Gli straordinari monasteri della Bucovina in Romania – 1

Gli straordinari monasteri della Bucovina in Romania – 1
di Andrea Battaglini
(pubblicato su lastampa.it/viaggi l’8 maggio 2025)

Che si tratti degli affreschi azzurri e sonori sulla facciata occidentale a Voronet, dell’impressionante, ieratico e dogmatico schema iconografico a Sucevița o delle intricate, raffinate ed eleganti raffigurazioni di Humor, il rosario monasteriale della Bucovina meridionale, protetto dall’Unesco, rappresenta nell’insieme la più incredibile, cromatica, e straordinaria adorazione estetico-religiosa del cristianesimo orientale. Là dove, a sud dell’Ucraina e a ovest della Moldavia, colline selvagge, valli nebbiose, folti faggeti e una sincera comunità contadina che è un museo etnografico a cielo aperto, trasudano come negli interni delle chiese una spiritualità unica ed esteticamente emozionale.

Almeno otto monasteri sintetizzano un conciso manuale di storia dell’arte che, performato sulla base di una precisa impostazione dottrinaria mai casuale, spazia dalla simbolica e grafica frontalità e fissità bizantina alla plasticità e profondità di rinascimentale influsso occidentale, anche psicologica a tratti (in certi volti di nobile bellezza) . Pe non dire della loro valenza architettonica: le chiese sulla scia di quelle armene e serbe, sono sovente triconiche ovvero a tre absidi unite da uno spazio centrale e con la torre che prolunga il naos verso il cielo retta da un ingegnoso sistema di archi incrociati. E dai tetti ascendenti simil a capitelli tesi incontro all’universo con fili invisibili che, come capelli, enunciano non l’insieme ma ciascuna delle sue parti. Incredibili.

Diverse furono le motivazioni che portarono alla costruzione dei monasteri della “Terra dei Faggi” (buk significa faggio) In primis la crescente potenza del sultano e dei suoi grandi eserciti che, prepotenti invasori, tenevano i governanti locali in stato di massima allerta; e data l’importanza della religione nei conflitti di quel periodo, uno dei modi in cui i voivoda locali poterono celebrare qualche isolata vittoria sugli ottomani, tra le altre svolte del proprio governo locale, fu proprio la costruzione ad memoriam di un monastero in un sito importante.

In secundis il periodo a cavallo tra la seconda metà del XV e il XVII secolo fu cruciale per la Bucovina meridionale (oggi quella parte della Bucovina rimasta alla Romania dopo la sovietica annessione all’Ucraina alla fine della seconda Guerra Mondiale) sempre contesa e in allerta per gli attacchi ottomani e polacchi e dunque gli edifici religiosi fortificati contribuirono a proteggere non solo i conventuali ma anche coloro che vivevano nelle vicinanze. All’interno delle mura del monastero, furono al sicuro. Ogni monastero è così una testimonianza della strana ma perfetta combinazione tra vita monastica e scopi militari. Infatti oltre agli edifici ecclesiastici riccamente ornati, ogni complesso monastico venne progettato come una fortezza medievale, con le stanze per le monache o per i monaci che vi risiedevano e i terreni circostanti coltivati per approvvigionarli.

Last but not least, come accadde nelle prealpi con i cattolici Sacri Monti che funsero da avamposti controriformistici, i cicli pittorici perfettamente conservati dipinti negli esterni e negli interni delle chiese monasteriali furono nel complesso un difensivo baluardo spirituale della fede ortodossa: dovettero illustrare con chiarezza, sfruttando anche la vividezza e la popolare vivacità artistica locale non esule da iconiche influenze russe, le storie e Passioni di Gesù e dei Santi per indottrinare i fedeli, in maggioranza analfabeti, sulla vera fede arginando i malcostumi nefasti esportati dai prepotenti e infedeli invasori turchi provenienti da sud, stemperare le ingerenze del cattolicesimo polacco che si affacciava da nord e in seguito stoppare lo sprint luterano e riformistico che faceva capolino da ovest (dal Banato e dalla Transilvania). Insomma, per la sua posizione geografica la Bucovina poteva divenire un crocevia fideisticamente fuorviante da sfumare. Un fascinoso humus regionale da proteggere, una popolazione da educare religiosamente. In un folcloristico contesto: fascinoso oggi ma allora primitivo; fuori dal tempo e singhiozzante è sopravvissuto l’uso, nei trasporti, di carri e carretti a trazione. animale. In Bucovina, la vita quotidiana richiama arcane e bucoliche abitudini. È una terra dove i carri trainati da cavalli rallentano la circolazione negli stretti nastri asfaltati e sterrati dove il bestiame pascola liberamente e dove le coppie anziane siedono all’ombra, sputando semi di girasole e osservando sovra-pensiero la vita che scorre lenta. Anche perciò la Bucovina provoca straniamento, un effetto Cynar di un mondo lontano dalla vita moderna.

Il giro dei monasteri forma un rettangolo sghembo tracciato tortuosamente per circa 200 chilometri da Suceava, dotata di aeroporto collegato all’Italia, a Gora Humorului.

Da Dragomirna a Arbore via Pătrăuţi
Fondato da un erudito calligrafo ed eclettico condottiero nel 1606, è abitato da una comunità femminile. All’interno del poderoso convento dotato di mura e torri angolari che si riflettono sulle acque immobili e livide di un lago, si eleva la splendida chiesa, raffinata ed elegante ma sproporzionata: alta e slanciata quarantadue metri è larga meno di dieci.

Decorata all’esterno con motivi geometrici forse di origine caucasica e da affreschi di probabile matrice figurativa russa (tra l’altro nel XVII secolo il monastero diventò sotto l’influenza della Crimea un foyer culturale), si presenta articolata da un basamento rialzato, pronunciati, finestrelle ogivali e una serie di archetti nel tipico sottogronda che la alleggeriscono. Nell’interno le pitture del naos (il cuore del tempio) ben restaurate dicono le Passioni di Cristo che dialogano con santi guerrieri tutti di una vivacità e fastosità cromatica che ricerca la profondità elargita anche da una cintura scolpita cesellata con motivi orientali che ne perimetra lo spazio.

La chiesa della Santa Croce nel monastero di Pătrăuți, costruita nel 1487 è la più antica struttura inalterata in stile moldavo conservata fino ad oggi ed è un esempio lampante della fase iniziale di sviluppo dell’architettura ecclesiastica del programma artistico intrapreso nella regione dal principe Stefano il Grande che volle lasciare segni tangibili su di un territorio di ritrovata organizzazione sociale in nome della cristianità fondendo canoni bizantini e occidentali al gusto dell’arte popolare locale. Pătrăuți è il modello di uno spazio sacro eretto all’incrocio di diverse tradizioni; pure indica un progetto coerente che combina la competenza di un architetto dell’Occidente latino con il virtuosismo di pittori provenienti dalla sfera culturale bizantina, creando un ambiente rituale in cui la luce del sole veniva utilizzata per consacrare il regno del patrono reale e rafforzare la fede cristiana, soprattutto dopo il 1453. All’interno della chiesa, è stato osservato durante una ricerca condotta grazie alla Tufts University e alla Volkswagen Foundation, la luce del sole cade su specifici arredi religiosi, elementi architettonici e scene dipinte in momenti liturgicamente significativi. Inoltre, alcuni elementi all’interno dello spazio sono collegati simbolicamente attraverso raggi solari in movimento; una strategia inedita in altri siti religiosi della Bucovina è rara. Ma sono gli affreschi che hanno rivoluzionato la pittura moldava legata agli schemi di quella costantinopolitana. Ad esempio nella tavola votiva inserita nel registro inferiore del naos figurano il principe Stefano e la consorte in modo attualizzato con elementi della realtà del periodo e con i volti dei personaggi che si allontano dall’impassibilità statica tipica delle figure bizantine: sono potenti ed espressivi. La cavalcata dei dei Santi guerrieri legata alla leggenda dell’apparizione della croce a Costantino è rara e simboleggia la lotta di Stefano contro gli ottomani e l’affermazione del cristianesimo sul paganesimo.

La chiesa di Arbore, edificata nel 1503 da una comandante del principe Stefano il Grande si annuncia con gli affreschi esterni a opera di Dragos Coman che utilizzò una tecnica complessa basata sulla sovrapposizione delle stesure di colore intenso e luminoso ( i verdi, i rosa violacei, i bianchi, i blu, il carminio) a strati successivi in modo da rendere materica e pastosa la pittura che diviene simile a quella a olio. Il tema del pericolo delle incursioni turche è rappresentato più volte: nel grandioso Giudizio Universale dove gli infedeli sono riconoscibili per i loro ricchi costumi e turbanti e nella deesis (dal greco preghiera). Filmiche e fluide e dal ritmo musicale, nel racconto ben decifrabile anche dagli abitanti meno istruiti, le 85 scene di sette registri con otto scene con le storie della Genesi e la vite dei santi Giorgio e Demetrio dove i protagonisti sono ben individualizzati (con tocco rinascimentale) pur mantenendo un’eleganza convenzionale e goticheggiante.

Info
– romaniaturismo.it
– explorebucovina.com
– boutiqueromania.com

Arrivare
Fly&drive. A Suceava con con Wizz Air Malta e poi auto noleggio.

Dormire e mangiare
A Suceava, base di arrivo e partenza logistica per un tour dei monasteri, all’Hotel Sonnenhof. e al Panoramic Cub Sucevita.
A Putna familiare il Pensiunea Daria Putna.
La cucina è assai saporita e diverse sono le influenze della
gastronomia greca e di quella turca: dai Mici, polpette di carne di
maiale tritata e speziata, al Sarmale, involtini di riso carne
macinata verdure e spezie avvolti in foglie di verza o di vite e alla
Ciorba de fasole cu afumatura, una minestra molto sostanziosa cotta
con carne di maiale affumicata. Ottimi i bolliti, l’agnello e i funghi. In stagione saporita la cacciagione.

(continua in https://www.sherpa-gate.com/altrispazi/gli-straordinari-monasteri-della-bucovina-in-romania-2/)

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