“Lo scialpinismo è la mia forma di libertà”

Parla Emily Harrop, sciatrice franco-britannica che detiene un record di quattro titoli mondiali e 17 vittorie in Coppa del Mondo.

“Lo scialpinismo è la mia forma di libertà”
di Sara Canali

Mercoledì 10 aprile 2024 a Cortina d’Ampezzo l’atleta franco-britannica Emily Harrop è stata incoronata campionessa mondiale di scialpinismo, conquistando una vittoria indiscussa della Coppa del Mondo generale femminile e quella di specialità individuale sprint e il 3° posto nella classifica vertical. Nata a Bourg-Saint-Maurice, in Francia, sviluppa la passione per lo sci fin da piccola, prima con lo sci alpino con cui partecipa a diverse gare, poi, all’età di 20 anni, in seguito a un infortunio che le impedisce di continuare questa attività, scopre lo scialpinismo. In questa nuova disciplina, si afferma rapidamente e i primi risultati ai massimi livelli mondiali non tardano ad arrivare. È proprio lei a rispondere alle nostre domande.

Tu scii da sempre. Come si fa a mantenere viva una passione anche dopo tanti anni?
Credo che il mio amore per lo sci sia qualcosa che mi accompagnerà per tutta la vita. Ci sono tanti modi per definirsi sciatori, tanti modi diversi di sciare. Ho iniziato con lo sci alpino, con l’amore per andare il più veloce possibile attraverso le porte rosse e blu e poi, a poco a poco, la mia curiosità ha iniziato a rivolgersi verso le montagne e la libertà di potersi muovere con gli sci. Nello skimo le possibilità sono infinite, che si tratti di scoprire il terreno o il proprio corpo. Quello che mi piace è che posso combinare questo con la scoperta di bei percorsi in montagna, il che porta un po’ più di avventura nell’allenamento. Certo, non tutti i giorni, ma quando ho la possibilità di fare sessioni lunghe, cerco di esplorare le montagne il più possibile. Abbiamo la possibilità di stare in mezzo alla natura esplorando paesaggi mozzafiato ed è difficile stancarsi di questo.

Come hai affrontato l’infortunio che ti ha allontanata dallo sci alpino?
Nello sci alpino gli infortuni fanno parte del gioco. Non conosco molti sciatori alpini che non si siano mai infortunati. Ovviamente, quando ti capita è dura, ma lo accetti. Poi si tratta di avere pazienza. Credo che questa sia la cosa più difficile con cui ho sempre lottato. La riabilitazione è un vero e proprio processo di apprendimento, nonché un ottimo momento per fare altre cose, che forse non avreste mai avuto il tempo di fare. Ho imparato a suonare il pianoforte e l’ukulele durante alcuni infortuni e sono davvero felice di avere questa abilità oggi. Trovare qualcos’altro su cui concentrarsi è fondamentale.

Cosa ti ha convinta a lasciare lo scialpino?
La sensazione di libertà nell’allenamento, unita al mio amore per l’esplorazione e alla soddisfazione di dare il massimo in ogni gara. Una cosa che trovavo piuttosto frustrante nello sci alpino era che mi impegnavo così tanto e con tanta volontà nell’allenamento e poi, in gara, facevo un piccolo errore e passavo dai primi agli ultimi posti. Quando ho iniziato a gareggiare nello scialpinismo, mi piaceva la sensazione di dare il massimo indipendentemente dalla classifica. Ricordo che andai a vedere la Pierra Menta per la prima volta, vedendo tutti questi atleti che spingevano al massimo sulle salite e poi volavano come freerider con gli sci sottili sulle discese, e pensai che fosse la cosa più bella!

La recente vittoria della Cortina SKIMO World CUP 2024 ci proietta già verso le Olimpiadi 2026. Cosa pensi del formato olimpico dello scialpinismo?
Trovo che i format sprint e staffetta mista siano decisamente più adatti agli spettatori e permettano loro di assistere a qualcosa di veramente dinamico in un unico punto. Per me, come atleta, sono eventi interessanti dal punto di vista della prestazione fisica. Sono due discipline che richiedono molta potenza e abilità nelle transizioni. Tuttavia, queste discipline sono eventi “da stadio” e non sono una vera rappresentazione di ciò che lo scialpinismo è e significa veramente. Per me sono un primo passo per far conoscere meglio il nostro sport a un pubblico più vasto e una finestra verso le altre gare principali, come quella individuale.

Nell’ultimo periodo, il movimento dello scialpinismo ha registrato una flessione in termini di praticanti. Cosa non funziona secondo te?
Posso parlare solo di ciò che conosco in Francia. Mi sembra che ci siano sempre meno gare di montagna vere e proprie, perché forse manca la semplicità per organizzare questi eventi. Penso che ogni atleta che non si concentra sugli eventi di Coppa del Mondo, voglia fare delle vere e proprie gare di montagna spettacolari.

Come vedi il futuro della disciplina e cosa speri per il settore?
Spero davvero che tutte le discipline dello scialpinismo possano vivere fianco a fianco. Penso che ognuna di esse sia diversa e interessante allo stesso tempo. Spero anche che ci sia una buona progressione in termini di riprese con l’obiettivo di portare tutte le discipline agli spettatori, ad esempio in TV. Per me questo è un aspetto fondamentale per portare più modernità e popolarità alla nostra disciplina. Guardo come riprendono il freeride e il trail running in certi eventi, e mi piacerebbe che lo skimo si avvicinasse a questo con una propria personalità.

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2 Comments

  1. says: Carlo Crovella

    Per un classicone come me, questo NON è il “vero” scialpinismo. A maggior ragione se ci si limita a fare SOLO gare (e per eccellere non si può seguire altra strada): si entra in una prigionia ideologica, non nella libertà più sconfinata, di vita e di espressione. Fare gare significa stare su un percorso preciso, identificato (anzi “inventato”) da altri, correre a testa bassa, ragionare esclusivamente in termini di tempi, miglioramenti, record, vittorie piazzamenti, allenamenti, dieta… Tutt’altra cosa è andar liberi per valloni intonsi, esplorare nuovi percorsi, cercare il passaggio chiave ancora sconosciuto… quella è la libertà, e lo scialpinismo “vero” la offre (anche a livelli tecnici e atletici complessivamente modesti), ma le gare, “solo” le gare, mi sa che non lo siano proprio. Sono una prigione, non la libertà. Questa tipa è vittima di una overdose ideologica, ha preso “roma per toma”. Faccia pure, attenzione però che prese di posizioni del genere possono incidere sulle scelte di giovani che cre3dono di emulare la ricerca della libertà.

  2. Prigionia e libertà oggi hanno assunto significato identico. Ovvero: ti senti libero secondo i moderni standard solo se sei ben imprigionato nei codici che ti gratificano.
    Tanta tristezza.

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