Going fast, il viaggio “Oltre”

Il docufilm è stato presentato all’Anteo Palazzo del Cinema di Milano in occasione dell’unica tappa italiana del Winter Film Tour di Arc’teryx.

Going fast, il viaggio “Oltre”
di Tatiana Bertera

Oltre la neve, oltre lo scialpinismo e il freeride, oltre le comodità, per scoprire (o in alcuni casi riscoprire) il valore del viaggio fine a sé stesso e dei momenti intermedi. Quanto lontano possono portarci i mezzi pubblici (autobus e treni) e le nostre stesse gambe? Gli scialpinisti Silvia Moser, Max Kroneck, Joi Hoffmann e Loic Isliker hanno provato a rispondere a questo quesito intraprendendo un viaggio di tre settimane che, lo scorso inverno, li ha portati ad attraversare l’Europa dell’Est affidandosi esclusivamente a questi. Ne è nato un docufilm che, grazie al Winter Film Tour di Arc’teryx, sta facendo il giro del mondo.

In Italia l’unica tappa è stata quella di Milano ed è andata subito sold out. Tra gli ospiti c’era anche la protagonista femminile di Going East, Silvia Moser. Partendo da Tarvisio, i quattro si sono spostati sempre più a est arrivando sino al monte Hasan in Turchia, ultima tappa di un tour che li ha visti salire a bordo di 35 treni, 24 bus, 7 metro e 2 tram, per un totale di 140 ore trascorse all’interno di mezzi pubblici.

Ore, minuti e secondi che però non sono stati, come comunemente si è portati a credere, tempo sprecato, ma piuttosto un’occasione per dedicarsi al riposo, alla raccolta del materiale (autoprodotto da loro stessi), a momenti di riflessione e alla conoscenza della cultura locale. E sono arrivati ad alcune, importanti conclusioni, che vengono lasciate al pubblico quali spunti di riflessione: in primis il valore del viaggio e in secondo luogo, ma non meno importante, quanto siamo disposti a sacrificare (in termini di comodità e di tempo) per permettere una mobilità che sia, come nel caso di questa avventura, veramente sostenibile.

Presenti alla serata Arc’teryx, abbiamo avuto l’opportunità di scambiare due chiacchiere con Silvia Moser. 34 Anni, mamma venezuelana, nonna cilena e padre italiano, nelle sue vene scorre il sangue di tante nazioni ed è forse anche per questo che Silvia ha saputo apprezzare così profondamente il viaggio.

Un viaggio alla ricerca della neve o altro?
Non è stato un viaggio alla ricerca della neve, ma un viaggio nato dalla curiosità di dove saremmo potuti arrivare solamente con i mezzi di trasporto. Siamo partiti da casa (ognuno dal proprio Paese e naturalmente fin dall’inizio coi mezzi) per trovarci a Tarvisio e da lì, via verso est.

A che conclusione sei giunta dopo questo viaggio?
Partivo molto, molto scettica all’idea di utilizzare i mezzi pubblici, anche perché vivendo in montagna, sono molto legata all’utilizzo dell’automobile per una questione di velocità e praticità. Ma dopo questa esperienza devo dire che, avendo il tempo e la volontà, si può fare.

Cosa fai nella vita, oltre all’atleta?
Vivo a Cortina e il mio primo lavoro è nell’azienda di famiglia, un’avventura sfidante, nuova e diversa, almeno quanto la laurea in sociologia, le gare di sci alpino e poi il Freeride World Tour. È stato il papà a iniziarmi allo sci fin da quando mi sono retta sulle gambe. Sono anche maestra di sci e ho sciato veramente tanto nella vita, ma è stato il freeride ad aprirmi al mondo.

Come descrivi il tuo rapporto con il brand?
Come un amore che va avanti da 10 anni, da quando sono entrata nel World Tour. Ha una filosofia che condivido al 100% e sono felice, orgogliosa, di poter essere portavoce di un marchio tanto prestigioso nel mondo.

Come vedi il tuo futuro?
Ora è difficile fare previsioni perché sono impegnata su tanti fronti, in primis quello con l’azienda di famiglia. Ma sto portando anche avanti un percorso di coaching che mi premetterebbe di rimanere nell’ambiente dello sci e degli atleti che praticano ad alti livelli.

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