Significato del Bonsai

(scoprirlo in Giappone)
di Alessio Pellegrini
(pubblicato su terraincognita.earth il 10 settembre 2019)

Sono stato diverse volte in Giappone, ma soltanto in uno degli ultimi viaggi mi sono reso conto di non aver mai approfondito un aspetto intrigante di questo paese: il significato e la cultura del bonsai. Mi trovavo dalle parti di Saitama, non distante da Tokyo e ho cercato su internet quali sono le cose più interessanti da fare e vedere. Mi sono affidato al potere delle mappe di Google e ho visto che vicino alla stazione di Omiya (Saitama City) c’è il Museo dell’Arte Bonsai (Omiya Bonsai Art Museum).

Mi sono informato, ho letto recensioni e articoli e mi sono stupito di trovarmi così vicino al più importante museo nazionale sui piccoli alberi giapponesi. Non solo, il museo è stato creato in un’area che da decenni è nota come Omiya Bonsai Village, ricca di verde e di vivai specializzati nei bonsai. Il luogo ideale per scoprire il significato del bonsai e avvicinarsi al cuore di questo aspetto così affascinante della cultura nipponica.

Bonsai: kanji, hiragana, katakana
Il primo impatto che si ha con il mondo dei bonsai, ancora prima di entrare in un museo è con la sua stessa parola. Prima di scoprirne il significato è bello osservarlo scritto in kanji, gli ideogrammi giapponesi che lo indicano:

盆栽

Il primo ideogramma riproduce il suono “bon”, il secondo “sai”. Gli stessi suoni possono essere riprodotti anche in hiragana:

ぼんさい

Hiragana è un sistema di scrittura sillabico (fonetico) ed è usato per le parole di origine giapponese. La scrittura sillabica fonetica per le parole straniere è il Katakana, per cui difficilmente troverete scritto bonsai in questo modo:

ボンサイ

Significato della parola bonsai in giapponese
Il modo più semplice per scoprire il significato della parola bonsai è osservarne gli ideogrammi (kanji) e scomporli.

Bonsai, il kanji giapponese. Le linee rosse indicano le parti in cui è scomponibile l’ideogramma.

Il primo ideogramma è composto da due parti: una superiore che significa dividere, una inferiore che rappresenta un piatto. Insieme significano vaso.

Il secondo ideogramma, invece, è composto da tre parti. La prima, in alto a sinistra, significa terra; la seconda, in basso a sinistra, ha la forma e il significato di un albero; la terza, sulla destra, è uno strumento da taglio. La loro unione significa coltivare, allevare.

Pertanto la parola bonsai in giapponese significa albero cresciuto in un vaso.

Omiya Bonsai Art Museum: il luogo dove trovare il significato del bonsai
Dopo aver scoperto il significato degli ideogrammi la cosa più bella che può fare un profano come me è riuscire a osservare i bonsai, vederne i dettagli oltre il semplice colpo d’occhio. Ci sono molte guide che aiutano a farlo, dai libri a internet, alle mostre e i musei in Italia. Ma se vi trovate in Giappone dalle parti di Tokyo allora potreste fare come me e dedicare un po’ di tempo all’Omiya Bonsai Art Museum1.

Il museo offre un percorso semplice e leggero per chi desidera entrare per la prima volta nel mondo dei bonsai, osservarli e comprenderne così il significato. Pochi pannelli informativi, immediati – in giapponese e in inglese – fotografie belle e utili, uno schermo touch interattivo e un paio di poltroncine per riposarsi. Basta questo, un po’ di sana curiosità e vi si aprirà per la prima volta la terra incognita dei bonsai. Ecco come osservare e capire un bonsai secondo l’Omiya Bonsai Art Museum.

Come osservare e capire un bonsai
Un bonsai è un albero (a volte più di uno) in un vaso. La prima cosa che colpisce è la sua forma generale, ma per apprezzarlo al meglio andrebbe considerato come un vero e proprio paesaggio. Ecco che allora dell’albero si vedono i singoli dettagli: il troncole radicii ramile foglie e in qualche caso i fiori e i frutti. Ogni bonsai è un paesaggio, una costellazione di dettagli creata da generazioni di esperti bonsaisti.

Le radici
Può sembrare incredibile, ma la prima cosa da osservare in un bonsai sono le radici. Forse incredibile per gli umani, abituati a guardare più spesso la parte alta di una persona, gli occhi e il viso. Ma gli alberi sono ben ancorati al suolo e i bonsai non fanno eccezione, le radici anzi mettono in mostra la forza vitale della pianta e specialmente quando è in età avanzata assumono forme più complesse, seducenti e in qualche caso simili a quelle di una roccia.

Tronco e rami
Il tronco può assumere diverse forme, da quelle tipicamente contorte dei pini (matsu), a quelle generalmente dritte dei cedri (sugi); diversi colori, dal chiaro dell’acero giapponese (yama-momiji) alle tonalità dark del pino nero (kuromatsu). I pini e i ginepri (shimpaku) con l’età possono perdere la parte più esterna della corteccia e rimane così esposta la parte sottostante, più chiara e liscia; si viene a creare in questo modo un bel contrasto di forme e colori, sia tra le diverse parti di tronco e rami, sia con le foglie verdi. Ma ci si può anche fermare a osservare le sole parti esposte del tronco, testimoni dell’età del bonsai, della sua forza e delicatezza, delle cure ricevute da generazioni di custodi, un vero paradiso per gli amanti del wabi-sabi2.

I rami, insieme al tronco, definiscono la forma del bonsai. I rami vengono curati così da creare una sensazione di armonia, che nel caso delle specie caducifoglie deve tenere in considerazione il trascorrere delle stagioni.

Foglie
Le foglie possono avere diverse forme e colori. Il pino bianco (goyo-matsu) ha foglie (aghi) relativamente corte, il pino nero assai più lunghe; quelle del cedro sono ancora diverse e tutte queste differenze consentono al bonsaista di valorizzare al meglio le caratteristiche della pianta, sceglierne la forma e i dettagli.

Tra le latifoglie la specie più interessante è probabilmente l’acero giapponese che in autunno assume varie tonalità di rosso.  I colori caldi delle foglie del momiji valgono da sé un viaggio in Giappone, da dedicare a bonsai, giardini e gite fuori porta per cimentarsi nel momijigari ­– la caccia all’acero giapponese.

Le diverse forme dei bonsai
Insomma, i dettagli sono importanti e dopo tutto questo è curioso scoprire che le forme lo sono altrettanto. Lascio lo spazio alle immagini per un breve tour nelle principali forme (stili) dei bonsai e il loro significato.

Stile Chokkan

Bonsai stile Chokkan – Photo by Norio.NAKAYAMA CC BY-NC-SA 2.0

Un singolo tronco, dritto.

Stile Moyo-gi

Bonsai stile Moyo-gi (foto scattata al Bonsai Art Museum di Omiya)

Un singolo tronco, di forma variabile e sinuosa

Stile Fukinagashi

Bonsai stile Fukinagashi (foto scattata al Bonsai Art Museum di Omiya).

Il tronco non è verticale ma forma un angolo, come se fosse stato piegato da un forte vento.

Stile Kengai

Bonsai stile Kengai – Photo by Grufnik CC BY-NC-ND 2.0

Uno stile particolare, in cui il bonsai raffigura un albero che pende da una scogliera a picco sul mare o sul vuoto.

Stile Ne-tsuranari

Bonsai stile Ne-tsuranari (foto scattata al Bonsai Art Museum di Omiya)

Un bonsai con più tronchi che spuntano dalla stessa radice.

Stile Yose-ue

Bonsai stile Yose-ue

Più alberi in uno stesso vaso, che vanno a creare una foresta in miniatura.

Continuare il percorso nel museo
Mi fermo qui e non vi svelo oltre. Nel museo troverete altre sezioni e soprattutto potrete osservare tanti bonsai, la maggior parte dei quali vecchi di secoli. Andateci di persona, perché nella sezione con gli alberi più antichi e più belli non è possibile fare fotografie; giustamente, così non resta altro da fare se non godersi il momento e cimentarsi nell’osservazione di queste opere d’arte in continuo mutamento.

Omiya Bonsai Village
L’Omiya Bonsai Art Museum è stato inaugurato nel 2010 a Saitama City e si trova in un’area residenziale conosciuta come Omiya Bonsai Village. È una zona ricca di verde, piacevole da scoprire a piedi, passeggiando tra parchi pubblici, aree pedonali e santuari.

Il Bonsai Village si è sviluppato negli anni successivi al Grande terremoto del Kanto3 del 1923, quando da Tokyo un certo numero di coltivatori di bonsai si trasferì in quest’area all’epoca rurale, ricca di spazi adatti alla coltivazione, di acqua e area pulita. Nei decenni successivi Omiya ha avuto un notevole sviluppo urbano, ma la zona dove oggi sorge il museo ha preservato un’atmosfera di paese, è rimasta vivibile, piacevole da vedersi, verde tanto da meritare ancora oggi l’appellativo di Bonsai Village.

Bonsai Village, Omiya

Oggi ha perso in parte la sua centralità come centro di produzione di bonsai, se pensiamo che dei quindici vivai presenti nel periodo Showa (1926-1989) ne sono rimasti soltanto cinque. Il museo ha contribuito a dare nuova vitalità quest’area e dopo aver visitato il Bonsai Art Museum potete recarvi nei cinque vivai (nurseries) per vedere altri bonsai e scoprirne nuovi segreti.

Come arrivare
Da Tokyo è molto semplice arrivare al Bonsai Village. E’ possibile partire da Shinjuku (JR Shinjuku Station) e prendere la linea JR Shonan-Shinjuku Line (Via Utsunomiya Line) per Koganei. Il tempo di percorrenza è di 34 minuti e bisogna scendere alla fermata Toro. Da qui in pochi minuti a piedi arrivate al Bonsai Art Museum (mappa sotto) e da qui potete partire per esplorare il Bonsai Village.

Quando andare
Tutte le stagioni sono interessanti. In estate i bonsai hanno le foglie verdi, in inverno le piante caducifoglie mettono in mostra tutti i dettagli del tronco e dei rami. Forse i periodi più interessanti sono le stagioni intermedie, con alcuni bonsai in fiore (primavera) altri con le foglie rosse con i tipici colori autunnali (da metà ottobre, ma è meglio consultare le previsioni del momijigari).

Bonseki
Bonseki, paesaggi di pietra e sabbia in bianco e nero rinchiusi in un vassoio di ceralacca largo 70 centimetri. Realizzati con strumenti delicati come piume e piccoli pennelli, con cui dare varie forme alla sabbia (bianca): onde, nuvole, acqua in movimento.
Affine per certi aspetti all’arte del bonsai, la tradizione del Bonseki ha un’origine totalmente nipponica. Nel periodo Kamakura (1180-1333) un monaco zen scriveva nel Bonseki-fu “le piccole pietre rappresentano bene la vastità della natura”; già all’epoca una pietra era in grado di evocare grandi paesaggi nell’immaginario giapponese e in seguito i Bonseki conobbero maggiore fama. Nel XV secolo iniziarono a diffondersi i giardini Zen fatti di sole pietre e sabbia e i Bonseki divennero il prototipo ideale per la progettazione di questi spazi. Da semplice prototipo si tramutarono in un’opera d’arte a sé stante, che ancora oggi emoziona grazie all’opera di gruppi come la Hosokawa Bonseki School che hanno conservato e trasmesso i segreti di quest’arte e a istituzioni come l’Omiya Bonsai Art Museum che alle esposizioni permanenti affianca mostre temporanee come quella dell’arte Bonseki.

Bonsai cinesi: Penjing, i paesaggi bonsai
Avete mai visto un bonsai come questo?

Penjing – Photo by wnhslCC BY 2.0

Non ci sono solo alberi, ma anche un sentiero che attraversa la foresta e alcune rocce. Ebbene, non è un vero e proprio bonsai, ma un penjing, un paesaggio in miniatura che oltre ad alberi e pietre può includere altri oggetti che vanno ad animare la scena.

Il bonsaista lavora solo con le piante, una, due o molte in un singolo vaso. Anche l’esperto di arte penjing può limitarsi a creare paesaggi con le sole piante, ma più spesso aggiunge altri elementi alla sua opera. Le pietre sono gli elementi più comuni presenti nei penjing, possono accompagnare o esaltare le forme degli alberi, in alcuni casi sono l’elemento principale della scena e sono le piante a valorizzare la roccia; a volte ci sono piccole statue, casette e altro ancora, tutto questo e molto altro è penjing.

Esempio di Penjing, il “bonsai cinese” – Photo by Choo Yut Shing CC BY BY-NC-SA 2.0

I penjing vengono a volte definiti come i bonsai cinesi ma la storia è andata diversamente. I primi penjing risalgono almeno a 1400 anni fa, mentre solo un paio di secoli dopo alcuni monaci buddisti giapponesi sono tornati dalla Cina portando con sé alcuni penjing. Nel tempo divennero popolari anche in Giappone, dove furono chiamati bonsai e gli alberi divennero i soli elementi di queste opere d’arte.

Note
1 http://www.bonsai-art-museum.jp/en/
2 Wabi-sabi viene a volte tradotto come bellezza imperfetta, impermanente e incompleta. Su Wikipedia trovate una spiegazione più approfondita https://it.wikipedia.org/wiki/Wabi-sabi, in Japonisme di Erin Niimi Longhurst (2018, HarperCollins, Milano) c’è un capitolo utile dedicato al wabi-sabi
3 Furono duramente colpite Tokyo e Yokohama. 

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