di Federico Rossetti, pubblicata su Redclimber il 22 agosto 2014
Devo essere sincero, la scelta di cosa fare è stava veramente sofferta! Questa strana estate ci ha fatto veramente tribolare. Se dal punto di vista del vivere quotidiano il fresco e le temperature gradevoli sono state una vera e propria goduria, il desiderio di montagna e di Alpi in particolare è stato davvero messo a dura prova. A luglio si sperava in agosto, ad agosto in mancanza di altre possibilità si è finito per accontentarsi delle brevi finestrelle di bel tempo. Molto frustrati, abbiamo a disposizione gli ultimi giorni liberi. Sulle Dolomiti e Alpi Centrali ancora brutto, non resta che la Valle d’Aosta.
Mi metto alla ricerca di qualcosa di bello possibilmente su un quattromila. Le idee non mancano ma si scontrano tutte con una dura realtà: il tempo!! Così decidiamo per la Nord del Gran Paradiso, salita bella e comoda. A primo impatto non è che mi super-ispirasse, avrei preferito una cresta varia e articolata a un pendio di neve e ghiaccio tutto uguale. Una nord sulle Alpi sarebbe comunque stata una novità, così con entusiasmo ritrovato, partiamo. Dopo pranzo siamo in Valsavarenche. Soliti preparativi e ci incamminiamo. Due orette tranquille su comodissimo sentiero e siamo allo Chabot, davanti a noi in bella vista la nord. Le perplessità prepartenza spariscono e il desiderio di salire cresce. Aspettiamo la sera facendo foto, leggendo relazioni e pianificando il domani.
Ci svegliamo presto, verso le 3.30 e passate da poco le quattro partiamo. C’è buio e procediamo alla luce delle frontali. Arriviamo al ghiaccio e inizia a schiarire. Ci leghiamo e proseguiamo lungo la normale. Saliamo superando qualche crepaccio, quindi abbandoniamo la traccia per proseguire verso il pendio della nord. Saliamo decisi sotto il crestone NW, poi traversiamo verso sinistra. La pendenza aumenta e raggiungiamo la crepaccia terminale. Sono le sette, siamo da soli e fa proprio freddo. Restiamo legati e iniziamo a salire in conserva. Superiamo la crepaccia e ci inoltriamo nella parete.
I movimenti sono davvero meccanici ma piacevoli: pianti in successione una picca, l’altra, un rampone, l’altro e via cosi fino in cima. Le pendenze non mollano mai, sui 50°. La neve è bella dura con un po’ di ghiaccio qua e là. Due orette e sbuchiamo in cresta, finalmente al sole. La cresta è molto estetica, il panorama super. In breve, siamo in vetta in abbondante compagnia. Un marasma di gente salita dalla normale che poco mi piace.
Una foto e ci allontaniamo subito per fermarci alla più tranquilla e solitaria Becca di Moncorve. È presto, fin troppo, e ci godiamo la giornata. Quando raggiungiamo il limite di sopportazione del freddo, scendiamo per la comodissima normale. Senza fretta raggiungiamo il rifugio, giusto per pranzo. Un ultimo sguardo alla via e iniziamo a scendere.