Wild

Reinhold Messner
Corbaccio ed.

Fiumi di inchiostro sono stati impiegati per raccontare la storia dell’Endurance e del suo equipaggio, un insuccesso che diventa un’impresa straordinaria, l’avventura delle avventure, un miracolo tra i ghiacci dell’Antartide, Shackleton che sfida l’impossibile per tornare a salvare tutti i suoi uomini.

La spedizione, partita a bordo dell’Endurance dalle coste inglesi nell’agosto 1914, era comandata da Ernest Shackleton ed aveva come obiettivo l’attraversamento a piedi dell’Antartide partendo dal mare di Weddell. Il gruppo avrebbe poi dovuto essere recuperato da una seconda nave nell’altro lato del continente, sulla costa del mare di Ross. La traversata a piedi non iniziò mai. La nave restò intrappolata dal ghiaccio e poi affondata a migliaia di chilometri dalle più vicine terre abitate e ben lontana dalla costa antartica. Tutto l’equipaggio riuscì, muovendosi sulle lastre di pack alla deriva, ad arrivare all’isola Elephant, poco più di uno scoglio disabitato, nelle Shetland Meridionali. Da qui Shackleton salpò con cinque uomini alla guida di una delle tre scialuppe di sette metri salvate dal naufragio dell’Endurance nel tentativo di raggiungere una base baleniera situata nella Georgia del Sud. Con l’aiuto di un sestante e di un cronometro l’imbarcazione riuscì a percorrere 1600 km ed a raggiungere Grytviken, dove Shackleton organizzò una spedizione di soccorso per gli uomini rimasti ad attendere all’isola Elephant. Nessun uomo dell’equipaggio morì in Antartide.

Messner ci racconta una storia parallela, la vita dell’altro uomo che ha reso possibile il miracolo, colui che mentre l’Endurance affondava stritolata tra i ghiacci è stato “il mastice tra il capo e l’equipaggio”. Frank Wild ha tenuto in vita tutti i 21 uomini rimasti sull’isola Elephant, uno scoglio tra i ghiacci popolato solamente da foche e pinguini, 21 uomini che hanno aspettato, senza certezze, con due scialuppe rovesciate come unico riparo e nel buio dell’inverno antartico, il ritorno di Shackleton partito a bordo della terza scialuppa per cercare di raggiungere, tra iceberg e onde altissime, la Georgia del Sud. Per quattro lunghissimi mesi.

Accanto al basso Wild, Shackleton sembra l’eroe di un’epoca arcaica. Shackleton però sa che l’equipaggio ripone più fiducia in Wild che in lui. E Wild intuisce che se viene meno la fiducia sarà la fine per tutti”.

Il ruolo silenzioso ma fondamentale di Frank Wild, un piccolo uomo con gli occhi chiari e la pipa in bocca, ha reso possibile l’attesa disperata di 21 uomini che, “se avessero la certezza assoluta di essere salvati, non dovrebbero scegliere ogni volta di continuare a vivere”. Shackleton, il capitano, li ha salvati, tutti. Ma non avrebbe potuto salvare nessuno se il suo secondo non glieli avesse fatti trovare ancora vivi, tutti.

Messner è andato sull’isola Elephant. E vi è ritornato ancora anni dopo, con il bel tempo, accompagnato dalle figlie. Ma non sa spiegarsi come Frank Wild abbia potuto far sopravvivere 21 uomini in quel luogo. “Non trovo ancora una spiegazione all’arte della sopravvivenza di Frank Wild. Pertanto racconterò la sua vita”. Una vita, i cui momenti più felici furono vissuti tra i ghiacci del polo sud.
Tramontati gli anni delle grandi spedizioni ai poli, Frank Wild cerca fortuna in Africa, dove trascorrerà la parte restante della sua esistenza. “Quel tempo tra i ghiacci è passato, eppure Wild non ha dimenticato nulla, né lo ha sepolto nella memoria. Anzi, da quando ha trascorso l’inverno sull’isola Elephant sente una dignità interiore che è il suo tesoro più grande“.

Luisa Raimondi

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