Bandiera nera

Per informazioni sulle “bandiere verdi” e sulle “bandiere nere” che annualmente Legambiente rilascia ai vari protagonisti rimandiamo a questo dossier.

Bandiere nere alla Valle d’Aosta
di Marco Foratier e Redazione

Relativamente al territorio valdostano, nel 2024 sono state assegnate sette bandiere, cinque verdi e due nere. A buon diritto sventola la Bandiera nera della Legambiente sul ghiacciaio della Valtournenche, dove la scorsa estate le ruspe hanno lavorato per modellare la pista della Coppa del mondo di sci alpino. Sappiamo anche che lo hanno poi fatto invano, perché il maltempo non ha permesso di disputare, per il secondo anno consecutivo, le gare del Cervino Matterhorn Speed opening.
Quelle immagini del «ghiacciaio sfregiato» avevano fatto il giro del mondo: l’associazione ambientalista, nell’ambito della campagna annuale della Carovana delle Alpi, ha assegnato alla Cervino spa, società degli impianti di risalita della Valtournenchela prima Bandiera nera «per l’aggressione al ghiacciaio con il progetto Matterhon Cervino Speed opening» perché «fra Zermatt e Breuil-Cervinia le ruspe al lavoro hanno inferto pesanti ferite al ghiacciaio Teodulo per ampliare i domaine skiable ai fini di competizione agonistiche».

Sempre per Legambiente, “da un punto di vista ideale, il fatto di unire due Paesi, Svizzera e Italia, in un’unica gara che coinvolge Zermatt e Cervinia, può anche essere un bel pensiero, un’idea vincente. Ma non lo è più se il prezzo da pagare è lo sconvolgimento dei ghiacciai, quegli stessi ghiacciai per le cui tristi future sorti ci si straccia le vesti”.

A proposito di questo episodio, un mese fa circa abbiamo letto unlancioANSA nel quale si comunicava che la procura di Aosta aveva chiuso l’inchiesta sui lavori per la pista italo-svizzera che avrebbe dovuto ospitare la Coppa del mondo di sci alpino Zermatt-Cervinia nel 2022 e nel 2023.

Il pm Giovanni Roteglia ha contestato la realizzazione senza autorizzazione di uno scavo trasversale alla lingua del ghiacciaio lungo 330 metri e largo otto. Indagati Federico Maquignaz, presidente e amministratore delegato della Cervino spa, società che gestisce le piste italiane, il suo predecessore, Herbert Tovagliari, l’operatore della pala meccanica che ha scavato e lo svizzero Franz Julen, presidente del comitato organizzatore.

Secondo gli inquirenti, si tratta di una pista di collegamento, tra quella principale e il ghiacciaio di Plateau Rosà, che non risulta nei progetti autorizzati. La contestazione riguarda in particolare l’articolo 181 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, ovvero ‘Opere eseguite in assenza di autorizzazione o in difformità da essa’.

La seconda Bandiera nera della Legambiente quest’anno va alla Regione e ai Comuni di Brusson e di Gressoney-Saint-Jean per «il devastante progetto di strada poderale intervalliva attraverso il Col Ranzola, in una zona naturale stupenda e fragile».

Il Col Ranzola 2171 m da secoli mette in comunicazione il territorio di Brusson in val d’Ayas e quello di Gressoney-Saint-Jean nella valle del Lys. Assai frequentato in passato, il sito conserva resti delle fortificazioni difensive erette tra XVIII e XIX secolo. Una lapide ed una statua della Madonna, inoltre, ricordano il passaggio di Lev Tolstoj, che transitò dal colle e lo citò nei suoi diari.

Lo scenario circostante è quello tipico delle vallate ai piedi del monte Rosa, e testimonia l’incontro della natura con l’attività umana. Sul lato di Ayas è presente un alpeggio attivo, sito a poca distanza dal valico e servito da una strada poderale. Diversa la situazione sul lato di Gressoney: anche qui esiste una poderale, che però serve la seggiovia Weismatten e non raggiunge l’unico alpeggio attivo, posto a circa 5 km di distanza, nei pressi del colle.

Di recente la Regione Valle d’Aosta, su proposta dei due Comuni, ha finanziato uno studio di fattibilità per collegare i due versanti con un nuovo tracciato di circa 6 km, che dovrebbe congiungere le strade esistenti. Ne è risultata una proposta, a nostro avviso, devastante: secondo lo studio, la pista, con tratti caratterizzati da elevata pendenza, richiede opere significative (scavi e riporti, muri di contenimento a monte e/o a valle alti anche più di 3 metri) nel 41% del tracciato; l’attraversamento di zone rocciose impone scavi per un totale di 575 m; lo sviluppo ricade all’interno di aree vincolate a bosco di tutela e comporta il sacrificio di un numero impressionante di piante. Inoltre, il superamento di 3 tratti più ripidi richiede la realizzazione di ben 17 tornanti e lo studio stesso ne ammette il notevole impatto paesaggistico. Infine, poiché tutta l’area è sottoposta a rischi multipli (dissesto idrogeologico, pericolo caduta massi, rischio valanghe), si renderanno necessarie ulteriori opere di messa in sicurezza e protezione.

A che pro? Le motivazioni addotte sia dai Comuni che dalla Regione (che recentemente ha deliberato il finanziamento del progetto, con risorse a valere sul fondo statale FOSMIT, per un importo di circa 3 milioni di euro) sono, a nostro avviso, inconsistenti. Non comprendiamo come un tracciato poderale che attraversa zone fortemente acclivi e instabili possa fungere da via di fuga in caso di calamità naturali. 

Il Col Ranzola

E’ anche difficile ravvisare la tanto sottolineata valenza ciclabile di questo collegamento. La zona è percorsa da numerose strade poderali utilizzabili anche dalle bici. L’amministrazione regionale ipotizza anche un collegamento ulteriore al Col de Joux, nodo centrale di una serie di itinerari escursionistici e ciclo-escursionistici già esistenti.

Infine, l’asserita necessità di servire l’alpeggio sul lato di Gressoney per sostenere la zootecnia tradizionale e combattere in tal modo lo spopolamento montano appare opinabile: la zootecnia incontra in questi anni ben altri ostacoli, di natura economica, ma anche legati al cambiamento climatico. Di questi temi dovrebbe occuparsi la politica locale.

Resta, a possibile giustificazione dei complessivi 5 milioni di euro di spesa previsti, solo la volontà di servire l’alpeggio sul lato di Gressoney per sostenere la zootecnia tradizionale e combattere in tal modo lo spopolamento montano, fenomeno dovuto ad un complesso di fattori sia di natura economica sia legati al cambiamento climatico (siccità), che non sarà purtroppo la strada a risolvere.

«Ancora una volta le aree montane dimostrano di anticipare i tempi del cambiamento più che altrove, mettendo in campo anche azioni di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici – dice Vanda Bonardo, responsabile nazionale per le Alpi della Legambiente – La nostra montagna non è il luogo dell’incontaminato, ma nemmeno il posto da stravolgere pur di gareggiare a tutti i costi, com’è successo per il ghiacciaio del Teodulo in Valle d’Aosta».

Bandiere verdi
Accanto alle due Bandiere nere, l’associazione ambientalista, come di consueto, evidenzia le buone pratiche in montagna e premia la Valle d’Aosta con ben cinque Bandiere verdiSono assegnate a:

Comune di Champdepraz, per il suo percorso verso il raggiungimento dell’obiettivo Rifiuti zero;

Cooperativa ExEat, per la riapertura del rifugio dell’Alpe Bonze e le scelte che ne caratterizzano la gestione (valorizzazione di materie prime e prodotti a km 0, inserimento di ragazzi con disabilità cui vengono fornite opportunità di formazione professionale) e gli obiettivi (creazione di occupazione giovanile e rispetto dell’ambiente);

Comune di Courmayeur, per l’istituzione del servizio di navette gratuite di collegamento con la val Vény e la val Ferret;

Progetto agricolo Paysage à manger, dell’omonima società agricola di Gressoney-Saint-Jean, in qualità di capofila del progetto “Samstag Märt, nella valle del Lys: “per la tutela e la coltivazione della biodiversità agricola” è la motivazione;

Progetto Pasturs (che vede protagonisti la Cooperativa Sociale Eliante Onlus, Coldiretti Bergamo, WWF Italia e WWF Bergamo, il Parco Orobie Bergamasche e il Parco Mont Avic), che favorisce buone pratiche di allevamento, in cui la coesistenza fra allevatori e grandi predatori è agevolata dall’intervento di giovani volontari selezionati e formati affinché affianchino i pastori durante il periodo di alpeggio in quota, ponendo particolare attenzione alle misure di prevenzione danni: dalla sorveglianza attiva del bestiame alle recinzioni elettrificate ad alto potenziale, dalla gestione dei cani da protezione fino alla sensibilizzazione dei turisti perché assumano comportamenti corretti nelle zone di pascolo.

E’ da segnalare che, per tutto il territorio italiano, Legambiente ha finora assegnato, per il 2024, 23 Bandiere verdi (il 15,7 per cento in più rispetto allo scorso anno) e 10 Bandiere nere.

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3 Comments

  1. says: Fabio Bertoncelli

    Cervinia è uno dei posti piú devastati delle Alpi.

    Ammetto che era impresa ardua riuscire a deturpare quello che fu uno dei luoghi piú incantevoli della catena alpina, ma ci sono riusciti. Complimenti ad Attila!

  2. says: Carlo Crovella

    Non faccio molto affidamento all’efficacia delle Bandiere Nere, cioè non credo che i devastatori si fermeranno di fronte a tali ammonimento, ma almeno è un inizio e serve per educare l’opinione pubblica nella direzione del rispetto ambientale. Anche solo pubblicare le famigerate foto delle ruspe che sbancano il ghiacciaio è una “macchia” morale da cui non ci si pulisce facilmente. Fra qualche tempo i devastatori saranno frenati proprio da un’opinione pubblica che volterà loro le spalle e non alimenterà più i flussi turistici. ci vorrà molto tempo, però.

  3. says: Fabio Bertoncelli

    “Ci vorrà molto tempo, però.”

    Considerato il livello intellettivo medio dell’opinione pubblica, temo che bisognerà attendere le calende greche.

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