di Toni Farina
Nella cerchia (purtroppo ristretta) di quanti si occupano per professione o per passione di natura ha suscitato interesse e soddisfazione la notizia che il gipeto (Gypaetos barbatus) continui ad apprezzare la Valnontey (Valle di Cogne) come luogo di nidificazione.
Dal comunicato del Parco Gran Paradiso:
«Il gipeto prosegue la sua nidificazione in Valle di Cogne. La coppia di gipeti nidificanti a Cogne che già negli scorsi anni ha portato sette giovani all’involo, ha scelto nuovamente le pareti rocciose della Valnontey per realizzare il suo nido, motivo per il quale è stata istituita una zona di protezione in quanto il gipeto è una specie particolarmente sensibile alla presenza umana e risente in misura maggiore del disturbo che possiamo arrecare. L’ultimo nato è stato battezzato Refrain (auguri auguri). Nella zona di protezione, al fine di ridurre il disturbo dei siti di nidificazione, è proibito: l’accesso all’area, anche per le attività di osservazione ravvicinata e per foto o riprese, l’uso dei droni, oltre al divieto di arrampicata su alcune cascate di ghiaccio (coinvolte dalla zona di protezione sono quelle denominate: Gusto di Scozia, Flash estivo e flash estivo-colonnata centrale, Fiumana di Money, Fallo di Plutone, Coupé Money-Mistiria e Coupé Money variante, Cascata della pazienza, Cascata della rassegnazione, Meeting 2000, Sweet Valentina, Voglia di tenerezza)».
Tutto questo perché:
«È importante garantire il massimo della tranquillità e ridurre al minimo il disturbo, così da lasciare i gipeti liberi di svolgere le attività di cura del nido. Il sito di nidificazione della Valnontey si colloca in un complesso rupestre intensamente frequentato, in periodo invernale, dagli appassionati di arrampicata su ghiaccio. Questo fatto, unito alla sensibilità ai disturbi che l’avvoltoio manifesta nella fase riproduttiva (estesa dal tardo autunno ad agosto), ha richiesto, da parte dell’Ente Parco, di attuare le limitazioni previste dalle misure minime di conservazione regionali per i Siti di Importanza Comunitaria, obbligo necessario in quanto il gipeto è protetto a livello europeo e, con lo status di specie vulnerabile, è inserito nella “Red List” dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN)».
Forse mi sbaglio, ma è l’unico caso in cui l’Ente Parco nazionale Gran Paradiso adotta un provvedimento “espressamente” limitativo della fruizione turistica all’interno di una zona di propria competenza (esclusi gli opportuni limiti all’introduzione di cani, possibile solo in appositi percorsi). “Attuare limitazioni”, ovvero porre limiti, è una questione spinosa. Nei miei 5 anni di consiglio direttivo, è una questione che è passata sempre sotto traccia, causa di malumori. Ricordo in particolare l’ultima seduta, nella quale si adottò il regolamento del parco, la mia richiesta di “porre limiti”, peraltro molto soft, ad alcune attività (fruizione invernale, bici sui sentieri) non fu presa in considerazione (anzi), sostenendo che eventuali limiti si dovevano demandare a situazioni contingenti. Nel Parco Gran Paradiso, nonostante il secolo di vita, o forse proprio per questo, è tutt’ora mancante una riserva naturale integrale. Il provvedimento “gipeto” tuttavia da alcuni anni in qua di fatto la istituisce, seppure in via forse temporanea, legata appunto a una situazione contingente.
La decisione è stata fin da subito necessariamente e opportunamente concordata con gli operatori locali. E lo stesso comunicato conclude affermando che:
«Accanto alle azioni di protezione sono in programma attività di divulgazione e di sensibilizzazione, tese a far comprendere l’importanza della conservazione di questa specie così come della diversità biologica all’interno dell’area protetta. della natura, in particolare all’interno di un parco nazionale».
Giustissimo, creare cultura. Perché alla fine della fiera sempre di cultura di tratta. Quella cultura della natura così carente nel nostro Paese.
Capire che sopravvivenza di Gypaetus barbatus e di Homo sapiens non sono questioni disgiunte.
Creare cultura ambientale e sensibilizzare sulla necessità di porre limiti all’invasività umana è il fine del Progetto “Monveso Montagna Sacra per la Natura”. Un progetto che nell’Ente Parco nazionale Gran Paradiso, e a Cogne in particolare, nonostante l’esempio del prato di Sant’Orso, ha avuto finora ben scarsa considerazione. Ma la discussione continua, anche grazie a Refrain.