Dopo Jerzy Kukuczka, Tadeusz Piotrowski è da considerare uno dei più grandi alpinisti polacchi. Qui facciamo focus su Tadek (diminutivo di Tadeusz), scomparso mentre scendeva dal K2 dopo aver salito la Polish line della parete sud, allora di certo la via più difficile della montagna.
Tadeusz Piotrowski
il capro espiatorio del Lhotse
di Piotr Packowski
(pubblicato in francese su climbinghistory.over-blog.com l’11 giugno 2019)
Alla memoria di Jerzy Kukuczka e Tadeusz Piotrowski. A Claude e Yves
“Et voici devant moi la montagne de mes rêves. C’est désormais la réalité. Elle se dresse devant moi : immense, extraordinaire et défiante (Tadeusz Piotrowski: Journal du camp de base du K2, luglio 1986)”.
Tadeusz alla spedizione del Lhotse nel 1974
Lhotse, illustrazione di Ryszard Kowalewski
Dai Tatra alla Norvegia
Tadeusz Piotrowski nasce a Kołki (Polonia orientale) nel 1940. Dopo la caduta di Berlino nel 1945, è applicata la suddivisione delle frontiere pianificata a Yalta. La famiglia Piotrowski è obbligata a lasciare la regione di Wołyń e a stabilirsi a Pasłęk, nella Polonia settentrionale (Varmie-Mazurie). Tadeusz inizia gli studi superiori a Szczecin, uno dei principali porti del mar Baltico, vicino alla frontiera con la Repubblica Democratica Tedesca (Germania dell’Est). Dapprima studia meccanica all’istituto di tecnologia, poi sceglie la facoltà di economia.
Comincia a praticare alpinismo all’inizio degli anni Sessanta, e subito si dimostra uno dei migliori. Nel 1967 realizza delle salite nel gruppo del Monte Banco (su Les Courtes e su Les Droites). Nel 1971 sale la Dent Blanche e la Dent d’Hérens. Dal 5 al 9 marzo 1971 sale in prima invernale la via Bonatti-Gobbi al Grand Pilier d’Angle (con Andrzej Dworak, Janusz Kurczab e Andrzej Mróz).
Poi Tadeusz frequenta le montagne della Norvegia fino a diventarne specialista. Nel 1972 effettua la prima invernale del Pilier del Trollryggen. Un anno dopo si ripete sulla Fivaruta allo Store Troltind. Nel marzo 1974 con Wojciech Kurtyka, Marek Kęsicki e Ryszard Kowalewski sale in prima invernale la via dei francesi al Trollryggen (13 giorni). Nel 1977 torna in Norvegia e sale la Rimmon route in seconda invernale.
Tadeusz al Trollryggen, prima invernale della via dei francesi, marzo 1974
Wojciech Jedliński, Rimmon route, 1977
Voytek Kurtyka, prima invernale della via dei francesi, marzo 1974
Trollryggen: da sinistra a destra, via dei norvegesi, via dei francesi, Rimmon route (via dei britannici)
Lhotse 1974
Nel 1973 Piotrowski sale con Andrzej Zawada il Noshaq 7492 m (prima invernale della montagna più alta dell’Afghanistan). E’ l’inizio della grande epopea polacca delle invernali sulle più alte montagne del mondo.
Durante la stagione 1974/1975 Zawada organizza la prima spedizione invernale in Himalaya. L’obiettivo è il Lhotse. I partecipanti a questa impresa sono selezionati al meglio e Tadeusz si qualifica. In quella spedizione ci sono anche un giovane Voytek Kurtyka e Andrzej Heinrich.
La spedizione ha un budget consistente: il ministero dello sport finanzia una parte, il resto proviene da Julian Godlewski, un milionario d’origine polacca e residente in Svizzera.
Anche la televisione polacca partecipa al finanziamento e contribuisce con una somma importante in dollari. Ma a condizione che un suo regista, accompagnato da un cameraman, possa partecipare alla spedizione. E’ scelto così Jerzy Surdel, alpinista già affermato e regista di film di montagna, già premiato al festival di Trento (Vedi Actus du GHM, 17 dicembre 2018).
Tadek Piotrowski e Andrzej Zawada dopo la prima invernale al Noshaq
Everest e Lhotse, illustrazione di Ryszard Kowalewski
Stanisław Latałło
Stanisław Latałło, destino o negligenza?
La televisione polacca impone il suo cameraman: Stanisław Latałło, un giovane operatore uscito da poco dalla famosa scuola di cinema di Łódź. Che però non è alpinista: per lui, prima di partire, fanno un corso nei Tatra per dargli i primi rudimenti. Nel 1974 Latałło ha 29 anni. Seppure del tutto principiante, è affascinato dalla disciplina alpinismo. Con questa era venuto a contatto nel 1973, mentre girava il film Illumination con il grande cineasta polacco Krzysztof Zanussi.
Lì interpretava il ruolo principale, quello d’uno studente in fisica alla ricerca del senso della propria vita. In questo percorso, il protagonista comincia a praticare alpinismo. Una scena del film è girata al rifugio di Morskie Oko, nel cuore dell’alpinismo polacco. E’ in scena un incidente mortale e la vittima è trasportata di notte fino al rifugio. Stanisław Latałło, alias Franciszek Retman nel film, va ad osservare la salma in piena notte per comprendere il mistero della morte. In seguito, certi alpinisti polacchi diranno che quella scena era stata premonitrice per il giovane operatore-attore.
Tadeusz Piotrowski e Voytek Kurtyka al C3 in attesa di un miglioramento del tempo, Lhotse, dicembre 1974
Salita e tragedia
Una volta in Nepal la spedizione di Zawada si mette al lavoro. Il tempo stringe, perché il permesso per la cima scade il 31 dicembre. In tre settimane stabiliscono fino al campo 4. Il 16 dicembre 1974 Latałło, Piotrowski e Surdel si preparano per partire dal campo 3 a 7300 m. Piotrowski e Surdel sono ben acclimatati, Zawada pensa che possano fare l’attacco alla cima. Prima della loro partenza, in presenza di testimoni, il leader interpella Piotrowski: «Tadeusz, sei responsabile di Stanisław». Piotrowski accetta, ma non vede di buon occhio la presenza di un principiante a quelle altezze e per di più in inverno. I tre alpinisti partono per il C3 et passano una notte bestiale, sotto una bufera continua. Tanto che la mattina dopo decidono di scendere.
Piotrowski incomincia le doppie per primo, seguito da Latałło, il cameraman. Surdel scende per ultimo. Ma si attarda a scendere a sua volta per tornare al C3 e sistemare un rampone difettoso. Mezz’ora più tardi ritorna alle corde fisse e trova Latałło senza vita attaccato a una corda con uno jumar.
I polacchi pensano all’abbandono, ma decidono di continuare. Il corpo di Stanisław è deposto in un crepaccio vicino al luogo del suo decesso. Il giorno di Natale, Heinrich e Zawada riprovano l’attacco finale, ma sono costretti ad abbandonare a 250 metri dalla vetta.
I trattini indicano il luogo della tragedia
La vicenda: congiura alla polacca
Al ritorno in Polonia Andrzej Zawada deve render conto dei fatti. Il documentario girato da Latałło e Surdel salva l’onore degli alpinisti polacchi e ha un grande successo. Il carattere drammatico delle circostanze, “le terribili condizioni e lo sforzo sovrumano degli alpinisti” giocano un ruolo essenziale.
Surdel nel suo film sottolinea il fatto che l’altitudine di 8000 metri d’inverno fosse stata per la prima volta superata dall’uomo.
Ma al tempo stesso, le cose si complicano per Piotrowski, perché la federazione polacca apre a suo carico una procedura disciplinare.
I verbali del dibattito presso la commissione disciplinare ricordano i processi dell’epoca di Stalin. Una vera coalizione anti-Piotrowski ha origine in seno alla PZA (federazione alpinistica polacca) perché occorre evitare lo scandalo e risparmiare Zawada. In questa commissione è, tra gli altri, Janusz Onyszkiewicz, futuro oppositore del regime socialista e membro di Solidarność, che più tardi ancora, diventerà Ministro della Difesa.
Piotrowski fu giudicato colpevole della morte di Latałło ed espulso dalla PZA. Il club di Piotrowski a Szczecin approva questa decisione che ricorda l’Inquisizione. Motivazione: l’abbandono di un compagno più debole e la pratica da parte di Tadeusz di un alpinismo “a suo modo”. Andrzej Paczkowski, leader carismatico della PZA, firma l’espulsione. In tutto ciò Zawada non ebbe problemi e ne uscì pulito.
L’ambiente alpinistico polacco è diviso. Molti pensano che Piotrowski sia diventato il capro espiatorio della spedizione perché l’inesperto cameraman mai avrebbe dovuto essere a quella quota. Per altri, un’ancora differente versione andrebbe presa in considerazione: il solo responsabile della tragedia avrebbe dovuto essere il capo-spedizione Andrzei Zawada!
Nel suo libro Mój pionowy świat (Il mio mondo verticale, Versante Sud), Kukuczka scrive: «C’è stato un periodo in cui bisognava sempre rtrovare un colpevole».
Tadeusz ricorse in appello e fu sostenuto da un suo vecchio compagno di cordata, Zdzisław Prusisz, che ricordò l’altruismo di Tadeusz e il suo spirito cameratesco.
Fu costituita una nuova commissione disciplinare, composta da alpinisti molto esperti di alte quote, tra cui Bogdan Jankowski (Actus du GHM, 27 maggio 2019). Nello stesso momento, qualche membro della PZA prende coscienza di quell’ingiustizia e conclama apertamente la parte di responsabilità di Surdel e di Zawada in quella vicenda tragica. Alla fine si trovò un compromesso: la commissione richiama nella sua decisione le circostanze attenuanti, l’inesperienza di Latałło e la non presentazione di un certificato medico che lo autorizzasse a praticare alpinismo d’alta quota.
Piotrowski fu sospeso per due anni da socio della PZA. Ma non ci fu nessuna prosecuzione nei confronti di Surdel e Zawada le cui responsabilità caddero alla fine nel dimenticatoio della storia…
Ryszard Kowalewski, compagno di Tadeusz (direttissima francese del Trollryggen, Rakaposhi in Pakistan) racconta: «Tadeusz era un tipo formidabile, un vero duro. Quando era in collera si esprimeva con violenza. Ricordo di un episodio al Trollryggen: Voytek Kurtyka et Marek Kęsicki nella nostra cordata erano i “giovani talenti”. Volevano essere in testa sempre loro, e non gli piaceva l’installazione dei bivacchi e delle corde fisse, la cucina e il trasporto dei materiali. Alla fine Tadek esplose in imprecazioni irripetibili. E così tutto si è sistemato. Tutti al lavoro, senza che nessuno protestasse più».
Qualche anno dopo, nel 1978 e proprio in una ben innaffiata notte di san Silvestro al rifugio di Morskie Oko negli Alti Tatra, Jerzy Surdel mi ha raccontato: «Mi sento responsabile della morte di Staszek (diminutivo di Stanisław). Sono ritornato alla tenda del C3 per riparare il mio rampone, volevo anche passarci la notte. Non ho trovato fiammiferi e mi sono detto che senza una bevanda calda non avrei mai potuto superare un’altra notte di tempesta. Ho trovato Latałło esanime accasciato sulla corda. Non era in posizione di discesa. Forse si era preoccupato della mia assenza e voleva risalire». In seguito Jerzy Surdel ricordò questo episodio nel suo libro.
Tadeusz al Rakaposhi
Il dopo
Tadeusz Piotrowski digerisce un po’ bene e un po’ male la sua umiliazione. Si rivolge ad altri club e trova compagni all’estero. Continua a scrivere per riviste straniere ed edita più libri, organizzando anche molte mostre fotografiche in Polonia e in Europa.
A parte il Noshaq d’inverno, realizza le seguenti ascensioni:
1973 – Pic Communisme
1978 – Tirich Mir East, prima ascensione
1979 – Rakaposhi, seconda ascensione
1980 – Distaghil Sar East, prima ascensione; Yazghil Dome, prima ascensione
1983 – Monte Api, prima ascensione invernale
Tadeusz partecipa anche a due spedizioni al Nanga Parbat.
Non ci sono più: Wanda Rutkiewicz, Jerzy Kukuczka, Liliane e Maurice Barrard e Michel Parmentier al campo base del K2 nel 1986
Rutkiewicz, Escoffier, Kurtyka, Loretan, Béghin, Scott e Messner, Castello di Juval
K2 1986
Il 1986 è l’anno maledetto del K2. Durante l’estate, tredici alpinisti lasciano la vita sulla seconda montagna della terra:
John Smolich – americano – valanga, 21 giugno
Alan Pennington – americano – valanga, 21 giugno
Liliane Barrard – francese – sfinimento, 24 giugno
Maurice Barrard – francese – sfinimento, 24 giugno
Tadeusz Piotrowski – polacco – caduta, 10 luglio (in discesa dalla vetta dopo la Polish Line)
Renato Casarotto – italiano – caduta in crepaccio, 16 luglio
Wojciech Wróż – polacco – caduta da corda fissa, 3 agosto (in discesa dalla Magic Line)
Muhammad Ali – pakistano – caduta di pietra, 4 agosto
Julie Tullis – britannica – sfinimento 7 agosto
Alan Rouse – britannico – sfinimento, probabilmente il 10 agosto
Hannes Imitzer – austriaco – sfinimento il 10 agosto
Alfred Wieser – austriaco – sfinimento il 10 agosto
Dobrosława Miodowicz-Wolf – polacca – sfinimento il 10 agosto
Piotrowski e Kukuczka nella pozza d’acqua calda di Chongo, prima di Askole
Polish Line
Piotrowski aveva partecipato a più spedizioni su Ottomila ma, come disse poi Kukuczka, non aveva avuto fortuna. Un’occasione si presenta nel 1986. Karl Herrligkoffer invita Tadek con un compagno di sua scelta alla sua spedizione al K2. Piotrowski accetta e telefona subito a Kukuczka, il suo compagno del Tirich Mir. Jurek ne fu entusiasta: «Tadek era una macchina da guerra. Ammiravo la sua resistenza sia fisica che psichica».
Kukuczka s’accorge presto che la spedizione del leader tedesco è una buffonata. I partecipanti sono guide alpine austriache, tedesche o svizzere, senza esperienza né motivazione. Herrligkoffer parla a Kukuczka della via normale, e questi gli accenna invece al suo progetto della parete sud. Il leader accetta sapendo che gli altri non ne saranno mai all’altezza. Ordina nondimeno ai suoi uomini di aiutare il tanden polacco. Sono molti a rifiutare, preferendo rivolgersi alla via normale. Karl Herrligkoffer perde così ogni autorità e lascia il campo base in elicottero.
Jurek (Kukuczka) e Piotrowski si ritrovano così in quattro con il tedesco Toni Freudig e lo svizzero Diego Wellig. Attaccano la parete sud del Chogori (il nome baltì del K2) e raggiungono i 6400 m di altezza. Kukuczka conosceva già la parete: qualche anno prima aveva tentato e rinunciato in compagnia di Voytek Kurtyka. Jurek e Tadek vanno verso la barrier di seracchi e trovano una possibilità di passaggio, ma sono costretti a scendere per il cattivo tempo. Diego e Toni abbandonano.
Dieci giorni dopo Jurek e Tadek tornano in parete. Raggiungono la quota di 8200 m al quinto giorno di salita. Il sesto lasciano il luogo di bivacco con il materiale ridotto al minimo: due corde di 30 m e qualche chiodo. Raggiungono la vetta del K2 l’8 luglio. Dopo aver bivaccato a 8300 m i due scendono al C4, dove trascorrono l’intera giornata, sfiniti. Il 10 mattina, poco sotto la Spalla, Piotrowski perde un rampone: nel tentativo di mantenersi in equilibrio, perde anche il secondo, e precipita. Il suo corpo non viene mai ritrovato. Diventa la quinta vittima del K2 nel 1986. Per lui il K2 era il primo Ottomila, mentre per Jurek era l’undicesimo. Kukuczka morirà a sua volta il 24 ottobre 1989 sulla parete sud del Lhotse.
E’ questo il primo itinerario aperto da alpinisti polacchi sul K2 nel 1986. Lo battezzano Polish Line. Anche il secondo, la Magic Line, si conclude con una tragedia: Wojciech Wróż cade in discesa da una corda fissa del Collo di Bottiglia e scompare. La vetta era stata raggiunta il 3 agosto dallo stesso Wróż, con Przemysław Piasecki e il cecoslovacco Petr Božik.
Jozef Nyka (membro del GHM) scrive: «Di recente ho sentito delle critiche da parte di Kurtyka verso Jerzy Kukuczka. Ma bisogna essere chiari: l’itinerario Kukuczka-Piotrowski al K2 vale almeno cinque Piolets d’Or».
Polish Line (via n° 2), Magic Line (via n° 1) e via dei Baschi o via Česen (via n° 3)
Jurek Kukuczka sui pendii del K2 nel 1986
Tadek Piotrowski in cima al K2
Epilogo
Molti anni dopo la morte di Tadek, i suoi amici domanderanno alla PZA che il titolo di membro d’onore gli sia attribuito a titolo postumo, ma senza successo.
Lo scorso aprile 2019 il Club Alpin des Explorateurs di Sopot (di cui Tadek era membro) presenta una seconda domanda, ma anche questa è rigettata. La PZA trova un motive formale di cui non c’è traccia nel suo statuto: il titolo di membro onorario non può essere conferito se sono passati più di tre anni dalla morte dell’interessato. Questa commissione era composta da Anna Okopińska, Aleksander Lwow e da Janusz Majer.
La parola fine
La federazione polacca ha rifiutato di rendere onore a uno dei suoi più illustri membri appellandosi a una motivazione ridicola. E’ increscioso il giudizio dato dai tre famosi himalaisti polacchi, una questione di coscienza.
I tre si sono nascosti dietro ai testi e hanno ancora una volta condannato un uomo eccezionale, e nello stesso tempo protetto ancora una volta i veri colpevoli della tragedia del Lhotse.
Ho avuto occasione di incontrare Tadek una sola volta a Morskie Oko. Nel 1979 avevo scritto una breve poesia dedicata proprio a lui: «Sur la planète des rêves piétinés, existent les Montagnes Bleues (sul pianeta dei sogni calpestati esistono le Montagne Azzurre)».
Ringraziamenti
Grazie a Bogdan Jankowski (RIP), Ryszard Kowalewski e a Danuta Piotrowska per avermi messo a disposizione il loro archivio di foto storiche.
Tadek al C3 del Lhotse nel dicembre 1974
Un sogno sfigurato