(dal 12 al 18 agosto 2022)
di Salvatore Addis (Tore Wild)
Cosa ci spinge ad intraprendere dei viaggi lunghi ed impegnativi in totale solitudine e autonomia? Le risposte sono molteplici e per ognuna di esse ci sono delle motivazioni che caratterizzano il percorso di vita di una persona più di un’altra. C’è chi da solo passerebbe l’intera esistenza, chi invece, in solitaria, non andrebbe neanche a prendere l’acqua. Ad ognuno il suo.
Da fine maggio di quest’anno ho avanzato l’idea di intraprendere in solitaria ed in completa autonomia un viaggio da programmare nella seconda metà di agosto, periodo di ferie. Ho bivaccato praticamente ovunque in Sardegna ma mai per più di 3 giorni e, soprattutto, in solitaria.
All’inizio pensavo a qualcosa del tipo GTS (Grande Traversata del Supramonte) e GTG (Grande Traversata del Gennargentu) ma, l’assenza di acqua nelle sorgenti, mi ha portato ad allargare la prospettiva portandomi così nella mia sempre amata Corsica, per cui nutro vero amore incondizionato da quando ho iniziato a viaggiare per lavoro nell’ormai lontano 2015. Piano piano, grazie anche all’aiuto di una persona speciale (M.M), che mi ha dato una grande mano per fare il punto della situazione, ho iniziato a studiare percorsi, montagne, varianti e tutto ciò che realmente ricercavo da questa esperienza sulle cime più alte della Corsica.
Le valutazioni da fare sono parecchie. Si tratta di valutare nei minimi dettagli ogni situazione che potrebbe presentarsi. Dalla più bella alla più brutta.
Le giornate proseguono tra lavoro, allenamento e studio della carta IGM 1:250000 e della cartina geografica 1:50000 e le guide sul GR20 e le montagne corse. Come prima traversata decido di studiare tutto a tavolino senza l’ausilio di alcuna tecnologia, tracce pronte o gps. Solo cartine e bussola da cartografia.
Il grande giorno arriva in un baleno e, mentre mi trovo alle 6 del mattino di venerdì 12 all’imbarco per Bonifacio, sento di avere dentro un misto tra ansia e adrenalina ma ormai non si torna indietro.
Il traghetto della Moby Lines parte alle ore 7 in punto e mentre si muove, mi trovo sul ponte ad ammirare la Sardegna che via via si allontana mentre la Corsica è sempre più vicina.
Non so cosa aspettarmi poiché, essendo amante delle sorprese, non mi sono informato troppo su panorami, attrazioni o altro.
Arrivo a Corte alle 11 e, dopo aver parcheggiato la macchina e recuperato tutto l’armamentario, inizio ufficialmente la traversata dalla valle del Tavignano.

Il torrente che mi porterà alla prima tappa, Lozzi. Un piccolo borgo ai piedi del Monte Cinto.
Il percorso è tutto in salita per un totale di circa 1800 metri di dislivello. L’ambiente è completamente diverso da quello a cui sono abituato, sono praticamente circondato da colline enormi e montagne. Le nuvole iniziano ad essere cariche e penso che presto pioverà.
Dopo quattro ore e 15 chilometri di cammino in salita, per un dislivello di 1250 metri circa, arrivo al rifugio Sega. Prima tappa del percorso che mi porterà a Lozzi.
Il silenzio di queste quattro ore è interrotto solo dal suono dell’acqua che scorre fresca e libera verso Corte. E nel mentre che proseguo penso che è solo il primo giorno. Il primo di sette.
Sono le 16 quando arrivo al rifugio e, la prima cosa che faccio è buttare i piedi nell’acqua gelida del Tavignano. È un qualcosa di unico e rigenerante ma non posso tardare troppo poiché il viaggio è ancora lungo.
Lascio alla mia sinistra il rifugio Sega per andare a Calacuccia, paese poco prima di Lozzi. La salita anche questa volta è ardua e con un dislivello di ulteriori 400 metri fino ad arrivare a Bocca a l’arinella. Da qui tutto in discesa fino a Calacuccia ma le ore passano e le nuvole non fanno passare la luce che dovrebbero facendomi trovare al buio prima del previsto. Sono le 19 quando incontro un pastore della zona che decide di darmi un passaggio fino all’ingresso di Lozzi. È un giovane di Calacuccia che, durante il viaggio mi racconta la storia di queste borgate separate dal resto della Corsica per via delle strade strette e ripide ma estremamente belle. Da una parte, la strada che collega Calacuccia a Lozzi prende il nome di Scala di Santa Regina. Una strada quasi a una corsia ma a doppio senso di circolazione che percorre una vallata mistica e antica di strapiombi, canyon e montagne a picco sulla stessa strada. Dall’altra parte invece, questi paesi, sono collegati da una bellissima strada che da Albertacce va a Castel Vergio percorrendo 24 chilometri all’interno della foresta d’Aitone, una delle più grandi della Corsica. Dopo avermi spiegato e raccontato tutto, una volta arrivato all’incrocio per Lozzi, saluto Stephane e proseguo in direzione del Camping Monte Cinto, a circa 2 chilometri, per concludere la giornata in bivacco.


Una volta piazzato il mio tarp 3×3 mi preparo per affrontare la notte. Una notte molto rumorosa a causa di un temporale iniziato alle 3 e finito alle 7 che mi ha costretto a cambiare il programma della giornata: l’ascesa di Monte Cinto. Senza demordere, ho pensato di proseguire da Castel Vergio e quindi, dopo aver fatto colazione e sistemato la mia casa ambulante a forma di zaino da 70 litri, parto a piedi da Lozzi fino ad Albertacce dove, da lì, inizio a fare autostop per Castel Vergio.
Dopo il passaggio di una decina di macchine, l’ultima si ferma. È una signora sulla 50ina con un pick-up grigio, cane nel cassone e tre figlie nei sedili posteriori. Appena mi accomodo, inizia subito a parlare del mio viaggio e a chiedermi delle mie tappe future visto il meteo. Dice che mi può tenere compagnia solo per cinque chilometri, poiché deve accompagnare le figlie al parco avventura Valdioniellu. Da quel momento in poi mi consiglia di proseguire lungo il pendio seguendo la montagna verso sud attraverso un percorso di 3 ore per circa 800 metri di dislivello fino ad arrivare al Lac de Nino. Uno dei laghi alpini più belli. Una volta salutate e ringraziate, inizio a percorrere il grande dislivello che mi separa dal Lac de Nino tra pini, abeti, larici, castagni e querce.
Ogni tanto mi capita di incontrare qualcuno che passeggia ma nulla di particolare. Pochi viandanti finora.
Dopo appena 3 ore da Valdionellu, arrivo alla fine dell’ascesa di questi 800 metri di pendii, rocce, foreste e ruscelli, scollino e si apre a me uno dei più bei panorami che avessi mai visto. Una grande vallata verde con un enorme lago alpino centrale: il Lac de Nino è davanti ai miei occhi e da qui si prosegue con il GR20 fino a Vizzavona ma con le varie tappe intermedie.
Mentre scendo dalla vallata verso il lago, respiro a pieni polmoni quest’aria leggera e fresca dell’ambiente alpino. Aria che non avevo mai respirato prima. Il profumo balsamico del ginepro e dei pini danno un tocco di unicità a questo ambiente.
Da lontano inizio a scorgere i primi gruppi di viandanti che percorrono il GR20. Li lascio proseguire fermandomi a pranzare, poiché voglio continuare a godermi il tutto in solitaria.
Man mano che cammino, si aprono davanti a me nuovi panorami, nuove montagne, sempre più alte e sempre più belle.
Per un paio d’ore percorro questa bellissima valle di ontani neri altissimi che mi accompagnano fino alla bergerie de Vaccaghja a 15 minuti dal rifugio Manganu, prossima tappa notturna.
Il cielo è perennemente minaccioso ma ancora non è scesa una goccia d’acqua. Le valli sono immense, verdissime e soprattutto vivissime. Mi danno un senso di libertà assurda.
Arrivato al rifugio, è il momento di pagare il bivacco e piazzare il tarp per la notte.
Al risveglio, dopo aver sistemato il tutto e aver riempito le bottiglie d’acqua dalla sorgente, sono partito alla volta del rifugio Pietra Piana a sole, si fa per dire, 7 ore di camminata e circa 2000 metri di dislivello totale. Tanta roba.

Inizio a risalire il pendio e mi appare subito davanti una cresta di cime, tutte nude e grezze. Puro granito. Ad un certo punto inizio ad avere un po’ di capogiro e capisco che sto salendo di quota. Infatti, dopo circa 2 ore di salita ripida, il mio altimetro segna 2222 metri. Mi trovo esattamente a Bocca alle Porte e davanti a me ho solo montagne, guglie di granito purissimo altissime con due laghi alpini nella vallata sottostante: il Lac de Capitiello e Lac de Melu.


Questo viaggio è una continua scoperta e, man mano che vado avanti è tutto più impegnativo ma al contempo bellissimo.
Superate le creste, dopo esattamente cinque ore dalla partenza dal Rifugio Manganu, arrivo al Rifugio Pietra Piana. Non aspettandomi di trovarmi lì alle 13:30, ci sono rimasto un po’ male, visto e considerato che è troppo presto per preparare il bivacco ma, dopo aver letto un cartello, non ho potuto fare a meno di pagare il bivacco, piazzare il tarp e partire in direzione di quel segnale in legno su cui c’era scritto “ROTONDO”. Proprio così, il rifugio Pietra Piana fa da campo base per il Monte Rotondo, seconda cima più alta della Corsica, con i suoi 2622 m e 1200 metri di ascesa dal rifugio alla cima.
Davanti a me un muro altissimo che indica però solo l’anticima. La vetta più alta ancora non si vede.
Nel mentre che salgo, il rifugio si fa sempre più piccolo. Dopo alcuni tratti di ghiaione, inizia la parte in arrampicata che mi porta sull’anticima. È tutto di una ripidità assurda. Dopo due ore arrivo al Lac de Betaniella, il lago alpino di Monte Rotondo e dopo una mezzoretta dal lago, arrivo alla cima.

Dalla cima, con i suoi 2622 m, si ha una panoramica a 360°, da mare a mare ma, verso nord, la vista è unica. Sua Maestà Monte Cinto in tutto il suo splendore. In questi momenti, la contemplazione è d’obbligo.
Affianco alla cima c’è un piccolo rifugio di emergenza con teli termici all’interno, qualora gli escursionisti che decidono di salire il monte dovessero trovarsi nel mezzo di una bufera o comunque di maltempo.
Una volta rientrato al rifugio Pietra Piana, il cielo ha iniziato a diventare sempre più scuro ed il vento ad alzarsi in modo violento, tanto da portare via diverse tende ma non il mio tarp, anche se durante la notte ha ballato parecchio. La tempesta è arrivata alle 3 del mattino quando oltre alla grandine, tuoni e lampi, il vento ha dato tutto il meglio di sé. La temperatura durante quelle ore è scesa a -3°C e infatti, all’interno del sacco a pelo, ho inserito il telo termico che mi ha permesso di passare la notte al caldo.
La mattina dopo, il vento era sparito ma il cielo era saturo di nuvole. I classici cumulo nembi che portano temporali, piogge e tempeste varie. Infatti, appena il tempo di sistemare e richiudere tutto ed è subito pioggia. Una pioggia continua che mi ha accompagnato per circa due ore e mezzo di cammino attraverso una vallata che mi faceva perdere quota di circa 700 metri facendo diventare l’inverno piovoso della cima appena scesa, una bellissima estate con cielo terso a valle, temperature gradevoli e lo sfondo di Monte d’Oro.
Dopo circa due ore da quel panorama, passando attraverso una fitta foresta di pini prima e un fitto bosco di castagni poi, completamente da solo, ho raggiunto la Bergerie de Tolle, un punto di ristoro con vendita di prodotti tipici locali e una sorgente da cui attingere acqua. L’ospitalità è di casa in quei posti ed è buon uso quello di salutare chiunque si incontri con il sorriso, malgrado le fatiche. Fuori dalle città funziona così. In montagna siamo tutti fratelli figli della stessa passione: la natura.
Superato la Bergerie de Tolle, proseguo in direzione del rifugio de l’Onda, l’ultimo prima di Vizzavona. Dopo due ore intense di cammino, tra boschi bellissimi e fitti e torrenti da guadare, arrivo al rifugio ma, come sempre, mi sembra di arrivare troppo presto e infatti decido di proseguire direttamente per Vizzavona che dista circa 5 ore dal rifugio de l’Onda. La risalita è dura fino a Bocca Muratellu a 2120 m. A circa due ore da me e a 1000 metri di dislivello.
Arrivato alla bocca, si apre davanti a me un’immensa vallata verde che scende in circa 3 ore direttamente a Vizzavona dove passerò la notte.
È ormai il quinto giorno di traversata in solitaria e mi trovo seduto nella panchina della stazione dei treni di Vizzavona. Sono le 12.08 quando il treno parte alla volta di Corte, in uno dei viaggi più belli che abbia mai fatto. La ferrovia che sto percorrendo collega Ajaccio a Bastia con la variante di Calvi. La mia tratta però durerà solo un’ora e, per quell’ora, rimango incantato dai paesaggi, dai dirupi e dalle montagne che si possono ammirare da questo breve viaggio. Sono nel mezzo della foresta più grande della Corsica che prende il nome dell’omonima località, Vizzavona. Alberi altissimi, almeno 40 metri con fusti che non bastano due persone per abbracciarli. Gallerie buie che si aprono su dei ponti finissimi e antichi che sovrastano intere vallate che si perdono tra canyon, dirupi, montagne e laghi fino al mio capolinea, Corte.
Da qui, una volta presa la macchina, mi metto in viaggio verso Lozzi per completare l’ascesa del Monte Cinto rimandata per il temporale. L’unica strada che collega Corte a Lozzi è la famosa Scala Di Santa Regina, citata da Stephane durante il viaggio verso Calacuccia.
Sono stati i 45 minuti di guida più sorprendenti. Era tale e quale alla descrizione fattami qualche giorno prima. Era un qualcosa di straordinariamente bello e pericoloso per via delle misure ridotte della carreggiata ma pur sempre bello.

Appena arrivo a Lozzi, Monte Cinto è libero da nubi e il cielo completamente terso ma, si sa, in montagna il tempo cambia in un attimo.
Dopo aver passato la notte al camping Monte Cinto, la sveglia suona alle 6. Sta albeggiando e il cielo è limpidissimo, proprio come la sera prima. Alle 7 parto alla volta del Monte Cinto seguendo un sentiero natura che taglia le curve della strada sterrata e che porta direttamente al rifugio l’Ercu. Un bellissimo rifugio restaurato e non custodito con posti letto per 15 persone, acqua, caminetto e teli termici.
L’ascesa del Cinto inizia proprio da lì, attraverso arrampicate di II° alpinistico e alcuni tratti più impegnativi a seconda dal versante da cui si sale e dai rivoli d’acqua presenti.
Tra cascate, fessure, pareti enormi con fessure bellissime e ghiaioni, dopo un paio d’ore arrivo al Lac du Cinto, il lago alpino del Cinto.


Come detto, il clima in montagna cambia in modo molto veloce e repentino, infatti, appena superato il lago ha iniziato a piovere e tuonare fino al mio arrivo in cima, dove di panoramico c’era poco ma di spettacolare c’era veramente tanto.

Tra ascesa e discesa, ci sono volute circa 9 ore, compreso il temporale.
Una volta a valle, dopo essermi sistemato, sono partito alla volta di Col De Bavella, nel sud della Corsica, per passare l’ultima notte e giornata successiva di questa avventura, durata 7 giorni e 6 notti in solitaria e completa autonomia di cibo e acqua.
Durante questo periodo, ho avuto modo di conoscere altre realtà e culture, anche se potenzialmente vicine a noi. Diverse persone di diverse nazioni, viandanti con cui ho condiviso passi e normali cittadini con cui ho condiviso l’autostop.
Scalare le due vette più alte del sistema sardo-corso, Monte Cinto 2706 m e Monte Rotondo 2622 m, è stato qualcosa di unico da ogni punto di vista. Il semplice bivaccare lo è stato, soprattutto l’avere la tranquillità di decidere come, quando e dove fare qualsiasi cosa.
Auguro a tutti, prima o poi, di intraprendere un viaggio o un cammino del genere, fatto di sforzi, fatiche, maltempo e solitudine… quella bella però. Quella solitudine che non ti fa mai sentire solo ma che ti insegna il rispetto verso te stesso e verso gli altri, che ti fa capire quali sono i tuoi limiti, le tue paure e, soprattutto, le tue forze.
Magica Corsica… una montagna in mezzo al mare!