Salita al Pindars Peak

di Johnny Bertelle
Foto di Viktor Posnov
(pubblicato su Altitudini in data 18-04-2020)

I racconti di avventure spesso si accompagnano a storie di amicizie. La bellezza della natura guida e trasforma la nostra immaginazione, fissa immagini e memorie attraverso i nostri sensi, esonda carica di emozioni dai nostri occhi lucidi, crea legami che si spingono aldilà delle banalità dove, senza indugi, parli con sincerità con il cuore in mano e ti permette di ridere a crepapelle senza imbarazzi.

Pindars Peak ricorda un po’ il Cervino. Si staglia orgoglioso nel cielo, primo baluardo alle tempeste e ai venti gelidi che giungono dal Polo Sud, aldilà della curvatura dell’orizzonte. Da Franklin, nella valle dello Huon dove abito, in un’ora si arriva a Lune River, un paesino di una decina di case sparse attorno ad una piccola stazione ferroviaria che venne costruita nel 1919 per il trasporto di calcare dalla cava, ai piedi delle Southern Range, fino al molo di Ida Bay sull’oceano.

Migliaia di vermi luminosi pendono dal soffitto della grotta e ti sembra di vedere un meraviglioso cielo stellato.

Dal parcheggio della cava parte il sentiero per i Moonlight Flats e sempre da lì un altro sentiero conduce ad una grotta enorme che inghiotte il torrente Mistery Creek. Penso che nessuno abbia mai esplorato questo labirinto di caverne nella sua interezza, ma basta addentratisi per alcune centinaia di metri per rimanere a bocca aperta dallo stupore. Migliaia e migliaia di vermi luminosi (Arachnocampa luminosa) pendono dal soffitto della grotta e ti sembra di vedere un meraviglioso cielo stellato.


Dentro questa grotta, alcuni anni fa, condussi due entomologi del Museo di Scienze Naturali di Torino, erano alla ricerca di insetti ancora ignoti. Dopo un’infruttuosa perlustrazione eravamo tutti un po’ delusi, fino a quando vidi nel fascio di luce della mia torcia un insetto. Lo raccolsi e scherzandoci un po’ su lo mostrai ai ricercatori. Fu così che venne scoperta una specie di scarabeo sconosciuto all’umanità. Mi promisero che lo avrebbero chiamato con il mio nome, cosa che non fecero, ad ogni modo rimangono i loro ringraziamenti sul testo scientifico che pubblicarono.

Il sentiero sale ripido, all’inizio tra una folta vegetazione di eucalipti e poi tra varie specie autoctone. In circa 4 ore raggiungiamo un vasto altopiano con bassa vegetazione dal quale si accede ai Moonlight Flats: le cime piatte di quattro colline separate tra loro da un lieve dislivello. Lo spettacolo della natura è affascinante: migliaia di ettari selvaggi, indifferenti alle vicende umane, in cui vivono indisturbati da millenni animali timidi ed unici al mondo.

Prima della salita verso le cime de La Perouse e del Pindars Peak si apre una piccola valle con due laghi (Reservoirs Lakes) e tra questi troviamo uno spazio asciutto adatto ad ospitare la nostra tenda.
Sotto un cielo limpido e incredibilmente stellato, dopo aver ingerito avidamente la cena annaffiata da una bottiglia di vino rosso faticosamente portata fin lassù, i volti si accendono dei bagliori del fuoco e gli occhi brillano. Pian piano le parole prendono forma, prima sono solo poche frasi rivolte a noi stessi, poi, superando l’imbarazzo, quasi a neutralizzare il timore atavico dei luoghi selvaggi, investighiamo i nostri animi, sveliamo le nostre insicurezze e confrontiamo i nostri punti di vista. I ricordi di trent’anni di amicizia si allineano davanti a noi e le ragioni delle nostre azioni si fanno, man mano, meno imperscrutabili.

Al mattino una leggera brinata imbianca il fondo valle, dietro le cime vediamo alzarsi il sole e avvertiamo il suo calore. In poco tempo siamo sulla sella che porta al Maxwell Ridge: una cresta formata da enormi lastroni di dolorite dalla quale la bellezza della costa sud ovest della Tasmania ti toglie il fiato.
Precipitous Bluff e Federation Peak si ergono dall’immensità verde-blu della foresta. Le valli si intersecano in un gioco d’ombre spezzate dai riflessi argento di fiumi che si congiungono e, fuori dalla nostra vista, sfociano nell’oceano tumultuoso.

Le isole Maatsuyker, ultima lingua di terra, indicano la direzione verso il Polo Sud, di fronte al nulla che le separa dall’Antartide.

Scendiamo dalla cresta, il sentiero va verso Ooze Lake, uno specchio d’acqua circondato da piante preistoriche imparentate con altre specie che vivono in Patagonia. Sono le testimoni di un antico passato quando la Tasmania, come in un sandwich, si trovava tra l’Antartide ed il Sud America. Laghetti glaciali d’acqua colore del tè, accarezzati dalle fronde dei millenari pini di King Billy, procurano increspature che si spengono al centro del lago. Un lieve movimento, eterno, insostenibile al nostro pensiero.

La salita sul Pindars Peak si svolge tra facili rocce e massi in bilico e sulla cima si apre una vista grandiosa sull’oceano antartico. Il blu intenso dell’oceano si scaglia rabbioso e schiumante sugli scogli che vediamo 1400 metri più in basso. Tutta la costa meridionale della Tasmania è visibile da lassù: la riga bianca delle spiagge, le isole Maatsuyker, ultima lingua di terra, come un dito indicano la direzione verso il Polo Sud, di fronte al nulla che le separa dall’Antartide. Si rimane attoniti da tanta bellezza ed è solo l’umorismo di Eric che mi riporta in me.

Mi manca il suo umorismo, quel ridere irrispettoso ma cordiale, quel cercare il senso delle cose, quel cogliere il famoso attimo. Penso che a volte ci siamo riusciti Eric, o almeno ci abbiamo creduto e questo lo fa essere vero. L’ultima volta che ti ho visto eri consumato dal tumore. Ti ho promesso che ti avrei sempre tenuto vivo dentro di me, finché anche la mia fiamma non avrà più ossigeno.

La flora della Tasmania è testimone del collegamento tra la flora antartica e quella del sud-est dell’Australia. Un vasto altopiano sui 1000 metri di quota, occupa la metà dell’isola, presenta vasti laghi ed è in gran parte coperto da graminacee. Un’altra parte notevole del territorio è occupata dalle catene dei monti, in parte ricoperte di foreste. In queste foreste domina l’Eucalyptus – alcuni esemplari possono superare i 100 metri d’altezza – il sottobosco forma grovigli impenetrabili di arbusti, felci arborescenti, felci erbacee e muschi. Le vallate dei fiumi sono anch’esse rivestite di boschi, mentre nelle pianure basse a graminacee gli alberi mancano quasi completamente. Sono censite 29 specie di conifere, di cui molte endemiche.

Le foto di questo racconto sono del fotografo Viktor Posnov, autore di un magnifico reportage sulla Tasmania: www.worldwildplaces.com/tasmania
www.viktorposnov.com

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