di Toni Farina
P.S. – Pre Scriptum: «Che c’entra la Montagna Sacra con i limiti di velocità?» qualcuno si starà chiedendo. C’entra, eccome: perché il senso del limite che il Monveso di Forzo con il progetto della “Montagna Sacra” fa suo è lo stesso che nel principio da innumerevoli parti viene frequentemente invocato e da altrettante parti viene sistematicamente violato. E, probabilmente, ciò che ci porta a infrangere i limiti che dovrebbero regolare la quotidianità condivisa è lo stesso impulso che ce li fa ignorare altrove, anche sulle montagne, anche nel loro ambiente così delicato. Limiti che sovente deridiamo, pure, convinti che la vera conquista della civiltà umana, ciò che la definisce veramente, sia superare costantemente un limite dopo l’altro, sempre più di corsa, sempre meno attenti a cosa si supera.
Auto, velox!
Un paradosso, una dei tanti paradossi italici. I controlli di velocità sulle strade: sei avvisato in tempo utile a rallentare, per cui in realtà lo scopo, il vero scopo, viene meno. Ammettiamolo, non è una cosa seria. Anzi, a dire il vero, a essere sinceri fino in fondo, si tratta di una buffonata. Una delle tante che caratterizzano un Paese dove il rispetto delle regole è un optional. Passata la sorpresa iniziale, il breve periodo in cui le multe fioccano, grazie ai social la notizia circola e le multe diventano un’esclusiva dei non habitué o dei distratti (cavolo, l’autovelox!). Il risultato quotidiano è una colonna di auto che frena all’unisono, salvo riprendere l’andatura abituale poco dopo. Più pericoloso che utile, insomma. E neppure serve più di tanto a rimpinguare le agonizzanti casse dei comuni, cosa che peraltro sarebbe anche opportuna.
In opposizione agli autovelox sono nati gruppi agguerriti e organizzati, con tanto di pagina Facebook. Followers a manetta. E ha fatto notizia l’accaduto di Cadoneghe, nel padovano, dove alcuni fra i multati sono passati alle vie di fatto, mettendo fuori uso le apparecchiature. Nel padovano, l’operoso nord est, dove fra un campanile, un capannone e una villetta la velocità è denaro. Il tempo è denaro, non basta mai, e le regole “ci vogliono” certo, ma prima ci vuole il buon senso…
Probabilmente non ho avuto buon senso quella volta che ho avuto a che dire con un corriere parcheggiato sulla ciclabile «Che c…o vuoi, io lavoro!», la sua replica veemente. Il fatto che io andassi a lavorare era irrilevante. Lui doveva consegnare – che so – un aggeggino elettronico ordinato su Amazon, immagino atteso con trepidazione da almeno due giorni. Un farmaco salva vita.
E forse era così.
Si corre insomma. Sulle strade così come sui sentieri tra i monti. Nel tempo che si definisce “libero”.
“Progresso scorsoio”, così definiva questo modello socio economico il poeta veneto Andrea Zanzotto, ispirato dalla sua regione. Ci manca Zanzotto, e ci manca pure Francesco di Giacomo, la sua voce unica:
E ora io domando tempo al tempo ed egli mi risponde non ne ho!
Il concept album si intitola Darwin. Il tema è l’evoluzione. A che punto siamo arrivati?
La velocità è veramente un valore molto STRANO di questa civiltà. Perché andare più veloci? ne nascono solo guai, morte, disperazione. Ma pochi se lo chiedono. I tibetani lo avevano ben spiegato ad Harrer durante la sua traversata per raggiungere Lhasa, mentre in Europa infuriava la guerra. Poi ho visto nominare Darwin: con tutto il rispetto per il brillante naturalista inglese, il primo a teorizzare l’evoluzione biologica in termini occidentali è stato Jean Baptiste de Lamarck, 50 anni prima di Darwin. Quello che si vuole propagandare in continuazione è il meccanismo di “competizione e selezione” tanto caro alla civiltà industriale. Ved.: L’evoluzione (ariannaeditrice.it)
http://www.ariannaeditrice.it/articoli/competizione-e-selezione
http://www.ariannaeditrice.it/articoli/l-evoluzione