Cime Bianche: venditori di fumo
(per un’opera impossibile)
di Marcello Dondeynaz
Una Regione Valle d’Aosta a corto di idee per la riqualificazione dell’offerta turistica e una società, la Monterosa SpA, incapace di confrontarsi con il territorio per ammodernare gli impianti di risalita esistenti, hanno riesumato lo studio di fattibilità di una linea funiviaria nel Vallone delle Cime Bianche, sepolto per due anni e a pochi mesi dalle elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale: senza aggiungere nulla di nuovo e rifiutandosi di esaminarlo e discuterlo.
Una linea funiviaria inutile per lo sci e per i collegamenti fra le valli, devastante sul piano paesistico e ambientale, divoratrice di soldi a carico dei contribuenti valdostani, che potrebbero ben altrimenti essere destinati.
Inutile per lo sci perché nel Vallone delle Cime Bianche non si può sciare, perché non porterebbe più in alto ma da un’altra parte dove già si può arrivare con gli impianti del Breuil, inutile per l’estate perché, come riconosce lo studio di fattibilità, “… l’ubicazione della stazione intermedia a Gavine perderebbe ogni attrattività in termini di escursionismo estivo in quanto molto vicina e facilmente raggiungibile già oggi da Frachey”, inutile per i collegamenti fra le valli perché non raggiungerebbe nessun nucleo abitato. Inutile da ogni punto di vista, ancor più dopo il plateale flop della funivia Plateau Rosa/Piccolo Cervino;
Devastante sul piano paesaggistico e ambientale, non solo nell’area protetta ma lungo l’intero percorso ipotizzato, con il taglio raso di circa 800 piante a valle e a monte di Gavine, con la collocazione dei mega tralicci in particolare uno all’Alpe Vardaz, alto 47 metri, con una base di 256 mq (come tutti gli altri), appena fuori dall’area Natura 2000, con la creazione di una barriera ecologica per l’avifauna lungo l’intero Vallone, con la necessità di imponenti opere di protezione a monte di Gavine e di complicatissime cantierizzazioni;
Divoratrice di soldi di tutti i valdostani: un’opera da 150 milioni di euro e più, quando già sono necessarie centinaia di migliaia di euro per ammodernare gli impianti lato Breuil e nelle due valli del Monterosa Ski, senza contare le opere accessorie. Risorse che piuttosto si dovrebbero investire equamente sul territorio valdostano, per migliorare anzitutto i servizi di trasporto e socio/sanitari.
Inverosimile il maquillage cosmetico quando si rassicura che a fronte dei danni ambientali procurati sarebbe messa in atto una serie corposa di compensazioni. Cioè: lasciateci sfregiare il Vallone delle Cime Bianche e dilapidare per sempre un patrimonio irripetibile e… poi faremo una rivoluzione verde ad Ayas. In sostanza, Misure di gestione dell’Area Natura 2000, che potrebbero essere poste alla base dell’alternativa Zero impianti, ipotesi non presa in considerazione dalla studio di fattibilità (perché ogni misura di conservazione e promozione del Vallone delle Cime Bianche è a oggi volutamente abbandonata dalla Regione), il che costituisce un vero e proprio vulnus di quello che ora diventa il Docfap (documento di fattibilità delle alternative progettuali ) che ha invece l’obbligo di valutarla.
Procedimento che si infrangerà contro il divieto assoluto della realizzazione di nuovi impianti di risalita nel Vallone delle Cime Bianche, da sempre oggetto di specifica tutela europea e da parte della pianificazione regionale e comunale.
L’accanimento ideologico per un’opera impossibile porta come conseguenza il continuare a tenere in ostaggio l’intera comunità della Val d’Ayas nell’illusione del facile arricchimento che cade dal cielo, sperperando reputazione, tempo, risorse ed energie, anziché operare per valorizzare i caratteri di unicità e insostituibilità del territorio e affrontare le vere emergenze, quali l’insufficienza dei servizi di trasporto pubblico verso il capoluogo, verso Torino e Milano e i rispettivi aeroporti, e l’impossibilità di accesso alla casa per nuovi residenti e per i lavoratori fissi e stagionali.
Quando si è mossi dall’odore del profitto, non si ragione più in modo lucido e ogni pretesto è buono per sostenere la propria idea. inutile mettersi a dialogare con gente del genere, occorre essere tetragoni e impedire loro anche solo di spostare una pietra.
Sono assolutamente d’accordo con il collegamento.
È una fonte di benessere per tutta la Valle. In altre Nazioni, e questo passi, e in altre Regioni Italiane sarebbe già stato realizzato.
Il Vallone Cime Bianche oggi viene percorso da sci alpinisti che partono da Cervinia e si organizzano con amici o con taxi per farsi portare a Cervinia o farsi venire a prendere a Champoluc. Ci sono poi sportivi sci alpinisti che salgono con lenpelli e poi scendono a valle. Quindi? Di cosa si parla?
È opportuno far notare che, per preservare e rispettare una qualsiasi cosa occorre farla conoscere e quindi amare.
Solo dalla conoscenza, e dal conseguente amore, nasce il rispetto e la voglia di coccolare preservare, non certo dal “blindare”
Sandro
@ Sandro Pozzi: che lei sia d’accordo con il collegamento non è argomento di interesse, sarebbe interessante eventualmente se fosse accompagnato, da parte sua, da risposte argomentate all’analisi riportata nel testo. Ma lei si è limitato a leggere il titolo, altrimenti non mi spiego tanta superficialità. Cominci a rispondere a questa:” Inutile per lo sci perché nel Vallone delle Cime Bianche non si può sciare, perché non porterebbe più in alto ma da un’altra parte dove già si può arrivare con gli impianti del Breuil”
Ah, “di cosa si parla” c’è appunto scritto nel testo.
Assolutamente d’accordo. Da appassionato sciatore credo che si debba assolutamente evitare di aggiungere impianti per il solo gusto di allargare i comprensori. Il vallone delle Cime Bianche è un parco naturale e va rispettato. Gli investenti si possono fare nelle aree già interessate dalle piste, idee (fare la pista che scende da Indren o riaprire la vecchia Balma) e bisogni (sciogliere il nodo della Mandria) non mancano.
Bravo! In particolare per le proposte che chiudono l’articolo: finalmente, almeno in questo angolo dell’informazione, qualcuno prova a portare l’attenzione sul tema del trasporto pubblico. Ogni volta che capito in val d’Aosta, non riesco a capacitarmi dello stato di abbandono della ferrovia, in un territorio che si potrebbe servire con una sola, semplice infrastruttura.