La locanda di Viola

“Ragazze, non dovrete mai essere passive di fronte alla violenza, dovrete sempre ribellarvi e lottare per le vostre idee e per la libertà. C’è ancora molta strada da fare (Viola Lageard)”.

La locanda di Viola
di Beppe Leyduan
(pubblicato su camoscibianchi.wordpress.com il 1° giugno 2024)

Alle studentesse durante gli incontri nelle scuole.


Immaginate di dover fare una scelta: cantare Giovinezza o vedere bruciare la vostra locanda.
Una scelta non esplicita ma sottointesa dalla ferocia fascista che ordina agli avventori di interrompere il canto di Quel mazzolin di fiori e di cantare invece la fede a Mussolini.
Voi cosa fareste? Sareste disposti a sacrificare la vostra attività lavorativa per mantenere la fede nella libertà di pensiero? Difendendo la dignità di liberi cittadini?
Viola è figlia di quella scelta. “Giovinezza cantatela tu!”, disse sua madre rivolgendosi alla camicia nera, che così si preparò a combattere contro le fiamme e poi, due anni dopo, nel IV anno dell’era fascista, farla venire al mondo. Nel 1943, all’età di 17 anni, mentre stava iniziando la Resistenza, Viola comprese quale via doveva percorrere.
Staffetta partigiana della Val Chisone, dove si trovava un covo di libertà chiamato Locanda dei Fiori, Viola Lageard ha il rischiosissimo e delicato compito di connettere il fondovalle e la pianura torinese con le montagne, dove trovano rifugio le “bande” partigiane. Passa informazioni, medicinali, cibo, armi per mantenere fede alla propria scelta e quella dei suoi genitori. Lo fa inoltrandosi nei valloni che portano ai nascondigli dei combattenti per la libertà, attraversando posti di blocco e spie pronte a venderti per denaro. Ma è anche disposta a portare le notizie che nessun genitore vorrebbe mai ricevere, quando un partigiano viene ucciso.

La Locanda dei Fiori

Questo sforzo di immaginazione lo farete mentre vi immedesimerete nella protagonista quando prende la bicicletta per iniziare i suoi viaggi temerari, rischiando di essere catturata, torturata e poi uccisa.
Il libro “La locanda di Viola” è una storia romanzata, dove la locanda così come i personaggi esistono per davvero a Inverso di Pinasca e chi la frequenta ha fatto una scelta inflessibile. E’ un racconto che fa emergere il coraggio delle donne partigiane che hanno avuto la forza di combattere contro il terrore, l’orrore e la violenza dei nazifascisti, sposando un profondo e autentico ideale di giustizia e libertà.

Autunno 1944. Inverso di Pinasca, le staffette Cita Brignone, Ada Boiral, Viola Lageard e Livia Savorgnan. Foto: Serafino.

Un libro scritto molto bene e documentato che accompagna il lettore come in un film invitandolo a domandarsi, pagina dopo pagina, che cosa avrebbe fatto al posto dei proprietari della locanda, prima, e poi al posto di Viola e di tutti coloro che combatterono contro le fiamme.
Un libro che ricolloca la parola “libertà”, oggi così abusata, strattonata e svuotata dal suo concreto e vivido significato, al posto giusto che è il cuore delle persone pronte a sacrificare tutto, compresa la vita, pur di non perderla. Un libro che richiama l’importante ruolo delle donne nella lotta di Liberazione.
Forse possiamo credere che oggi la maggioranza degli italiani ami la libertà, ma solo sulla carta e con una concezione personalissima e travisata, ovvero ridotta all’atto infantile di fare quello che si vuole senza rispetto delle regole di convivenza sociale, senza guardare in faccia a nessuno e senza farsi domande scomode. Per porsi il giusto e costante interrogativo, come di fronte ad uno specchio e in una continua tensione tra autoritarismo e resistenza, bisogna leggere questo libro.

Dopo aver letto l’ultima pagina continuo a chiedermi se in quel contesto storico avrei cantato Giovinezza con viltà e facendo finta di niente, vivendo una vita con i paraocchi, sterilizzata di alti ideali, e sacrificando al contempo la lotta per la Libertà e la Democrazia che fece nascere la nostra Costituzione. Ma continuo anche a domandarmi cosa farei adesso.

Quanti oggi, nel 2024, canterebbero quella canzone senza esitazione?

Il decalogo della staffetta partigiana
(tratto dal libro La locanda di Viola. Una storia partigiana di Federico Jahier e Andrea Geymet, Torino 2024.

1. Non devi far conoscere a nessuno il lavoro che svolgi.

2. Devi far credere ai tuoi vicini di casa che hai un lavoro normale.

3. Se durante un viaggio sei fermata dai fascisti o dai nazisti devi sempre avere una giustificazione pronta.

4. Sii sempre prudente e puntuale nell’andare agli appuntamenti.

5. Assicurati sempre che nessuno ti segua e non rivelare mai gli indirizzi dei recapiti.

6. Se ti accorgi che qualcuno ti segue non recarti all’appuntamento.

7. Quando ti capita qualche incidente, o noti qualcosa che insospettisce, avvisa subito il dirigente del tuo lavoro.

8. Nascondi il materiale che trasporti nel modo migliore; cammina con disinvoltura, senza destare sospetti.

9. Non devi parlare con le persone del recapito, né dei materiali che trasporti, né del tuo lavoro; le eventuali comunicazioni le devi fare solo a chi ti è stato indicato e a nessun altro.

10. Se cadi nelle mani del nemico, tenterà di farti parlare, prima con le lusinghe, poi con le minacce e poi con torture morali e fisiche. Non parlare mai. Hai la possibilità di salvarti soltanto negando. E’ comunque preferibile morire che diventare una spia, tradire i tuoi compagni e compromettere la vittoria della Resistenza.

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