Zone umide

Le aree umide sono ricche di biodiversità e fondamentali per la sopravvivenza umana. Coprono solo il 6% del globo e dal 1900 ne abbiamo perse oltre la metà, in Europa il 90%, in Italia il 66%: stanno scomparendo a una velocità maggiore rispetto alle foreste. Buona parte del degrado è dovuta al fatto che ignoriamo la loro funzione di ‘depuratori naturali’. Tutelarle è fondamentale e ci sono ottimi esempi a cui ispirarsi.

In 120 anni il 90% delle paludi in meno nel mondo
di Mariella Bussolati
(pubblicato su lastampa.it/ il 2 febbraio 2022)

Le paludi sono tra i più produttivi ecosistemi terrestri, ovvero convertono enormi quantità di energia in sostanza organicada 600 a 2000 grammi di carbonio per metro quadrato per annoPossono essere prati umidipaluditorbiere aree inondate, con acque ferme o in movimento; possono essere acque dolci, salmastre o salate, comprese le zone di acqua di mare a profondità basse. Coprono il 6% della superficie terrestre. La loro importanza, sottolineata nella Giornata mondiale delle aree umide, il 2 febbraio, è dovuta al fatto che forniscono molti servizi naturali e gratuiti. Regolano i flussi idrologici, depurano le acque, controllano l’erosione del suolo, assorbono l’anidride carbonica presente nell’atmosfera, tutelano la biodiversità. Vengono considerate i reni del Pianeta per le loro funzioni di filtraggio chimico e fisico attraverso il suolo, biologico attraverso le piante e conseguente decontaminazione.

Saline di Barletta

Purtroppo, però, le zone umide non sono in una buona situazione: stanno riducendosi sempre di più in tutto il mondo, nonostante una convenzione internazionale, quella di Ramsar le protegga. Molte vengono convertite in aree agricole o di sviluppo urbanoDal 1900 ne abbiamo perse oltre la metà a livello globale,  in Europa il 90%, in Italia il 66%. Buona parte del degrado è dovuta a una ignoranza del loro valore e in particolare dei loro servizi economici.

Una valutazione di mercato dei loro servizi ecosistemici dunque potrebbe aiutare. Un nuovo studio dell’Università di Waterloo ha cercato di risolvere il problema studiando il ruolo di una palude dell’Ontario meridionaleCanada,nella filtrazione dell’acqua. Nella regione dal 1980 il 68% delle aree umide è stato convertito per altri usi. A differenza di altre ricerche, in questo caso per la prima volta sono state separate le funzioni dei vari tipi presenti, ovvero torbiere, terreni paludosi, acquitrini, paludi. In particolare è stata analizzata la rimozione del fosforo, un composto che produce un grave inquinamento. Se si accumula porta all’eutrofizzazione, ovvero alla proliferazione di alghe microscopiche, che può danneggiare la fauna ittica di fiumi e laghi. La sorgente principale sono i concimi chimici utilizzati in agricoltura e le acque di scarico, all’origine di residui inquinanti che le paludi rimuovono fisicamente e attraverso processi biologici intrappolandolo nei sedimenti e nella vegetazione.

Il numero di studi che hanno valutato i servizi delle paludi sono molti. Nel 2014 il Wwf ha pubblicato il rapporto Il valore economico delle aree umide del mondo (qui il .pdf), nel quale, veniva assegnata una cifra pari a 70 miliardi di dollari all’anno ai 12,8 milioni di chilometri quadrati presenti. In questo caso veniva valutata la biodiversità, la capacità di regolare il clima,  il turismo e i valori socio culturali.

Il valore stabilito dagli scienziati della Waterloo è però ancora, in proporzione, più alto. Nell’Ontario meridionale la sola eliminazione del fosforo vale da 4 a 7 miliardi di dollari per anno, di cui l’80% è dovuto agli acquitrini. Il calcolo è stato fatto in base al costo che sarebbe necessario affrontare con altri mezzi per ottenere lo stesso risultato. Per rimuovere una quantità dell’elemento con sistemi agricoli che prevedono la conservazione del suolo, la creazione di aree con piante perenni, la gestione delle acque di irrigazione, ci vorrebbero 13 miliardi di dollari all’anno. Utilizzando invece trattamenti sulle acque di rifiuto si arriverebbe a 164 miliardi di dollari all’anno. Si potrebbero anche ricostruire le aree umide perse, ma anche in questo caso ci sarebbe una spesa di 2,9 miliardi di dollari all’anno.

La ricerca sull’Ontario meridionale può essere applicata a qualsiasi altra area umida nel mondo, visto che il problema che risolve è ubiquitario. Sarebbe dunque un peccato perderla e sostituirla con mezzi artificiali, quando la natura lavora gratis per noi.

Un buon esempio di area protetta: il lago di Paola
(con fenicotteri, aironi rossi e altre 300 specie di uccelli)
di Paola Rosa Adragna
(pubblicato su lastampa.it il 2 febbraio 2022

Con un pizzico di fortuna si potrebbe incontrare una gru, un fenicottero o addirittura un airone rosso. Sono specie ormai rare ma che, durante le migrazioni, spesso si fermano sul lago di Paola, nel Parco nazionale del Circeo, tra l’omonimo promontorio e quel tratto di mare laziale di fronte a Sabaudia.

Il lago di Paola, insieme agli altri specchi d’acqua salmastra di Caprolace, Monaci e Fogliano, è una zona umida, uno dei 5 habitat racchiusi all’interno del parco. Queste 4 lagune costiere, collegate al mare da canali artificiali e caratterizzate da acqua poco profonda e di salinità variabile, ospitano 312 specie di uccelli, di cui ben 260 acquatici, tra quelle che nidificano nella zona e quelle che invece sono solo di passaggio per l’inverno. Il parco si trova infatti sulle principali rotte migratorie tra Africa ed Europa e offre cibo e riparo per numerose specie, tra cui il falco pescatore, il falco pellegrino, la spatola, la cicogna bianca, la pavoncella, il cavaliere d’Italia.

Lago di Paola

Un paradiso per gli appassionati di birdwatching e in generale un’area ricca di biodiversità, designata zona di protezione speciale e sito di interesse comunitario dall’Unione europea e riserva della biosfera dall’Unesco, oltre a far parte della Convenzione sulle zone umide di importanza internazionale firmata nella città iraniana di Ramsar il 2 febbraio 1971.

Proprio in occasione di questo anniversario, ogni 2 febbraio si celebra la Giornata internazionale delle zone umide, riconosciuta lo scorso anno anche dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Torbiere, stagni, foci, lagune e saline sono aree chiave per la biodiversità e per la nostra sopravvivenza. Ospitano numerose specie di piante, uccelli, mammiferi, rettili, anfibi, pesci e invertebrati. Hanno poi il ruolo di serbatoi di carbonio e contrasto al cambiamento climatico, depurano le acque, proteggono dalle inondazioni e forniscono fibre e materiali. Ecco perché sono fondamentali anche per la vita dell’uomo e per il raggiungimento degli obiettivi europei e mondiali al 2030 nella stabilizzazione delle emissioni di gas serra e nella mitigazione degli impatti della crisi climatica.

La convenzione di Ramsar conta circa 2.435 zone umide, di cui 57 in Italia, tra cui lo stesso lago di Paola, e altri 9 siti aspettano l’approvazione. Questi habitat però sono a rischio. Il report Unprecedented dell’Onu sottolinea come, minacciate da conversione in terreni agricoli, inquinamento industriale e immissione di specie aliene, le zone umide stiano scomparendo a una velocità maggiore rispetto alle foreste, con un declino della biodiversità mai raggiunto prima. Dal 1700 al 2000 il Pianeta ne ha perso più dell’85%, l’Italia il 66%. Dati come questi rendono necessaria un’azione di salvaguardia immediata.

Con questo scopo esistono a questo proposito già ottimi esempi. Ai migliori 15 Legambiente ha dedicato una sezione del rapporto sugli ecosistemi acquatici che proprio nella Giornata internazionale sarà discusso in un webinar dal titolo “Conservazione degli ecosistemi acquatici, pianificazione del territorio e coinvolgimento: una strategia per la tutela della biodiversità”. Si tratta di progetti che vanno dalla difesa della trota mediterranea, al monitoraggio del fenicottero rosa del Parco nazionale del Gran Sasso, fino al censimento delle zone umide delle isole del Mediterraneo.
Fonte: Legambiente “Sono esempi di successo che contribuiscono alla valorizzazione di questi ambienti ricchi di biodiversità ma estremamente fragili, che sono diffusi in tutto il territorio nazionale ma che devono aumentare ancora per contribuire a raggiungere l’obiettivo del 30% di territorio protetto entro il 2030“, sottolinea Antonio Nicoletti, responsabile nazionale aree protette e biodiversità di Legambiente. Tra queste troviamo anche la richiesta di gestione integrata e di ampliamento dell’area protetta del lago di Paola, di proprietà privata nonostante si trovi all’interno del Parco nazionale del Circeo.

Abbracciando lo slogan “Valorizza, gestisci, ripristina, ama le zone umide” che accompagna la giornata internazionale, le associazioni ambientaliste hanno programmato tante iniziative dal 2 al 6 febbraio. Legambiente ha organizzato 45 appuntamenti, in presenza e online: dalle attività di birdwatching, come quello al lago di Paola, alle azioni di volontariato, webinar ed escursioni guidate. E anche Wwf ha in programma passeggiate, visite guidate e workshop fotografici.

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