«Il bello tra le crepe»

Non buttare via ma aggiustare, trovare la bellezza nell’imperfezione. La rivoluzione gentile nel riparare la vita quotidiana.

«Il bello tra le crepe»
di Laura De Feudis
(pubblicato su 27esimaora.corriere.it il 14 luglio 2025)

L’eterno dilemma tra buttare e aggiustare, la scelta tra cambiare tutto, radicalmente, o dare valore a quello che si ha. E non si parla (solo) di oggetti.
Parte da qui il libro Il bello tra le crepe, manuale di riparazione della vita quotidiana di Simonetta Tassinari, insegnante di storia e filosofia nei licei e nel Laboratorio di didattica della filosofia dell’Università del Molise. Tassinari, che tra le altre cose ha approfondito la psicologia relazionale e il counseling filosofico, si ispira (anche) al pensiero di Karl Popper. Al filosofo ed epistemologo austriaco, considerato tra i filosofi «riparatori», studioso di psicologia e scienze sociali, nato nei primi anni del ‘900, dobbiamo la teoria secondo cui la differenza tra scienza e non scienza è il principio di falsificabilità. In questo libro, edito da Feltrinelli, si prova a rivalutare la capacità di trovare la bellezza nell’imperfezione, la filosofia dei piccoli passi, l’ascolto, la pazienza, strumenti fondamentali per la manutenzione delle relazioni, per superare difficoltà e conflitti, delusioni, piccoli e grandi problemi.

Simonetta Tassinari, Il bello tra le crepe, Feltrinelli, pp.256, 18 euro

Cosa si intende per «crepe», qual è la loro bellezza e come la si trova?
«
Le crepe sono tutte le imperfezioni, le ferite vecchie e nuove, tutto ciò che non rientra nella categoria del “successo”. È impossibile sapere e dire quante sono in ognuna di noi. Siamo un insieme di crepe. Il bello di queste crepe lo si trova con lo sforzo, la volontà».

Come si fa ad accettarle? E quindi ad accettare che non tutto va come vorremmo?
«È un lavoro lungo e paziente. Come diceva Nietche (e anche tante nonne-filosofe molto sagge) “ciò che non mi uccide mi rende più forte” e come cantava Leonard Cohen (in “Anthem”, ndr), è solo attraverso le crepe che filtra la luce. Per esempio, il wabi-sabi è un concetto filosofico ed estetico giapponese che interpreta l’imperfezione e la transitorietà come segni di bellezza e ci insegna a guardare le crepe e le rughe con affetto e ammirazione, considerandole tracce di vita vissuta. È il contrario della cultura del nuovo a ogni costo».

A qualcuno verrà in mente quello che diceva Anna Magnani sui segni del tempo sul suo viso. Continuando con l’immagine delle crepe…quanto è importante e come si fa a riparare, a ricomporre?
«Viviamo tempi in cui si pensa sia facile cambiare tutto, passare a una seconda o terza vita, dare un taglio netto. Ma ci dobbiamo sempre ricordare che le seconde e terze vite sono innestate sull’unica vita che tu hai, sull’unico essere umano che sei, su quello che ti porti dietro. Ci sono cose, di noi stessi, che non si possono cambiare mai. Un taglio netto, una rivoluzione di vita è un atto violento, non ha radici, non è assimilato. Spesso si torna indietro, per esempio dopo aver dato le dimissioni».

E in effetti alcuni studi sul fenomeno delle cosiddette «grandi dimissioni» del periodo post covid: molti di coloro che si sono licenziati poi si sono pentiti. Quindi questa idea del «dare un taglio netto, di buttare via» è un azzardo? È una tendenza che riguarda gli oggetti (si rompe, non lo riparo, lo butto e lo ricompro) e che è connaturata al capitalismo e all’abitudine di «consumare» ma riguarda anche le relazioni. E qui la precisazione è d’obbligo: stiamo parlando di relazioni o situazioni non patologiche o tossiche. Ricorre spesso, in questo manuale di riparazione della vita quotidiana, il concetto di manutenzione…
«La manutenzione consiste nell’affrontare i conflitti delle relazioni, delle piccole cose, con pazienza e dolcezza. È un concetto rivoluzionario in una società molto assertiva, in cui si deve “vincere” sempre e a tutti i costi, cosa tra l’altro innaturale. In altre parole, gli esseri umani sono socievolmente insocievoli. Abbiamo bisogno degli altri ma vorremmo, allo stesso tempo, fare quello che ci viene in mente senza pensarci troppo. E invece bisogna venire a patti con questa insocievolezza, dando spazio anche agli altri attraverso l’ascolto, la vicendevolezza, la reciprocità. Quindi la manutenzione è proprio questo: il modo, il tono, lo sguardo, devono essere il più accogliente possibile. Dovremmo accogliere gli altri come vorremmo essere accolti noi».

Non è sempre facile, però, mantenere apertura e disponibilità..
«E infatti la volontà è la nostra più grande forza e ricchezza. Nessuno ce la può portare via e noi la dobbiamo esercitare verso la filosofia dei piccoli passi tanto cara a Karl Popper. Ci si deve lavorare. Ma i piccoli passi (che poi è un po’ il concetto della “forza del piccolo” di Lao Tzu) sono quelli che davvero lasciano il segno. In tempi caotici e frettolosi credo che andare controcorrente sia il compito del pensiero filosofico. Credo che sia saggio ricordare il giusto mezzo di Platone, e quindi rivalutare il compromesso».

Nel suo libro (che proprio come un manuale propone esercizi pratici dopo ogni capitolo) lei dà molto spazio alla comunicazione, all’importanza della comunicazione non violenta, al linguaggio come responsabilità, alla consapevolezza del potere delle parole che «costruiscono» o che «distruggono», al linguaggio giraffa e al linguaggio sciacallo.
«Ricordiamo cosa diceva Brecht a proposito della scelta di stare dalla parte del torto: che importanza ha chi ha ragione o torto, l’ostinazione di non voler fare il “primo passo” quando ci sono incomprensioni o litigi. Nei conflitti non bisogna mai aver paura di fare il primo passo, di superare l’orgoglio. Non è debolezza. È dimostrazione di grande forza».

Esattamente come nel film di Paolo Genovese Perfetti sconosciuti: in una scena tra i personaggi interpretati da Marco Giallini e Kasia Smutniak (che nel film sono marito e moglie), lui dice quella frase meravigliosa sul saper disinnescare, sul non trasformare per forza ogni discussione in una lotta di supremazia. E che non è debole chi è disposto a cedere, anzi è saggio. E che a volte chi riesce a fare un passo indietro in realtà «sta un passo avanti».
«Spesso nelle coppie che stanno insieme da molto tempo e che vivono un momento di difficoltà si dice: “non ci capiamo più”. Ecco, son piccole crepe che si sono accumulate . In questo caso è utile non focalizzarsi sul problema ma ricordare il bello che è stato. C’è sempre un retroterra che si può richiamare e riportare in superficie».

Vale per le relazioni affettive di ogni genere. Se dovesse suggerire quattro cose indispensabili per la cassetta degli attrezzi utile per riparare la vita?
«Volontà, pazienza, tempo e flessibilità. E l’ultima è sicuramente la più importante».

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1 Comments

  1. says: antoniomereu

    Chiave a pappagallo detta beta,cacciavite bi fronte lama-croce,taglierino a lama grossa ed infine lui; il martello anima di tutti i mestieri.

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