Gambero di fiume

La sopravvivenza del gambero d’acqua dolce in questi ultimi anni risulta minacciata da vari fattori quali la peste dei gamberi, la distruzione e la modificazione del suo habitat naturale e da eventi idrologici estremi e secche prolungate dei corsi d’acqua, come nell’estate appena trascorsa.

Gambero di fiume
(una specie sempre più a rischio)
di Alessandra Fassio e Tiziano Bo
(pubblicato su piemonteparchi.it il 18 ottobre 2022)

Il gambero di fiume autoctono (Austropotamobius pallipes complex è un Crostaceo Decapode appartenente alla famiglia degli Astacidae (Phylum Arthropoda, Classe Malacostraca). Questa specie d’acqua dolce ha, o meglio aveva, una distribuzione nell’Europa Occidentale piuttosto ampia: dal Portogallo alla Svizzera e alla Dalmazia e dall’Inghilterra alla Francia sino alla Penisola Italiana. Nel nostro Paese colonizza tutte le regioni continentali e peninsulari, dalla Calabria al Piemonte, dal Lazio al Veneto. Quando si parla di gamberi di fiume indigeni si utilizza spesso il tempi verbale al passato, perché questo animale, un tempo molto diffuso nelle nostre acque, dalla metà del secolo scorso ad oggi ha subìto una forte riduzione ed è stato oggetto di numerosissime estinzioni locali.

Esemplare di Astropotamobius pallipes. Foto: Tiziano Bo.

L’identikit del gambero di fiume autoctono
La taglia massima è pari a circa 13-15 cm di lunghezza e può raggiungere i 90-100 g di peso. L’aspetto è piuttosto robusto, la colorazione variabile (legata soprattutto alle condizioni ambientali in cui la specie vive) generalmente arancio/marrone uniforme, bronzeo o grigio-verde; in alcune popolazioni si rinvengono individui completamente neri e più raramente giallastri o rossastri. La parte ventrale e gli arti tendono al color panna. I maschi si distinguono dalle femmine per le prime due appendici dell’addome (dette pleopodi) modificate in organi sessuali che, all’atto dell’accoppiamento, si uniscono a formare un unico organo copulatore. Nella femmina le appendici dell’addome (generalmente più largo) sono invece tutte uguali. Abitualmente i maschi sono più grandi delle femmine e, a parità di dimensioni corporee, hanno le chele più sviluppate.

Il suo habitat
Il gambero di fiume autoctono è tipico di ambienti di basso ordine con acqua corrente ed ossigenata, con fondali piuttosto eterogenei e sponde ricche di vegetazione e rifugi, come quelli presenti in rii, torrenti e ruscelli montani e collinari in buono stato di conservazione. Più raramente vive nel tratto intermedio di fiumi di ordine maggiore a corso lento o in laghi naturali ed artificiali. E’ una specie relativamente stenoterma, cioè non sopporta a lungo temperature dell’acqua superiori ai 25°C, resistendo viceversa agevolmente a valori prossimi agli 0°C. Esige tendenzialmente alte concentrazioni di ossigeno disciolto in acqua e un pH che si mantenga tra 6,8-8. Questi crostacei si nascondono durante il giorno negli anfratti naturali e, solo dopo il crepuscolo, fuoriescono per cacciare. La loro dieta è onnivora e comprende insetti acquatici, piccoli crostacei, anellidi, molluschi, piccoli pesci, ma anche animali morti, radici di piante acquatiche, alghe e detriti vegetali. La maturità sessuale viene raggiunta al terzo-quarto anno di vita. L’accoppiamento si verifica in autunno e la schiusa delle uova nella tarda primavera. La femmina trattiene le uova fecondate tra le sue appendici addominali per 5-6 mesi fino alla schiusa dei piccoli gamberi. I giovani, già molto simili agli adulti nell’aspetto, si mantengono per i primi giorni vicini alla madre. Nel primo anno di vita i giovani gamberi compiono sino a 5-6 mute, “spogliandosi” del vecchio scheletro esterno (esoscheletro) per crescere. Gli adulti invece effettuano generalmente una sola muta estiva.

Il gambero di fiume è sensibile a numerose patologie, anche epidemiche tra cui la peste, alcune batteriosi e parassitosi. In Piemonte la specie è presente in tutte le province ma, purtroppo, in lenta e continua rarefazione in tutto il suo areale regionale.

Interesse conservazionistico
La specie è considerata di interesse comunitario e, per questo, inserita fra quelle comprese negli Allegati II e V della “Direttiva Habitat”. In Piemonte ne è “vietata la cattura, il trasporto, il commercio e la detenzione per la vendita”, con deroga nel caso di “bacini abilitati alla pesca o alla vendita ove venga effettuato il regolare ripopolamento con soggetti provenienti da allevamento” (art. 29, L.R. n.32 del 02-11-1982). Attualmente il suo status è considerato dalla IUCN (Unioner mondiale per la conservazione della natura) come “Endangered (EN)” ma verosimilmente, visto l’andamento negli ultimi anni, è collocabile tra i “Critically Endangered (CR)”.

Aneddoti e curiosità
Su questa specie, un tempo molto diffusa e presente nella dieta di molti popoli, esistono ancora numerosi aneddoti. Ad esempio il caratteristico colore biancastro di ventre e zampe è valso a questa specie, in molti dei Paesi europei in cui è diffuso, il nome di “gambero dai piedi bianchi“. Un’altra curiosità è legata al suo ciclo di vita: A. pallipes, anche se meno longevo di altri Astacidi europei, può comunque vivere fino a 10-15 anni. I romani consideravano questi animali veri e propri “spazzini dei fiumi“, mentre in epoca medioevale erano simbolo di morte e resurrezione dato che nel corso del tempo vanno incontro ad un continuo rinnovo del loro esoscheletro (processo chiamato ecdisi o muta). Il gambero di fiume, se disturbato o spaventato, fugge nuotando velocemente all’indietro, caratteristica che lo contraddistingue dal granchio di fiume (Potamon fluviatile, presente in Centro-Sud Italia e in Liguria) che “scappa” muovendosi rapidamente di lato.

Taglio vegetazione ripariale sul Bormida. Foto: Tiziano Bo.

Fattori di minaccia
La sopravvivenza del gambero d’acqua dolce risulta in Piemonte minacciata da vari fattori. Tra i principali vi è la distruzione e la modificazione dell’habitat naturale della specie. Interi bacini idrografici sono stati infatti alterati dalle attività dell’uomo, spesso con scarsissima lungimiranza e rispetto. Rettificazioni, banalizzazioni delle sponde, taglio della vegetazione  sono solo alcuni dei fattori che hanno contribuito alla rarefazione di questo taxon;

Esemplare di Gambero autoctono probabilmente infettato dalla peste del gambero. Foto: Tiziano Bo.

Altra minaccia per questo crostaceo è la diffusione di pericolose malattie fungine giunte nel nostro Paese con l’introduzione di gamberi esotici. È il caso per esempio della peste dei gamberi , una malattia epidemica causata dal fungo Aphanomyces astaci, di origine americana. Fin dal suo ingresso in Europa più di 150 anni, con l’accidentale importazione di gamberi infetti, ha causato una vera e propria decimazione delle popolazioni del gambero autoctono. Anche la competizione con crostacei decapodi esotici introdotti dall’uomo come Procambarus clarkii o il gambero di fiume della California (Pacifastacus leniusculus), l’espansione incontrollata di predatori (es. trote immesse a scopo alieutico) e la pesca di frodo lo minacciano gravemente.

Infine occorre citare l’inquinamento di tipo organico, da scarichi fognari dei centri residenziali e turistici e da fertilizzanti agricoli, che produce pesanti alterazioni nelle comunità di invertebrati che vivono sul fondo dei corsi d’acqua e impoverisce l’acqua di ossigeno e l’inquinamento da metalli, anticrittogamici e pesticidi e da sale (cloruro di sodio cosparso come antigelo sulle strade) verso cui il gambero di fiume risulta essere particolarmente sensibile, soprattutto ad alcuni componenti di questi prodotti. Last but not least il cambiamento climatico globale ha delle drasticissime ripercussioni a livello locale. Eventi idrologici estremi (secche prolungate e improvvise alluvioni) sono sempre più frequenti e severi.

Quali misure per la sua conservazione?
In prima battuta occorre monitorare la distribuzione e consistenza delle popolazioni di gambero di fiume residue al fine di pianificare interventi di gestione finalizzati al mantenimento di una buona naturalità degli ecosistemi acquatici in cui vive. Particolare attenzione dovrà essere prestata ai prelievi idrici (autorizzati o abusivi) dai piccoli corsi d’acqua, onde evitare asciutte estive prolungate e destrutturare in modo irreversibile le popolazioni.

Monitoraggio del gambero a Rocchetta Tanaro. Foto: Tiziano Bo.

Importante è altresì valutare la compatibilità ambientale dell’agricoltura e dello sfruttamento “turistico” (pesca, trekking etc.) lungo i corsi d’acqua in cui è ancora presente il gambero. Fondamentale appare inoltre evitare l’arrivo di gamberi esotici nei bacini idrici collinari e nelle aste di basso ordine. Sarebbe utile monitorare, per quanto possibile, lo scarico nei piccoli corsi d’acqua di reflui non autorizzati e non depurati sia civili che provenienti da attività produttive. Risulta importante valutare la reintroduzione in bacini in cui è scomparso, una volta che si è ripristinata una buona qualità dell’acqua e dell’ambiente fluviale, con individui del medesimo territorio (stesso patrimonio genetico) e naturalmente vietare introduzioni di individui di origine dubbia. Una volta esaminato lo status delle popolazioni esistenti si possono adottare misure, anche minimali, di conservazione.

Nell’ambito degli studi e delle ricerche  condotte dall’Ente di gestione del Parco Paleontologico Astigiano si segnala una progressiva scomparsa del gambero di fiume autoctono nel reticolo idrografico gestito dall’Ente. In particolare gli importanti fenomeni siccitosi verificatesi nelle estati degli ultimi 10 anni (es. 2015, 2017, 2019, 2022) e la probabile diffusione della peste del gambero hanno contribuito in modo importante alla scomparsa di numerose popolazioni locali.

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