Cosa fare a Punta Giglio?

Non solo le Dolomiti registrano crolli rocciosi e non solo in Dolomiti nascono aspre polemiche fra due modi alternativi di “vedere” il territorio. È una contrapposizione cui dobbiamo abituarci, perché i caratteri sempre più stridenti fra le due visioni tenderanno a confluire in scontri particolarmente aspri.
Se non ci convinciamo tutti che la tutela assoluta dell’ambiente è il prerequisito per conservare una nostra esistenza confortevole, assisteremo all’infittirsi di zuffe del genere, che però ricordano tanto i famosi capponi di Renzo.
Ci si concentra sulle polemiche e intanto il pianeta va a rotoli, finché non avrà più le caratteristiche per la sopravvivenza agevole della specie umana (Carlo Crovella).

Di Punta Giglio ci siamo già occupati due volte:
https://www.sherpa-gate.com/altrispazi/albergo-a-punta-giglio-truccato-da-foresteria/, il 29 settembre 2021
https://www.sherpa-gate.com/altrispazi/punta-giglio-diventa-zona-speciale-di-conservazione/, il 20 ottobre 2021

Imbrigliare le falesie di Punta Giglio (Alghero)
(è così che il progresso avanza?)
di Federico Boero (zoologo)
(pubblicato su ilfattoquotidiano.it del 1 settembre 2023)

Le Dolomiti crollano! Ogni anno l’acqua di pioggia penetra negli interstizi delle rocce e d’inverno gela. L’acqua si espande quando si solidifica (come sa chi ha dimenticato una bottiglia nel freezer) e, invece di spaccare la bottiglia, spacca la roccia. Anno dopo anno le rocce frantumate cadono alle pendici delle Dolomiti, formando i ben noti ghiaioni. I massi che cadono dalle montagne sono un pericolo per gli escursionisti, per non parlare di questa erosione che prima o poi toglierà bellezza alle montagne più belle del mondo.

Per far fronte a questo disastro l’assessore al turismo ha proposto un piano di imbrigliamento dolomitico, ad iniziare dalle tre Cime di Lavaredo.

L’assessore, all’uscita dalla riunione, era atteso da un’autoambulanza chiamata dal presidente della provincia subito dopo la lettura del progetto. Imbrigliato in una camicia di forza, con ancora in mano il piano di risanamento, l’assessore è stato trasferito oltre confine, dove ancora operano i manicomi, per impedirgli di danneggiare ulteriormente la cosa pubblica.

Questa assurda storiella è ovviamente frutto della mia fantasia, nessuno si sogna di imbrigliare le montagne perché crollano i massi: è un fatto naturale.

Bene, ora cambiate Dolomiti con Falesie di Punta Giglio ad Alghero ed eccoci calati nella realtà. Nessuno ha chiamato l’ambulanza e il progetto si farà, a quanto pare. La falesia crolla, come tutte le falesie che si rispettano… Le falesie sono il frutto di erosione ed è normale che si stacchino massi dalle loro pendici, proprio come avviene sulle Dolomiti. Già, ma sotto la Falesia di Punta Giglio i turisti nautici amano sostare per fare un bel bagno ed è programmato un campo boe dove le imbarcazioni possano essere ormeggiate senza dover gettare l’ancora, danneggiando la biodiversità dei fondali.

Sono favorevolissimo ai campi boe e anche al turismo nautico ma, con tutto il Mediterraneo a disposizione, bisogna andare proprio sotto le falesie di Punta Giglio?

Basterebbe mettere una serie di piccole boe per indicare il tratto soggetto a frana, in modo da avvertire che lì non si deve andare, a causa della naturale caduta di massi. Si tratterebbe di un OECD (Other Effective Conservation Measure): una misura che, indirettamente, contribuisce alla conservazione efficace, visto che nella zona per noi pericolosa non si possono mettere in atto attività antropiche di ogni tipo e, quindi, l’ambiente viene lasciato in pace.

Tra l’altro, nelle aree soggette a questo tipo di erosione, spesso la biodiversità si esprime in modi originali e a Punta Giglio è protetta da norme nazionali e internazionali per la presenza di habitat e di specie botaniche e faunistiche d’interesse comunitario.

Astruse sigle derivanti dalla Direttiva Habitat e Uccelli dell’Unione Europea sanciscono una ZPS (Zona di Protezione Speciale) e una ZSC (Zona Speciale di Conservazione), entrambe inserite nella Rete Natura 2000 dell’UE, la rete di aree protette sancite a livello europeo e gestite dalle regioni.

Ci sono località analoghe anche in Salento, lungo la magnifica strada costiera che unisce Otranto a Santa Maria di Leuca. La caduta di massi, in certi tratti, ha richiesto imbrigliamenti, e lo stesso avviene nelle strade di montagna. Nessuno è così folle da pretendere che una strada si interrompa perché le frane non si devono toccare: sono un fenomeno naturale, ma la sicurezza pubblica impone misure di contenimento.

Mi direte: ma perché costruire infrastrutture dove c’è pericolo di crolli? A volte si tratta di opere “storiche”, realizzate tanto tempo fa. Come la ferrovia adriatica, costruita sulla spiaggia per centinaia di chilometri e poi protetta dall’inevitabile erosione costiera con una massicciata anch’essa di centinaia di chilometri. Chi l’ha progettata non ha tenuto conto che i litorali sono dinamici…

Nel caso di Punta Giglio, però, non ci sono infrastrutture. La logica è al contrario. Il sito è pericoloso per l’utilizzo umano (ma è proprio questa pericolosità per noi che lo rende prezioso per la biodiversità) così, per favorire l’utilizzo umano (il campo boe), lo mettiamo in sicurezza e poi andiamo a fare il bagno, in barca, sotto quelle bellissime rocce.

Bellissime, ma per poco! Le rocce pericolanti saranno fatte cadere, si rimuoveranno le cause dell’unicità della biodiversità di quel sito, si pianteranno perni nelle rocce più stabili e la falesia sarà imbrigliata: una meraviglia!

Se poi non dovesse bastare si potrebbero costruire dei contrafforti di cemento armato, così il problema sarebbe risolto definitivamente. Già che ci siamo si potrebbe anche costruire una bella piattaforma, sempre di cemento armato, sotto alla falesia oramai in sicurezza, così chi arriva in barca potrebbe scendere a terra e fare un barbecue col pesce appena pescato.

Anche questa proposta cementifera è frutto della mia immaginazione, ma la messa in sicurezza della falesia è, purtroppo, una proposta reale. Come reale è la raccolta firme per salvare la falesia.

Non ho firmato la petizione, e non la firmerò, perché sono contrario alle raccolte firme di ogni tipo. Penso che queste cose le dovrebbe risolvere la politica o, in assenza di politica, la magistratura, oppure le procedure d’infrazione che l’UE mette in atto quando si infrangono le sue regole, peraltro recepite dagli stati membri che, quindi, ne riconoscono la validità. I politici dovrebbero esprimersi prima delle elezioni sulla loro posizione rispetto a queste iniziative, ma avrebbero la certezza di perdere se dovessero esprimersi a favore dell’ambiente. Come è avvenuto a un candidato alle regionali sarde che aveva incautamente rivelato l’intenzione di difendere le coste dalla cementificazione: spazzato via dal voto.

Tra Gesù e Barabba la folla si ostina a scegliere Barabba: la falesia e la sua biodiversità hanno le ore contate e il campo boe si realizzerà: il progresso avanza. Democraticamente.

La falesia di Punta Giglio va messa in sicurezza
(questione di tutela pubblica e ambientale)
di Mariano Mariani, direttore dell’Azienda speciale Parco di Porto Conte
(pubblicato su ilfattoquotidiano.it il 13 settembre 2023

Ancora una volta Punta Giglio viene portata agli onori della cronaca nazionale, con notizie distorte e fuorvianti. Come già successo per un passato articolo del noto geologo e conduttore televisivo Mario Tozzi che, dopo aver approfondito e visitato il sito oggetto della sua critica, dovette ritrattare, ora è la volta del titolato prof. Ferdinando Boero, zoologo ed ecologo marino di fama internazionale, che sul blog de ilfattoquotidiano.it ironizza e critica fortemente l’intervento di messa in sicurezza della falesia di Punta Giglio promosso dall’Area marina protetta Capo Caccia – Isola Piana.

Posto che ci si dovrebbe attendere massimo rigore ed oggettività da un uomo di scienza come il prof. Boero, mi permetto di chiedergli: si è preoccupato di approfondire le carte progettuali e le conseguenti finalità, termini, modalità, autorizzazioni del progetto in argomento? O come un semplice qualunquista si è espresso solo per “sentito dire” cose a lui riferite, dai soliti protagonisti locali molto interessati strumentalmente a conquistare spazi di visibilità (nell’imminenza delle prossime elezioni regionali e comunali in Sardegna) e approfitta, ex cathedra, dei suoi titoli per sparare sentenze di condanna su chi opera con scienza e coscienza, nel pieno rispetto delle leggi del nostro Paese?

Se il prof. Boero avesse approfondito, o avesse ancora desiderio di farlo, come fece Mario Tozzi, a cui va riconosciuta piena onestà intellettuale, siamo certi che i suoi ragionamenti sarebbero diversi e molto più sensati. L’errore più macroscopico che commette, a parte le ingiurie gratuite di ‘malati di mente’ che rivolge ai vertici del Parco, è quello di ritenere che, pur essendo “… favorevolissimo ai campi boe e anche al turismo nautico”, nella sua personale concezione di aree protette non sia contemplata alcuna attività antropica, tanto che testualmente afferma: “Basterebbe mettere una serie di piccole boe per indicare il tratto soggetto a frana, in modo da avvertire che lì non si deve andare, a causa della naturale caduta di massi… una misura che, indirettamente, contribuisce alla conservazione efficace, visto che nella zona per noi pericolosa non si possono mettere in atto attività antropiche di ogni tipo e, quindi, l’ambiente viene lasciato in pace”.

Non solo il prof. Boero ignora il fatto che le attività ricadono in zona B della AMP, dove le attività antropiche (pesca, turismo nautico, diving e immersioni in grotte sommerse…) possono essere ammesse e autorizzate dall’ente gestore, ma, non conoscendo i luoghi, ignora soprattutto che quel tratto di mare, nonostante le necessarie boe di segnalazione dell’AMP e l’esistenza di una ordinanza interdittiva della locale Capitaneria di Porto, continua ad essere molto frequentato dall’uomo (spesso senza alcuna autorizzazione) con i conseguenti ipotizzabili rischi (più utile alla causa sarebbe stata una riflessione sul fatto che, per carenza di risorse, spesso le forze dell’ordine non riescono ad assicurare i necessari controlli nelle aree protette).

Se conoscesse il prof. Boero le questioni sarde, inoltre, saprebbe che proprio nello scorso mese di agosto, in piena stagione balneare, una ragazza di 28 anni è morta in un tratto di mare della costa di Baunei, pur interdetto alla balneazione per una ordinanza della Capitaneria di Porto, per l’improvviso crollo di un albero dal costone che sovrasta la spiaggia che l’ha travolta senza lasciarle scampo. O cosa dire dei recenti crolli avvenuti a Camogli o nelle Cinque Terre a Corniglia sotto gli occhi increduli di turisti e bagnanti, fortunatamente senza vittime, ma con dirigenti ed amministratori indagati per la mancata messa in sicurezza del costone?

Piaccia o non piaccia all’esimio prof. Boero, il realismo gestionale che caratterizza l’attività dell’AMP ha portato a ritenere che piuttosto che combattere battaglie perse per fare rispettare divieti, fosse molto più serio e responsabile, con tutti i possibili accorgimenti di massima riduzione degli effetti ambientali, mettere in sicurezza la falesia che sovrasta quel tratto di mare, come si fa per una comune infrastrutturale stradale, consentire la rimozione della interdizione esistente e disciplinare in modo attento e sostenibile le attività umane che in quel tratto di mare possono essere autorizzate.

Un intervento impegnativo per il quale ci sono voluti anni di faticoso lavoro per fare tutto a regola d’arte e nel rispetto della nostra complessa normativa, ottenendo tutte le necessarie autorizzazioni da oltre dieci enti pubblici coinvolti a vario titolo in conferenza di servizi. Sono tutti da interdire questi enti pubblici della Sardegna che hanno autorizzato l’AMP a fare l’intervento?

Caro prof. Boero, il problema della sicurezza pubblica e della tutela ambientale in quel tratto di mare a forte presenza antropica esiste ed è concreto; ed è per questo che si è deciso di fare quelle opere sulla falesia e, nel contempo, di mettere delle boe per le attività umane autorizzabili perché sostenibili. Purtroppo, come in questo caso, non stiamo solo cercando di mitigare un fenomeno naturale, ma combattiamo quotidianamente l’irresponsabilità umana aggravata dalla ottusità di chi gli dà voce; purtroppo questa è ubiquitaria e non la si trova solo a Punta Giglio e, inoltre, non conosce titoli di studio.

La risposta di Ferdinando Boero
E’ normale che le falesie crollino. Non è normale che un parco non sia messo in condizione di esercitare la sorveglianza e che i turisti vadano dove non dovrebbero andare, lasciandoci la pelle.

Ho parlato di Other Effective Conservation Measures nel caso quel tratto venisse interdetto alla frequentazione non perché zona A (visto che è zona B) ma perché pericoloso. Un ragionamento forse troppo arduo.

Quanto ai titoli di studio, purtroppo, per svolgere certe mansioni sono richieste specifiche competenze certificate da titoli di studio, mentre per altre mansioni non sono richieste. Il Direttore Mariani è laureato in Economia e Commercio. Non stupisce che non trovi altre soluzioni al problema. I titoli di studio sono importanti, credo: io non avrei il coraggio di fare il consulente di management di aziende. Le AMP hanno bisogno di persone competenti in amministrazione, ma ci vuole anche altro. Non trovo menzione, nella sua replica, delle zone protette dalla Rete Natura 2000.

Tornando alle Dolomiti, molti turisti ci lasciano la pelle per frane, valanghe, ecc. Ma nessuno si sogna di imbrigliare le montagne per questo. Magari ci vorrebbe un servizio di vigilanza più efficiente, e un cambio di zonizzazione. Nei siti web del parco (ma forse non so cercare), trovo un Consiglio Direttivo composto da geometri e ingegneri, ma non trovo un Consiglio Scientifico. C’è un servizio ambientale con un biologo ambientale, ma non trovo un panel di esperti indipendenti che non siano
sotto la direzione del Parco stesso. La replica del direttore Mariani è incompleta e insoddisfacente, e conferma la mia opinione su come viene gestita questa situazione critica. Sarei stato molto contento di essere smentito e avrei porto le mie scuse. Ma non è questo il caso.

Aggiornamenti
di Elena Pittau

L’attività ospitata nella casermetta, con i lavori che Punta Giglio ha dovuto subire dal 2021 per fare arrivare i servizi, che di fatto è meramente turistico-ricettiva (sotto la veste di Museo a cielo aperto, come se la Natura, da sola, non avesse sempre costituito un museo di tal sorta a Punta del Giglio); l’antropizzazione continua e il non rispetto dei luoghi che in due anni la cooperativa che gestisce il rifugio di Mare ha dimostrato, facendo aumentare a dismisura la presenza di turisti attratti dalla bellezza di Punta del Giglio e dei selfie con aperitivo (i trenini elettrici che avevano promesso di usare solo per i diversamente abili, semplicemente portano su e giù i clienti del loro ristorante e alberghetto); il continuo inquinamento luminoso (ignorando il periodo di nidificazione della Berta Maggiore), il non rispetto degli habitat e dei suoi abitanti (i gestori dell’attività danno regolarmente da mangiare ad una volpe che hanno addomesticato, hanno introdotto i gatti, che noi siamo riusciti dall’estate scorsa a non permettere più, con segnalazioni alla guardia forestale), sono in sostanza impattanti quanto un un ecomostro, anche se non fatto di mattoni e cemento.

Così la Natura come soggetto di diritti a Punta del Giglio è stata e tuttora viene ignorata, violata e banalizzata, sotto la falsa definizione dell’operazione “valorizziamo” Punta Giglio come ecosostenibile, green lenta e responsabile, ovviamente. Per approfondimenti vedi il nostro sito www.puntagigliolibera.org.

Rispetto ai nuovi sviluppi dei lavori in falesia, la nostra Associazione Punta Giglio Libera – Ridiamo Vita al Parco si è mossa assai, sino a raggiungere il mondo della scienza e della cultura della natura in particolare. A parte la polemica tra Mariani e professor Boero, che giustamente ha reagito all’operazione in modo anche ironico, oltre che autorevole, sarebbe necessario informare su altri interventi che sono seguiti alla nostra petizione, lanciata il 10 agosto 2023:

https://www.change.org/p/salviamo-la-falesia-di-punta-giglio-alghero

Il 26 e il 27 settembre 2023 abbiamo prodotto una prima e una seconda istanza che hanno trascinato altre iniziative per difendere la falesia e per esprimere un parere totalmente negativo rispetto ai lavori programmati, ma, per ora, rimandati.

Il 17 ottobre 2023 ad Alghero si è tenuta la seconda seduta della Commissione Ambiente consiliare e, invitati assieme ad altre associazioni che ci sostengono, ne abbiamo viste delle belle. La comunità non è stata minimamente coinvolta, neppure attraverso i suoi rappresentanti in consiglio comunale, nonostante le norme europee che stanno alla base dei siti Natura 2000 lo richiedano esplicitamente. Una seduta molto infuocata, dove il Direttore del Parco ed il Presidente sono stati sulle difensive ma sempre aggressivi, come è il loro modus operandi. Qui è il link all’unico intervento, ma il più penoso, del Direttore di un Parco Naturale Regionale, che non si interessa affatto della tutela del territorio che il parco ricopre. Dovremmo prima o poi avere anche tutta la seduta in youtube, ma non ci spero.

Abbiamo richiesto un’altra seduta, per sentire gli esperti universitari e non, e poter replicare alle pretese di Mariano Mariani.

Qui di seguito sono altri quattro documenti di interesse:
Petizione 18 settembre 2023
Nota-sostegno-G30-difesa-Punta-Giglio – 2 ottobre 2023
Punta-Giglio-Petizione-Accademici

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6 Comments

  1. says: Antonio Migheli

    Firmate tutti la petizione. Questa vicenda dimostra gli scempi ambientali irreversibili che può operare una destra al governo asservita agli interessi di bottega. Punta Giglio è già stata aggredita da terra, con la trasformazione di una ex batteria militare in hotel con piscina. Fermiamone la conquista per mare! Firmate tutti!

  2. says: grazia

    Federico Boero è inciampato alla fine del suo articolo dove, invece di invitare a una manifestazione, a un’insurrezione popolare, scarica il barile e le responsabilità alla “politica”. Peccato!

  3. says: grazia

    So che esiste un progetto simile per Monte Cofano nel trapanese, il cui sentiero costiero – peraltro parte del Sentiero Italia – è vietato da anni.

  4. says: grazia

    Non concludo la lettura dei pensieri espressi da Mariani poiché l’incipit è fin troppo in linea con questo pazzo tempo storico che millanta false sicurezze: se un’area è pericolante e sono già posti dei divieti, ahimè non si può far nulla se qualcuno, assumendosi le proprie responsabilità, va incontro a un incidente.
    Cosa propone d’altro, oltre a impacchettare la falesia, mettere forse in sicurezza con reti l’intero Pianeta?
    Forse dovremmo fermarci e riflettere a proposito dell’ingerenza umana su qualsivoglia ecosistema. Forse dovremmo smettere di sentirci in dovere di modificare a misura di turisti capricciosi ogni habitat, ricoprendo invece il ruolo di custodi che, a mio avviso, ci spetta.

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