Tra cime calcaree, villaggi di pescatori e foreste abitate dall’orso, un viaggio nelle Asturie svela un territorio verticale e profondo, dove la natura detta il passo e la cultura si mescola al vento dell’Atlantico.
di Pietro Assereto
Foto di Giacomo Tonoli

La prima immagine che mi viene in mente è il rituale che apre ogni esperienza nelle Asturie e che ha aperto anche la nostra: l’escanciado, il metodo tradizionale spagnolo usato per servire la sidra naturale. Prevede di versarla dall’alto per farle prendere aria, per risvegliare le bollicine naturali ed esaltare profumi e sapori. Chi la serve tiene la bottiglia sopra la testa e il bicchiere inclinato all’altezza della gamba, così che il getto colpisca il bordo del bicchiere e si formi una leggera schiuma. La sidra va poi bevuta subito, in piccoli sorsi chiamati culete. Juan Feliz, la nostra guida, sorride mentre vede la mia faccia che beve: “Es un poco amargo”. Rimandato. Juan gestisce un’agenzia di turismo e conosce ogni angolo di questa terra. Il suo van sarà la nostra casa mobile durante questo viaggio. Gijón ci accoglie con il suo mix di industrialità riconvertita e orgoglio marinaresco. Passeggiamo per Cimadevilla, il quartiere antico arroccato sulla penisola, dove le case colorate si affacciano sul mare. Poi Laboral Ciudad de la Cultura, l’ex università operaia trasformata in centro culturale: un colosso architettonico che racconta la storia mineraria delle Asturie. E infine, la spiaggia di San Lorenzo che si allunga per chilometri, dove il surf è religione quanto il sidro.

La costa che respira
Il secondo giorno ci spostiamo verso est, lungo la Costa Verde. I paesaggi scorrono in una sequenza ipnotica: scogliere a picco, calette nascoste, villaggi di pescatori. Villaviciosa ci regala il suo estuario e le ostricherie. Lastres è una cartolina tridimensionale, con le case che cascano verso il porto. Ribadesella, dove il Rio Sella incontra il Cantabrico, è il nostro campo base. Infiliamo i giubbotti salvagente e saliamo sui kayak. Il Sella scorre tranquillo ma deciso, incorniciato da montagne verdissime. L’acqua è cristallina e fredda. Lungo le sponde, aironi e martin pescatori ci osservano scettici. È un’immersione totale nella natura asturiana. Nel pomeriggio cambiamo prospettiva: da seduti sul kayak a seduti in sella. L’escursione a cavallo parte da Cangas de Onís, la prima capitale del Regno delle Asturie. I cavalli asturiani sono piccoli, robusti, abituati ai pendii. Attraversiamo boschi di castagni e prati dove pascolano le mucche locali. È un modo diverso di muoversi, più lento, più contemplativo. Llanes, l’ultima tappa costiera, è un gioiello medievale con porto peschereccio e spiagge da cartolina.
Verticale sui Picos
Terzo giorno, sveglia alle sei, oggi si sale. Nico, la nostra guida di montagna, ci aspetta con l’attrezzatura e un sorriso che promette fatica e meraviglia. I Picos de Europa sono il cuore calcareo delle Asturie, un massiccio che raggiunge i 2.600 metri e che per secoli ha fatto da barriera tra costa e meseta. Furono le prime montagne avvistate dai marinai che tornavano dalle Americhe: da qui il nome. Saliamo ai Laghi di Covadonga, bacini glaciali incastonati nella roccia a 1.100 metri. Il Lago Enol e il Lago Ercina brillano sotto il sole, circondati da pascoli dove le vacche brucano indifferenti. Nico ci porta ancora più in alto, su sentieri che si arrampicano tra faggi nani e pietraie, dove il silenzio viene rotto solo dal verso dei rapaci. Sono quest’ultimi i veri signori di queste vette. Alziamo gli occhi e vediamo planare un Gyps fulvus, l’avvoltoio grifone. Poi, più veloce, passa un falco pellegrino in picchiata. Il mio compagno di viaggio mi spiega che i Picos sono un santuario per l’avifauna rupicola: aquile reali, gipeti, gracchi corallini. Un teatro naturale verticale dove la vita si adatta all’estremo. Nel pomeriggio affrontiamo un tratto della Ruta del Cares, il sentiero scavato nella gola che collega le Asturie con la Provincia di León. Camminare sulla Cares è un’esperienza al limite: il sentiero corre a strapiombo sul fiume, incastrato tra pareti che sembrano chiudersi sopra la testa. È stretta, esposta, vertiginosa. E assolutamente spettacolare. Ogni curva regala cascate che si gettano nel vuoto, capre selvatiche aggrappate a cornici impossibili, giochi di luce tra le rocce. Questa è l’Asturias estrema, quella che ti entra dentro e ti lascia senza parole.
Oviedo e l’ombra dell’orso
Passiamo la mattinata a Oviedo, capitale del Principato, elegante e raccolta. Il Mercado de El Fontán è un’esplosione di colori e profumi: formaggi DOP, mele da sidro, fabes (i fagioli della fabada asturiana), cacciagione, pesce fresco, chorizo, jamòn. Qui si capisce che le Asturie sono anche terra culinaria. Il cibo in questa zona è sostanzioso, onesto, fatto per chi lavora la terra e affronta le montagne. Nel pomeriggio ci spingiamo nel Parco Naturale di Somiedo, regno dell’orso bruno cantabrico. Con circa 300 esemplari, avvistarlo è questione di fortuna e pazienza. Arriviamo in un mirador, insieme a noi ci sono una mezza dozzina di persone, tutti armati di binocolo e attrezzatura varia che scandagliano le pendici. L’orso è qui, da qualche parte. Noi non lo vediamo, ma sapere che esiste, che resiste, che abita queste montagne, è già un privilegio. Me l’ha fatto capire il mio amico e compagno di viaggio: a volte la natura si misura in assenze, in spazi che restano selvaggi proprio perché non tutto è accessibile.

L’ultimo sguardo
Sabato mattina, prima del volo, un’ultima tappa costiera. Cudillero è il villaggio più pittoresco: case multicolori impilate su un anfiteatro naturale che guarda il porto. Poi Cadavedo, con le sue scogliere “drammatiche” e la Playa del Silencio, una caletta isolata dove le onde si infrangono con un rombo sordo. Le Asturie non hanno il glamour della Costa Brava né la fama dei Pirenei. Eppure offrono un equilibrio perfetto tra natura selvaggia e cultura profonda, tra adrenalina e convivialità. Qui si cammina per scoprire, si mangia per capire, si alza il bicchiere per entrare in una comunità che ha fatto della sua geografia impervia un motivo di orgoglio. Le Asturie si raccontano camminando. E una volta iniziato il sentiero, è difficile non voler tornare.




Giustamente resiste la scelta del cammino. A piedi ovviamente per non profanare la bellezza del paesaggio naturale con i segni artificiali della modernità.