La foto dei lettori

La bellezza della natura secondo i lettori del Corriere della Sera. In breve: nelle preferenze dei lettori vince l’ora del tramonto poi segue l’alba o altro, sul luogo vince il mare poi segue la montagna o altro. In sintesi il momento topico ed esemplare della bellezza diventa il tramonto sul mare.


La foto dei lettori

di Bruno Telleschi

Da qualche anno il Corriere della Sera ospita una rubrica con le foto dei lettori che in genere preferiscono documentare la bellezza del paesaggio e trascurano volentieri le disgrazie del progresso.

A prescindere, come diceva Totò (un noto filosofo napoletano del Novecento), dalle disgrazie e dai disastri connessi con il riscaldamento globale sopravvive nei lettori del giornale il sentimento della bellezza che ignora ogni altro aspetto negativo della realtà. In Italia, ma anche altrove, il cosiddetto dissesto idrogeologico attribuisce alla vendetta della natura i disastri provocati dall’incuria umana. Come se ci fossero i sassi e le acque dissestate, come sono dissestate le strade. In natura non ci sono frane (geo) e alluvioni (idro) in disordine, non ci sono sassi rovinati nei ghiaioni da ricollocare sulle cime delle Dolomiti. Sarebbe ingenuo ripristinare ciò che è naturale, ricollocare i sassi al loro posto e ricostruire montagne che non esistono più. Del resto sarebbe pure difficile ripristinare le frane artificiali prodotte da una dissennata estrazione del marmo come dimostra il caso dei ravaneti sulle Apuane, che più facilmente potrebbero essere trasferiti a Genova per costruire la nuova diga foranea, sempreché la nave non affondi sul pontile di Massa.

Cristiana Mazio, Papaveri tra i sampietrini, Roma 21.6.2023

In realtà le frane e le alluvioni sono la conseguenza di un dissesto urbanistico provocato dall’impotenza e dall’incapacità degli enti pubblici nella pianificazione del territorio che costruiscono senza rispettare le condizioni tecniche per la sicurezza dei cittadini. Basta qualche accenno storico per comprendere l’equivoco del dissesto idrogeologo e la verità del dissesto urbanistico. Dai neolitici sulle palafitte agli antichi etruschi e agli antichi romani sulle colline sarebbero numerosi gli esempi del buon governo e della buona urbanistica. Basta considerare che l’alluvione di Firenze nel 1966 non avrebbe potuto raggiungere la collina dell’etrusca Fiesole e che per lo stesso motivo Roma fu notoriamente fondata in alto sui sette colli per difendersi dalle acque. Istruttivo è anche l’episodio di Noè che si legge nella mitologia ebraica: un contadino che aveva una barca era deriso dai compaesani che avevano un carretto. Poi ci fu un’alluvione e fu lui a ridere degli altri che affogavano nelle acque dei fiumi e perdevano il bestiame. Come i contadini mesopotamici in Romagna e altrove che ai motoscafi preferiscono le automobili, come tutti gli italiani che ignorano la storia delle palafitte. Basta qualche esempio clamoroso per comprendere la differenza tra la prudenza e l’impudenza, basta considerare il sito di Vigo in val di Fassa al sicuro sul colle in confronto con il sito di Moena nel fondovalle spazzato periodicamente dalle acque. Basta considerare la differenza tra Tésero in alto sulla valle di Fiemme e la frazione di Stava travolta dalle acque nel 1985 per l’errore di una diga artificiale e ignorante.

Piuttosto delle scienze sarebbe meglio studiare la storia per riconoscere la saggezza degli antichi e la stupidità dei moderni, per riconoscere la differenza tra chi preferiva difendersi dalle alluvioni e chi subiva e subisce ancora passivamente il rischio delle alluvioni. Oppure conviene leggere Giacomo Leopardi che nella Ginestra richiede agli uomini maggior impegno e coraggio nel contrastare la forza e la violenza della natura: anche i grandi e terribili vulcani possono essere addomesticati dall’ingegno e dalla tenacia degli uomini che ripopolano le aride pendici della montagna come l’umile ginestra. Nella questione del buon governo anche lo studio della letteratura appare superiore allo studio delle scienze, nonostante la propaganda dello scientismo che spesso alle materie umanistiche oppone le materie tecnoscientifiche (stem nel linguaggio delle scimmiette inglesi: science technology engineering and mathematics). 

Luigino Fresia, Cime innevate, Monviso (Cn) 26.11.2024

A prescindere dunque dalla questione scientifica che studia il cambiamento climatico ai nostri tempi, ma a prescindere pure dalla questione politica, sui limiti della politica, nelle foto dei lettori prevale lo spettacolo della bellezza. Tra l’homo sapiens, che vuole conoscere, e l’homo faber, che vuole costruire, i lettori scelgono piuttosto l’homo aestheticus, che preferisce contemplare la bellezza. Nonostante i cambiamenti climatici nulla giustifica l’inerzia dello stato e d’altra parte nulla impedisce agli uomini di contemplare la bellezza sia pure nelle condizioni ambientali in cui sono costretti a vivere.

Nella prigione e nello squallore delle città gli uomini rimpiangono la bellezza della natura, sognano l’azzurro del cielo e il giallo dei limoni, per esempio. La nostalgia della bellezza ritorna nei versi esemplari di Eugenio Montale (I limoni 37-49 «Ma l’illusione manca e ci riporta il tempo / nelle città rumorose dove l’azzurro si mostra / soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase… Quando un giorno da un malchiuso portone / tra gli alberi di una corte / ci si mostrano i gialli dei limoni; / e il gelo del cuore si sfa, / e in petto ci scrosciano / le loro canzoni / le trombe d’oro della solarità»). Nelle città del rumore e dell’orrore è possibile ricordare con particolare emozione le visioni della bellezza, che perlopiù appartengono alle vacanze. Il tramonto sul mare dell’estate diventa un luogo topico che oscilla tra il feticismo e la folgorazione, ma assume una funzione fondamentale nella psicologia e nell’ideologia popolare: finalmente anche i cittadini riscoprono il fascino e i colori della natura, folgorati sulla via del mare come altri sulla via di Damasco, un passaggio semplice ed elementare che può aprire la strada verso un mondo migliore. Come dove e quando è possibile avvertire la bellezza della natura? Come Francesco Petrarca (Benedetto sia ’l giorno, e ’l mese, e l’anno 1-4 «Benedetto sia ’l giorno, e ’l mese, e l’anno, / e la stagione, e ’l tempo, e l’ora, e ’l punto, / e ’l bel paese, e ’l loco ov’io fui giunto / da’ duo begli occhi che legato m’hanno») rimane folgorato dalla bellezza di Laura in chiesa, così i cittadini sul mare vedono finalmente la bellezza della natura. Nella chiesa del mare consacrata al silenzio e alla contemplazione.

Nelle foto dei lettori la rivelazione della natura ha bisogno di circostanze clamorose per risvegliare i sentimenti addormentati, dagli umili papaveri tra i sampietrini di Roma finalmente la visione della bellezza si allarga sull’orizzonte del mare e del sole, sull’orizzonte delle montagne e del cielo, sul mare delle nuvole. Finalmente nell’orizzonte del mare i cittadini possono collocare le cose nell’orizzonte del paesaggio. Alla fine il paesaggio accende il sentimento della bellezza e nei sentimenti degli uomini irrompe l’infinito del paesaggio.

Aleksandra Demnianovic, Vista sui monti, Cadegliano (Va) 18.12.2024

Il sole o la nebbia e le nuvole? C’è infatti una funzione positiva anche nella nebbia o nella neve se nascondono l’orrore del mondo artificiale e rivelano un mondo differente, naturale e pacificato. Come si legge in Giovanni Pascoli: Nebbia 1-6 «Nascondi le cose lontane, / tu nebbia impalpabile e scialba, / tu fumo che ancora rampolli, / su l’alba, / da’ lampi notturni e da’ crolli / d’aeree frane!». In evidente correlazione con Giacomo Leopardi: dopo la tempesta notturna con i lampi e i tuoni («crolli») ritorna il bel tempo: La quiete dopo la tempesta 1 «Passata è la tempesta» eccetera. I lettori folgorati dal sole al maltempo preferiscono il bel tempo, che un tempo era il tempo della primavera, ma oggi è perlopiù il tempo dell’estate. Del resto la primavera è una stagione breve ed effimera che i cittadini non conoscono e dunque non riconoscono perché sarebbe necessario uscire dalle città per vedere sugli alberi o nei prati i colori della stagione. Si comprende che nelle lamentazioni dei cittadini non ci siano più l’autunno né la primavera perché è vero che in città le stagioni intermedie non si vedono e i palazzi sono sempre gli stessi in ogni stagione.

Nelle foto dei lettori prevale la bellezza della natura in opposizione allo squallore della città per fuggire dalla banalità quotidiana della vita materiale, per ritrovare nella bellezza della natura il senso e il fine della vita. I lettori sono gli italiani che rifiutano la modernità, ma rimpiangono la bellezza del centro storico con i ricordi del passato, dagli acquedotti degli antichi romani alla bellezza delle fontane a Roma, dalle antiche città con le antiche mura in Città di Castello (Pg) e in Orvieto (Tr) ai monumenti rinascimentali con il palazzo ducale in Urbino e la piazza della Loggia a Brescia, per esempio. Nelle foto dei lettori le città non sono belle perché prevale la condanna della modernità e della speculazione edilizia, sulle coste in Sardegna per esempio o nelle città da Bologna a Firenze e Roma, devastate dalla folla dei turisti. Soltanto la luceriscatta lo squallore delle città, soltanto in circostanze particolari quando le luminarie del Natale per esempio risvegliano nei lettori il fascino della natura, i magnifici colori delle luminarie festive a Torino o Salerno, le notti illuminate nel centro di Moncalieri (To). Le luci artificiali ricordano ai cittadini le luci naturali che si vedono all’alba o più spesso al tramonto sollevando lo sguardo al cielo, sul mare di Genova o nel campo dei Fiori a Roma, sul Po a Cremona e Mantova.

Le foto selezionate dal «Corriere» sono centinaia, ma è sufficiente qualche esempio per cogliere i segni del tempo nelle preferenze dei lettori.

Gino Giancipoli, Alba sulla spiaggia, Frigole (Le) 10.1.2025
Marco Gentili, Tramonto in costiera, Amalfi (Sa) 16.1.25
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