Ceresole Reale (TO) ha ricordato la morte di un gruppo di 41 soldati inglesi e partigiani che cercavano la libertà. Un episodio, non così noto: scampati ai mitra tedeschi, i fuggiaschi, a pochi passi dalla libertà, si imbatterono purtroppo nella terribile spietatezza dell’alta montagna invernale e furono travolti da una serie di slavine nel novembre 1944 (Carlo Crovella).
Ottant’anni fa la tragedia della Galisia
di Alessandro Previati
(pubblicato su lastampa.it/torino l’8 novembre 2024)
Colle della Galisia, 3000 metri di quota, confine Italia-Francia. E’ il novembre 1944, la Resistenza sta per entrare nell’ultimo inverno. Un gruppo di soldati inglesi, fuggiti dai campi di prigionia tedeschi, dopo un periodo di clandestinità in Canavese, chiede aiuto ai partigiani italiani per raggiungere la Francia, già liberata dagli alleati dopo lo sbarco in Normandia. La colonna arriva a Ceresole e sale a piedi verso il colle Galisia. Una spedizione che finisce in tragedia: muoiono in 41, a pochi passi dalla libertà, travolti da una serie di slavine.
L’anniversario
Ceresole ha celebrato in questi giorni gli ottant’anni dalla «tragedia della Galisia», il più grave incidente alpinistico avvenuto durante la Seconda guerra mondiale. Vicenda abilmente narrata nel libro A un passo dalla libertà del giornalista de La Stampa Giampiero Paviolo e del collega Guido Novaria. L’evento si è svolto sabato 9 e domenica 10 novembre 2024, al Teatro Pinelli di Cuorgnè, dove la compagnia «E.T.- Esperimenti teatrali» porta in scena «La salvezza a due passi», regia di Mauro Stante. Domenica a Ceresole, nel salone dell’ex Grand Hotel, dopo i saluti del sindaco, Alex Gioannini, e del presidente del Parco nazionale del Gran Paradiso, Mauro Durbano, c’è stata la proiezione del documentario Rai di Jacopo Ricca, I bianchi fantasmi della Galisia. A seguire, dopo le testimonianze di Franca Cargnello, sindaco di Borgiallo, René Willien e Guido Blanchetti, ha avuto luogo la consegna della Cittadinanza benemerita alla memoria a Gildo Blanchetti, a 40 anni dalla sua scomparsa.
Il coraggio di Gildo
Ermenegildo Blanchetti, per tutti Gildo, storica guida alpina di Ceresole, partigiano della VI Divisione Giustizia e Libertà del comandante Bellandy, Cavaliere al merito della Repubblica e sindaco del Cln di Ceresole, mise in salvo il soldato inglese Alfred Southon, unico sopravvissuto della Galisia, dopo aver sentito la sua flebile voce che chiedeva aiuto.
«Le celebrazioni della Galisia sono occasione per la comunità ceresolina non solo di ricordare quella tragedia – spiega il sindaco – ma anche di maturare la consapevolezza di quanto alcuni attori della comunità stessa siano stati attivi, in quei terribili giorni, per cercare di proteggere prima e salvare poi i 41 giovani che tentarono quella terribile traversata».
Galisia Quarantaquattro
a cura dell’Associazione Amici del Gran Paradiso
(pubblicato su piemonteparchi.it il 30 dicembre 2009)
La tragedia avviene lungo la discesa attraverso le insidiosissime Gorges du Malpasset, in Val d’Isère, dopo aver sfiorato, senza neppure vederlo, il rifugio del Prariond: la salvezza per l’intera colonna. Quarantun storie che si aggiungono a quelle dei tre superstiti, l’ultimo dei quali, l’inglese Alfred Southon, scomparso improvvisamente nel 1993 durante una vacanza a Malta. E a quelle di alcuni prigionieri slavi che si unirono al gruppo, partendo però in netto anticipo rispetto al resto della colonna. Particolare che getta un elemento di inquietudine sulla vicenda e che provocherà accesi dibattiti ai vertici dei comandi partigiani alla vigilia di quel terribile inverno di guerra. Uno scampato, lo slavo Iso Altaraz, il 19 novembre del 1995 durante la cerimonia organizzata a Ceresole Reale per ricordare la tragedia, esattamente a mezzo secolo di distanza da quei giorni, riaccese le polemiche già scoppiate all’indomani della scoperta dei corpi lungo le Gorges du Malpasset, circa l’assurdità di aver fatto partire la colonna dall’Agnel in tarda mattinata.
L’odissea
Sabato 4 novembre 1944
Da Borgiallo, Colleretto Castelnuovo, da alcune baite isolate della Valle Sacra, da Ribordone, da Frassinetto e da Alpette dove vivevano nascosti da mesi, i soldati inglesi accompagnati dai partigiani canavesani raggiungono il Santuario di Prascundù, punto di ritrovo per quella “legione straniera” che decine di famiglie canavesane aveva protetto per molte settimane, in attesa delle “corvée” per la Francia liberata.
Domenica 5 – Da Ribordone gli uomini della colonna – la maggior parte non si conosceva neppure – ridiscendono verso la Valle Orco e raggiungono Rosone e Perebella, sopra Locana: un percorso decisamente lungo, ma scelto per evitare di essere intercettati dai soldati della Wermacht. A guidarli è il tenente “Vittorio” (Alberto Fattucci).
Lunedì 6 – La colonna arriva a Noasca senza incontrare ostacoli: i tedeschi sembrano non preoccuparsi di quell’insolito movimento di camion dell’Aem sulla strada per l’alta Valle Orco. Ancora una sosta alla Trattoria del Gran Paradiso, quindi si riparte per Ceresole Reale. Al gruppo si aggiungono alcuni soldati jugoslavi.
Martedì 7 – I camion, lentamente, superano il paese: qualche abitante di Ceresole esce in strada a salutare quei ragazzi che sbucano dal telone che chiude i mezzi. La colonna riparte a piedi per il Serrù; a poca distanza c’è il casotto dei guardiani della diga Aem dell’Agnel: qui inglesi, slavi e partigiani italiani trascorrono la notte. Fuori continua a nevicare.
Mercoledì 8 – Alle 10 il tenente “Vittorio” dà l’ordine di partire per il Colle Galisia, dopo una lunga discussione culminata con una votazione circa l’opportunità di salire o rinunciare. La colonna lascia il casotto dell’Agnel: ci sono da percorrere settecento metri di dislivello, in condizioni normali, per superarli, bastano poco meno di tre ore. Quella mattina il tempo è pessimo, continua a nevicare, la visibilità è ridotta. Un paio di ore prima Iso Altaraz, insieme ad altri venti soldati jugoslavi, decide di inziare la salita: il gruppo raggiungerà il rifugio del Prariond nel pomeriggio. La colonna guidata da “Vittorio” arriva sul Colle Galisia dopo sette ore di marcia estenuante. La discesa verso il Prariond inizia in mezzo alla tormenta e nell’oscurità. Nessuno riesce a individuare le tracce per raggiungere il rifugio: gli uomini sono costretti a trascorrere la notte all’addiaccio.
Giovedì 9 – La colonna riparte all’alba in mezzo alla tormenta che non è mai cessata; solo gli inglesi Alfred Southon e Walter Rattue rinunciano: sono stremati. Il tenente “Vittorio” ordina ai partigiani Carlo Diffurville e Giuseppe Mina di rimanere con loro: “Quando arriveremo al Prariond vi manderemo i soccorsi”.
Venerdì 10 – La tormenta non cessa, i quattro trovano riparo sotto un roccione: i soccorsi non arrivano. Sono vicinissimi al rifugio, ma la tormenta impedisce di vedere quell’ “ombra bianca” che avrebbe rappresentato la salvezza.
Sabato 11 – Mina e Diffurville, nel pomeriggio, decidono di scendere in cerca di aiuto. Superano il rifugio del Prariond e trascorrono la notte in un capanno di margari: la temperatura è scesa a meno 25 gradi.
Domenica 12 – All’alba, Mina e Diffurville riprendono la discesa. Alle Gorges du Malpasset trovano il resto della colonna: i loro amici partigiani e i soldati inglesi morti sotto la neve, travolti dalle slavine o inghiottiti dal baratro. A sera, sono raggiunti da una pattuglia partigiana partita da Val d’Isère.
Lunedì 13 – Più in alto, sotto il roccione dove si sono nascosti quattro giorni prima, i due inglesi sono ormai allo stremo delle forze: il maltempo non cessa. Rattue sembra in condizioni più precarie. Southon continua a sfregargli gli arti per evitare il congelamento.
Martedì 14 – La tormenta impedisce alla squadra dei soccorritori di riprendere la marcia alla ricerca della colonna: il comandante “Bellandy” è ormai consapevole che quella missione affidata a uno dei suoi uomini più validi – il tenente “Vittorio” – si è trasformata in una delle tragedie più agghiaccianti per il movimento partigiano.
Mercoledì 15 – Southon e Rattue trascorrono l’ottava notte all’addiaccio, sempre sotto lo stesso spuntone di roccia: i due sono ormai convinti che nessuno riuscirà a riportali a Val d’Isère.
Giovedì 16 – Ha smesso di nevicare, le condizioni meteorologiche migliorano. I partigiani partiti da Val d’Isère non riescono però a localizzare gli inglesi: il cuore di Walter Rattue cede.
Venerdì 17 – Alfred Southon viene finalmente trovato e trasportato a Val d’Isère dove è sottoposto alle prime cure: le sue condizioni sono preoccupanti, ma sarà salvato, anche se dovrà subire l’amputazione degli arti inferiori. In ospedale sono già stati ricoverati Giuseppe Mina e Carlo Diffurville, entrambi con gravi congelamenti. Sono loro gli unici tre superstiti della colonna di 44 uomini partita dieci giorni prima da Ceresole.
Il bilancio della tragedia
Caduti alla Gorges du Malpasset (9 novembre 1944 – Val d’Isère, Francia): 24 soldati inglesi, 4 soldati jugoslavi, 10 partigiani della VI Divisione canavesana “Giustizia e Libertà” (Mario Fattucci, Alberto Fattucci, Giovanni Chiarottino, Danilo Cigliana, Giovanni Diffurville, Giovanni Gallo Balma, Domenico Giovando, Enrico Ricco, Mario Salomone, Piero Tamietti), 3 partigiani della VIII formazione autonoma “Vallorco” (Elio Di Blase, Giose Malano, Ercole Novaria).
Che tristezza, questa vicenda!
E’ un bene commemorare, ma si spera che sia utile anche per non incorrere nelle stesse trappole di allora.