, or more specifically of matter and form—just remember that Cossignani lists empty space as a medium. Thinking about the void and its other, however, is not necessarily confined to metaphysics and art history. Quantum physics found out that the quantum vacuum state, while containing no physical particles, is not empty at all. It holds electromagnetic waves and particles that enter and leave the quantum field.
After working with video and performance, Cossignani came back to painting and sculpture, where he started engaging with the void. At first with light brass objects, that seemed to hover in space, then long, winding brass ribbons, later oil paintings on cut-out linen. In his latest pieces, the emptiness powers what’s there, like an invisible motor. Perhaps Cossignani’s work reveals something that is inherent to images and, ultimately, to the architecture of our world. It serves as a way to decipher the hidden scaffolding of the cosmos.
Oct 6th – Nov 10th, 2023
Tuesday-Friday
11:00 am – 1:00 pm / 2:30 pm – 6:30 pm
info@tempestagallery.com +39 3349909824