(La storia e il futuro dello scialpinismo alle porte del debutto olimpico)
a cura di Sara Sottocornola
(pubblicato su Uomini e Sport n. 38, dicembre 2024)
Fabio Meraldi è un punto di riferimento internazionale nella storia dello scialpinismo e dello skyrunning. Negli anni ’90, in un’epoca in cui la leggerezza e l’efficienza erano concetti quasi assenti in montagna, è stato uno dei pionieri che hanno portato queste discipline a un nuovo livello, gettando le basi affinché le escursioni su neve e roccia diventassero un vero sport. Oggi, grazie anche al suo contributo, lo scialpinismo è riconosciuto come disciplina olimpica e farà il suo debutto ai Giochi invernali di Milano-Cortina 2026.
In questa intervista, Meraldi riflette sul percorso evolutivo dello scialpinismo, disciplina che ha contribuito a fondare e che oggi guida come Direttore Tecnico della Nazionale Italiana. Con una visione che unisce esperienza e innovazione, condivide pensieri preziosi sull’evoluzione di uno sport in crescita continua.
Nato nel 1965 a Santa Caterina Valfurva, in Valtellina, Meraldi è Guida Alpina e ha partecipato a numerose spedizioni internazionali salendo degli ottomila tra cui l’Everest senza ossigeno. La sua carriera sportiva, costellata di successi sin dagli anni ’90 nelle gare regionali e nazionali, lo ha portato a vincere più volte competizioni iconiche come il Trofeo Mezzalama, la Pierra Menta e la Sellaronda Ski Marathon, oltre a quattro Coppe Europa e diversi titoli italiani.
Fabio, da pioniere di uno sport che ancora non esisteva a direttore tecnico della nazionale italiana alle porte delle Olimpiadi. Non è da tutti…
Vedere lo scialpinismo alle Olimpiadi è un sogno che non avrei mai creduto possibile. Sono cresciuto in un piccolo paese di montagna con il papà guardiano di dighe e la mamma casalinga, non sapevo nemmeno cosa fossero le Olimpiadi. La mia era semplicemente una passione innata: la velocità e la scivolata erano per me il cuore del divertimento. La neve era semplicemente lì, a portata di mano, e noi la seguivamo con le stagioni.
Non cercavate, insomma, di “inventare” una disciplina…
No. Insieme ad Adriano Greco e Enrico Chicco Pedrini, semplicemente esploravamo le possibilità di miglioramento, spinti da uno spirito competitivo. L’obiettivo era affinare la performance, ed eravamo decisi a migliorare l’attrezzatura, iniziando dagli sci: molti di noi usavano quelli da discesa e si usava l’abbigliamento da montagna. Nella seconda metà degli anni ’80 e dell’inizio dei ’90, collaborando con l’azienda Trabucchi di Bormio, sviluppammo una soluzione più leggera e adatta al nostro sport e nel 1987 arrivò la prima tuta specifica per lo scialpinismo.
Fu difficile collaborare con le aziende per innovare i materiali?
Sì, le aziende all’epoca non vedevano certe possibilità che noi, da montanari, invece sentivamo come esigenze, come la leggerezza e la velocità, che oggi sono sinonimo di sicurezza. In questo percorso, persone come Sergio Longoni sono state fondamentali. Ricordo che quando andavamo a comprare qualcosa nel suo negozio, non uscivamo mai senza un piccolo regalo, un guanto, una felpa: per noi giovani squattrinati, era come se ci regalasse il mondo. Forse era la sua intuizione lungimirante, in termini di promozione. Ma per noi significava poter fare qualcosa in più. E attorno alle nostre passioni, grazie a persone come lui, è nata un’economia importante. Sergio ha avuto il coraggio di credere, investire e il suo contributo resta prezioso per l’evoluzione dello sport. Gliene sarò sempre grato.
Pensi che le Olimpiadi segneranno una nuova era per lo scialpinismo?
Un grande cambiamento c’è già stato, se pensiamo che lo scialpinismo per noi era una passione che affiancava il lavoro quotidiano e invece oggi gli atleti possono dedicarsi a tempo pieno. Abbiamo visto grandi innovazioni non solo nei materiali, ma anche nei regolamenti e nell’organizzazione delle gare.
L’inserimento dello scialpinismo nelle Olimpiadi lo espone al mondo. Lo farà mostrandone il lato competitivo, su tracciati appositi molto diversi dalle gare classiche, come il Trofeo Mezzalama. Le competizioni olimpiche puntano sull’agonismo, sul gesto atletico. In Italia, tuttavia, non abbiamo il diritto di allenarci liberamente per queste prove sulle piste da sci: è una cosa che spero possa cambiare, già oggi in Austria è permessa con un biglietto d’ingresso ad alcune aree sciabili. Se vogliamo avanzare, dovremo farlo anche qui.
Le aree sciabili sono la prossima sfida dello scialpinismo?
Sicuramente sì. Primo per gli atleti, ma anche per i semplici appassionati: con il crescente numero di persone che si avvicinano alla montagna e desiderano fare attività all’aria aperta, è importante trovare soluzioni per accogliere e non frenare questo movimento. Sarà fondamentale stabilire un equilibrio tra scialpinismo e sci tradizionale, rispettando gli spazi e le esigenze di entrambe le discipline. In un contesto in cui le montagne sono sempre più affollate e la pressione sugli spazi aumenta, garantire che i percorsi per sci alpinisti siano sicuri e ben delineati è essenziale. Come Federazione, stiamo lavorando per rendere lo scialpinismo accessibile a un pubblico ampio, che non cerca necessariamente l’agonismo, ma la libertà di muoversi all’aperto. È un’opportunità per tutti.
L’ottica è quella della sicurezza?
La montagna non offre sicurezze, chi è andato più di una volta vicino al limite come me, sa che il rischio fa parte della montagna. Tuttavia, oggi dobbiamo anche preoccuparci dì migliorare le condizioni e l’ambiente in cui gli atleti si allenano e gli appassionati si avvicinano a questo sport. Anche le tragedie, come quella da poco occorsa alla giovane sciatrice Matilde Lorenzi, purtroppo ci ricordano l’importanza di non dare mai per scontato nulla e di cercare sempre margini di miglioramento.
Come montanari, sappiamo bene che la sicurezza assoluta non esiste. Noi alpinisti cerchiamo la vita in tutte le nostre attività, e il massimo della felicità si raggiunge proprio nel superare le difficoltà. Il rischio fa parte della vita, ma questo non vuol dire che non si possano gestire sempre meglio le situazioni.
Alle Olimpiadi lo scialpinismo farà il suo debutto con due specialità. Vedi la possibilità di ampliare le discipline?
Sì, alle Olimpiadi saranno presenti la sprint e la mixed relay. Entrambe richiedono un’elevata preparazione tecnica e fisica e garantiscono una maggiore visibilità, essendo gare veloci e di breve durata, più comprensibili allo spettatore. La sprint, per esempio, riproduce in forma condensata tutte le fasi dello scialpinismo: corsa, salita, cambio pelli e discesa. Qualcuno dirà che non è lo stesso sport, ma se vogliamo che lo scialpinismo continui a crescere come disciplina agonistica, dobbiamo essere disposti a qualche compromesso. E, credetemi, la spettacolarità non manca. Vedere gli atleti, uomini e donne, che riescono a togliere e mettere le pelli in pochissimi secondi è incredibile: questa evoluzione rappresenta lo spirito che ci ha sempre guidati.
Come vedi la squadra italiana alle Olimpiadi?
Nel mio ruolo di Direttore Tecnico, ho ereditato una squadra già ricca di talento, con diverse vittorie in Coppa del Mondo. Poi, da bravi italiani, sembra che non ci sia nulla di pronto, che tutto vada per il peggio. Ma siamo finalmente sul palcoscenico mondiale delle Olimpiadi e mi auguro che prevalga la positività. I ragazzi hanno un potenziale enorme, le Olimpiadi potrebbero dar loro l’opportunità di vivere la giornata più bella della loro vita. Una medaglia olimpica, o anche solo partecipare, è un’esperienza che non ha eguali: ti lega alla storia mondiale dello sport e lascia un segno che non verrà mai dimenticato. Questa è una gratificazione che ogni persona, uomo o donna, dovrebbe avere l’opportunità di provare nello sport. E questa è la bellezza dell’agonismo: lascia un ricordo indelebile. L’agonismo ha questa magia, è come una musica che non smetteresti mai di sentire.
I numeri di Fabio Meraldi
10 vittorie alla Pierra Menta, una delle gare di scialpinismo più prestigiose al mondo
3 vittorie al Trofeo Kima
6 vittorie al Sellaronda Skimarathon
3 vittorie al Tour du Rutor
5 volte campione della Dolomiti Cup Team (con Enrico Pedrini)
12 ore per la salita allo Shisha Pangma 8013 m (Tibet)
4h24’27” è il record di salita e discesa dal Monte Rosa con 6720 m di dislivello
4h50′ record di salita e discesa dell’Aconcagua 6963 m (Argentina).
Mitico Meraldi ,
Quando ancora non facevo scialpinismo e lo skirunning estivo non esisteva , sentire di queste accoppiate o terzetti di atleti che facevano 2000 metri di dislivello in un’ora e mezza mi lasciava semplicemente sbalordito , come quando guardo Dan Osman o Alex Honnold che trottano slegati dove io non mi alzerei nemmeno da terra…
.
.
Meraldi , Greco e Pedrini : un’epoca incredibile..
.
.
Adesso gli sportivi di punta sono diventati così lontani dalle prestazioni dell’uomo comune , che è difficile persino mettersi nei loro panni , e tutto diventa meno interessante.