Le croci e il CAI che vorremmo

Al seguito della grande polemica sulle croci di vetta che ha infiammato l’ultima settimana di giugno 2023, pubblichiamo questa interessante presa di posizione di Roberto Monguzzi, presidente del CAI Sezione di Milano.

Le croci e il CAI che vorremmo
(lettera aperta ai soci del CAI Milano)
di Roberto Monguzzi (Presidente CAI Sezione di Milano)

Milano, 19 luglio 2023
Care socie e cari soci,

permettetemi di ritornare, ora che il clamore si è leggermente sopito, sulla recente polemica che ha coinvolto il CAI sulla vicenda delle croci di vetta con il Ministero del turismo e gran parte delle testate giornalistiche nazionali.

Diversi soci mi hanno scritto con il desiderio di capire o, più risolutamente, addirittura manifestandomi la volontà di rinnegare la tessera. Molti istruttori e accompagnatori della nostra sezione hanno anche intravisto, nel comportamento del CAI nazionale, un profilo non corretto e non adeguato allo spirito sociale e di volontariato che ci muove. Quel che segue, e perdonerete se userò una modalità inusuale come la newsletter, vuol essere un punto di riflessione della sezione a riguardo, consapevoli che la vicenda, apparentemente spenta, potrebbe ripresentarsi in altre forme in futuro.

Foto: Tirol Werbung / Aichner Bernhard

Premetto un punto per noi fondamentale, che volutamente la parte politica ha travisato: nessuno del CAI si è sognato, né credo si sognerà in futuro, di rimuovere le croci di vetta. Mai e per nessun motivo. Sono un segno delle nostre radici culturali e storiche. Un simbolo e un valore che ha accompagnato per due secoli il nostro percorso di studio e conquista delle vette alte. Su questo occorre esser davvero lapidari e definitivi.

Potrà essere forse più comprensibile in futuro porsi delle domande su eventuali nuove istallazioni, per una visione laica dei beni naturali e comuni, di minor impatto paesaggistico per alcune forse ridondanti istallazioni recenti e per una visione che vede il vero valore dei simboli religiosi. Pensiero molto sentito anche dagli uomini di fede, e che davvero lascio giudicare alla vostra sensibilità e personale coscienza, ma che potrà esser oggetto in futuro di un più sereno dibattito fra noi soci. Questa istanza al momento non è peraltro al centro di atti o decisioni del CAI, come ufficialmente ribadito dallo stesso Comitato di indirizzo e controllo del CAI.  

Permane tuttavia nella vicenda, un’ulteriore questione che sento fondamentale condividere con tutti voi. Una questione sui tempi e sui modi delle risposte del CAI, che hanno molto indignato alcuni di voi e che merita un giusto approfondimento.

La Presidenza generale, pur confermando che non esiste un caso “croci”, con improvvida, a parere nostro, reazione alle polemiche, ha preso immediatamente le distanze da due importanti membri responsabili a diverso titolo della comunicazione del CAI: Marco Albino Ferrari e Pietro Lacasella, rei di avere riportato, sotto forma di articolo dello Scarpone, alcune conclusioni di un convegno sulle croci in vetta in Università Cattolica, alla presenza di importanti membri ecclesiastici. Conclusioni che in tono condiviso fra i relatori, sottolineavano l’importanza del simbolo della croce in vetta, ma che si interrogavano sul senso e la deriva che un uso improprio e troppo altisonante del simbolo cristiano poteva avere in futuro. Tesi legittime, interrogativi anche presenti all’interno del mondo ecclesiastico, ma che hanno dato la stura al clamore dei media e alle prese di posizione, semplicemente non veritiere, di alcuni ministri.

La Presidenza non ha tuttavia difeso i propri importanti collaboratori, derubricando il loro intervento a mero e sbagliato parere personale. Ma ancora fatto più criticabile ha chiesto preventivamente scusa al potere politico, nonostante fosse evidente la pretestuosità e la non aderenza al vero delle accuse. Promettendo altresì che in futuro il CAI chiederà, prima di esprimere idee a riguardo, il permesso al governo.

Sia chiaro il CAI è e rimane un’associazione apartitica e nemmeno in questo scritto ci permetteremo di prendere una determinata posizione politica. Analizzando in modo asettico la questione, tuttavia, non è possibile evitare di intravedere una non adeguata e sorprendente reazione  della nostra Presidenza generale che in un colpo solo ha abbandonato a loro stessi importanti esponenti della comunicazione CAI (provocando lo sciopero a seguire della redazione de “Lo scarpone”) e mostrato un CAI straordinariamente debole e succube del potere. Incapace di mostrare una linea precisa, qualunque fosse, con la giusta dignità e autorevolezza e non facendo chiarezza sulla falsa interpretazione dei fatti.

IL CAI che la nostra sezione di Milano desidera vedere in azione è invece un CAI autorevole, con proprie idee precise e capace di non farsi condizionare o irretire dal potere politico del momento, di qualunque colore esso sia. Un CAI che abbia in mente, e che cerchi di mettere in atto, ciò che è corretto per la tutela, lo studio, la fruizione e la scoperta del nostro patrimonio montano. E che lo faccia rappresentando le idee dei soci e delle sezioni, nel loro corretto dispiegarsi di proposte e suggerimenti.  Questo è il CAI che vogliamo e che la Sezione di Milano cercherà di perseguire nelle forme e nei modi democratici che la nostra associazione prevede.

In questo senso e con questo auspicio, siamo e saremo sempre a vostra disposizione per ogni vostro contributo, idea o richiesta.

Un caro saluto, Roberto Monguzzi

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10 Comments

  1. says: Carlo Crovella

    Si è già scritto troppo sull’affaire croci di vetta, per cui non mi dilungo. Encomiabile la precisazione del Presidente del CAI Milano. Tuttavia è bene sottolineare che il Presidente Generale NON ha abbandonato i suoi collaboratori. L’equivoco fra “pareri personali” e “posizione ufficiale del CAI” sul tema croci di vetta è stato innescato dal mondo mediatico generalista e gli esponenti politici da quello hanno pescato. A quel punto la precisazione del PG era doverosa, perché altrimenti restava alla storia una conclusione attribuita al CAI quando invece il CAI come istituzione non ha mani neppure affrontato il tema. Dove il PG si è lasciato prendere la mano è stato nel “chiedere scusa” al Ministro del Turismo. Si tratta di un singolo errore, non c’è dubbio, ma non così drammatico e in ogni caso non tale da suscitare l’indignazione dei soci. Anche io ho sentito e letto il parere di diversi soci che minacciano di stracciare la tessera CAI al seguito di tale “errore” (peraltro tali soci sbagliano a loro volta, perché considerano “erronea” l’intera presa di posizione del PG, mentre l’errore oggettivo riguarda solo la coda nei confronti del Ministro del Turismo). Personalmente io considero tali pareri dei soci eccessivi e privi di reale giustificazione. Il PG ha un mandato triennale, al termine del quale (maggio 2025) l’Assemblea dei Delegati, in sede elettiva, valuterà se rinnovargli il mandato oppure no. Inutile polemizzare, oggi (2023), con il PG: sono convinto che, nel maggio 2025, nessuno si ricorderà dell’affaire croci di vetta (a quel punto vecchio di due anni!) e i Delegati (quindi NON tutti i soci CAI, ma solo coloro che ne hanno diritto per volontà statutaria) sapranno valutare l’operato del PG nell’intero triennio. Abbiamo constatato che, nei mesi in cui è in carica, il PG ha già varato diverse iniziative molto positive per il CAI, a fronte di un singolo errore di comunicazione. Può darsi quindi che, a fine triennio, il bilancio della sua gestione possa essere complessivamente positivo, se non addirittura molto positivo, nonostante la “buccia di banana” su cui è recentemente scivolato. Lasciamolo lavorare in pace, il PG, senza vivisezionare ogni singola frase che dice, giorno per giorno. A questo punto, io eviterei di rinnovare la polemica sull’affaire croci di vetta, altrimenti un danno “piccolo” rischia di ingigantirsi.

  2. says: Carlo Crovella

    Volendo, ci sarebbe da scrivere molto (ma molto) di più. Infatti la sensazione è che l’episodio sia stato strumentalizzato da chi è prevenuto nei confronti dei vertici CAI.

  3. says: Carlo Crovella

    Alfio: quello di “vedere” solo quello che si vuole temo che sia un fenomeno che capita a chiunque, altrimenti avremmo tutti la stessa opinione. In ogni caso, sul punto, l’architettura normativa e statutaria del CAI è cosa oggettiva da decenni e all’assemblea dei delegati non partecipano tutti i soci CAI, ma solo i delegati, che sono un po’ meno di 1000 (mille, contro i 327.000 soci totali!) . Quindi saranno loro (i circa mille delegati, non i 327.000 soci totali) che, fra due anni, si esprimeranno in merito. Ciao!

  4. says: Giulio

    Il CAI sarà anche un’istituzione importante per molti aspetti, ma le scuse alla Ministra non sarebbero state fuori luogo, se la posizione non fosse stata politica. Un Ministero è un organo dello Stato. Il CAI è una libera associazione fra cittadini.

  5. says: Carlo Crovella

    Che il CAI sia una libera associazione di liberi cittadini e che sia “apartitica” non ci piove e, tra l’altro, mi pare anche stabilito da esplicite norme statutarie.

    Che invece il CAI sia del tutto indipendente dall’establishment istituzionale ed anche politico è una ingenuità dei nostri tempi. Quanto poco sapete del CAI!

    Il CAI è nato per volontà di un uomo politico (Quintino Sella) già coinvolto nella vita politica (poco dopo sarà addirittura Ministro in prima persona). Ora non c’è spazio e tempo (né voglia…) per ripercorrere 160 anni di storia del CAI, ma mi viene in mente un risvolto molto pertinente circa i legami CAI-mondo politico. Renato Chabod, indiscusso Accademico al di sopra di ogni sospetto, ricoprì il ruolo di Presidente Generale del CAI proprio mentre era Senatore della Repubblica in carica e addirittura Vice Presidente del Senato. Più mescolanza di così…

    A proposito di Chabod, io ho avuto occasione di conoscerlo direttamente perché la tempo mio padre era molto inserito nel CAI (tra l’altro era delegato all’Assemblea) e mi portava dietro ai vari convegni istituzionali. Ebbene Chabod, col suo metro e novanta di statura, il suo vocione stentoreo e la sua personalità che non passava certo inosservata, mica accettava che gli si facessero le pulci come oggi molti pretenderebbero di fare al PG in carica. Se per caso uno si fosse permesso di dire a Chabod che aveva commesso un “errore”… ebbene si prendeva due pedate tali da fare la trasvolata atlantica più veloce del Concorde…

  6. says: Giulio

    @Carlo Crovella
    Non intendevo la posizione politica del CAI di cui conosco bene la storia e le aderenze politiche. Mi riferivo alle motivazioni meramente politiche che hanno mosso la Ministra alle reazioni.
    E comunque riguardo Chabod sta parlando di ancien régime: il mondo è cambiato dagli anni Settanta. Le montagne crollano e i ghiacciai si sciolgono.

  7. says: Carlo Crovella

    In parte sì, in parte no. L’architettura normativa e statutaria del CAI di fatto non è cambiata. L’art. 1 dello Statuto porta ancora il nome di quintino Sella ed è rimasto inalterato in 160 anni. Inoltre non esiste nelle nostre regole la possibilità di “impeachment” (per dirla come dicono gli americani) del PG, cioè di “messa un discussione e/o destituzione” del PG in corso di mandato (a mano che sia condannato dalla magistratura per atti giuridicamente rilevanti, ma non è questo il caso). Per cui il PG starà in carica fino al maggio 2025, quando, come ho già detto nessuno si ricorderà più di questa “bagatella”, a quel punto vecchia di 2 anni. Inoltre l’eventuale ricandidature del PG per il successivo triennio sarà valutata NON da tutti i 326.000 soci del CAI, ma solo dai Delegati, che sono meno di 1.000, e che “ragionano” secondo logiche da prima repubblica (non so se mi spiego… non mi voglio dilungare in merito). Di conseguenza trovo stucchevole, in generale, che oggi i 325.000 soci CAI “non delegati” (cioè quelli che NON fanno parte dei 1.000 “delegati”) stiano a fare tutte ‘ste proteste come se il CAI fosse schiavo della Ministra in questione. Da questo punto di vista il CAI è come una federazione sportiva e quindi fa parte dell’apparato istituzionale e politico pubblico: per cui è ovvio che si tengano rapporti cordiali con gli esponenti politici. Ribadisco, l’esplicita uscita delle “scuse” è uno scivolone, non ci piove, ma non è un errore grave e non giustifica tutte ‘ste lagne dei soci, che, inoltre, non saranno chiamati a valutare l’intero triennio nell’assemblea del maggio 2025 (lo faranno solo i 1.000 delegati).

  8. says: Carlo Crovella

    Dimenticavo: degli errori commessi dai Ministri, non siano mica responsabili noi del CAI, né come soci né come PG. I Ministri rispondono a chi di dovere: il Presidente del Consiglio, il Parlamento, i loro elettori. Né spetta al Presidente del CAI sottolineare un errore commesso da uno o più Ministri. Ripeto, era meglio evitare le “scuse”, senza dubbio, ma per il resto la posizione del PG è stata quella dovuta, in considerazione del bailamme creato dal mondo mediatico generalista.

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