I pannelli solari e il consumo di suolo

Una cosa, benché evidente, non viene quasi mai capita nel dibattito sulle energie rinnovabili. E cioè che ogni scelta quasi sempre comporta un costo ambientale, e questo va valutato, e comunque mai ignorato. I pannelli solari possono essere posati sul terreno, ma anche sul tetto di un palazzo: quest’ultimo sistema non sempre è praticabile, ma certamente comporta un diverso impatto ambientale. Proprio sull’energia solare si è verificata l’ultima frattura tra le associazioni ambientaliste, divise in due schieramenti sul tema: i pannelli solari sono consumo del suolo? Ecco le valutazioni a confronto.

I pannelli solari e il consumo del suolo
(l’ultima frattura tra ambientalisti è su una questione-chiave)
di Fabio Balocco
(pubblicato su italialibera.online il 21 luglio 2023)

Un tempo nel campo del lavoro c’era l’unità della confederazione sindacale Cgil, Cisl, Uil. Similmente in campo ambientale c’era unità d’intenti delle associazioni maggiormente rappresentative, Wwf, Legambiente, Italia Nostra, Pro Natura. Ma i tempi cambiano, e oggi non è più così. La deregolamentazione selvaggia del lavoro ha fatto sì che le confederazioni sindacali abbiano diminuito considerevolmente il loro potere, anche per via della diminuzione drastica degli iscritti, e oggi viaggino ognuna per conto proprio. E anche le maggiori associazioni in campo ambientale – esse stesse fortemente ridimensionate nel numero degli iscritti e del peso politico – non hanno più quella compattezza che le caratterizzava un tempo. L’ultimo strappo si è consumato in questi giorni sulla questione relativa all’energia solare. Come noto ai più, l’Ispra ogni anno pubblica un dettagliatissimo rapporto sul consumo di suolo. Tralasciamo la considerazione che, nonostante la drammaticità della situazione, la politica se ne freghi non regolamentando neppure la materia e creando di fatto un Far West, e veniamo al punto: il fatto che l’istituto fa rientrare nell’ambito del consumo di suolo anche i pannelli solari a terra. Ed ecco che su questo punto si è aperta in questi giorni la frattura. Alcune associazioni che già in passato si erano distinte per una difesa delle energie verdi “senza se e senza ma” (Greenpeace, Legambiente, Wwf) più altre minori, hanno inviato all’Ispra una lettera in cui la si invita a non considerare i pannelli solari come consumo di suolo.

A parte la sconcertante considerazione di vedere nel solare a terra una salvaguardia del territorio dalla cementificazione (!), è singolare come le predette associazioni si battano per il solare a terra tout court senza tenere in considerazione alcuni punti come questi:

– prima di qualsiasi scelta sull’energia da produrre,occorrerebbe ragionare per cosa essa venga utilizzata, e quindi battersi per il risparmio energetico e una politica economica volta a un minor consumo di energia;

– il solare a terra impoverisce notevolmente il suolo e non gli consente di svolgere quelle funzioni ecosistemiche per cui un terreno vergine è naturalmente portato;

– dire sì al fotovoltaico a terra senza distinguere fra i tipi di terreno su cui posare i pannelli è pura follia, perché l’esperienza dimostra che in tal modo si perdono anche suoli fino a oggi usati a scopo agricolo;

– se proprio si vuole il solare, oggi c’è l’agrivoltaico che cerca di salvare capre e cavoli;

è singolare che nel discorso delle associazioni manchi qualsiasi riferimento alla tutela del paesaggio, di cui all’art. 9 della Costituzione, seppure modificato.

Alla lettera rispondono altre associazioni ambientaliste, fra le quali Italia Nostra, Pro Natura, Mountain Wilderness, che contestano radicalmente il contenuto della missiva delle associazioni, definite “rinnovabiliste”, rimarcando che secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente è consumo di suolo persino quello derivante dall’agricoltura intensiva e rimarcando altresì  anche un dato che lo stesso Ispra indica, e cioè che prima di coprire i terreni, occorrerebbe coprire i tetti: in Italia sono stati individuati 110.000 tetti di stabilimenti industriali su cui si potrebbero installare pannelli fotovoltaici di grande taglia, che potrebbero produrre 30 Gw di potenza. Del resto la stessa Coldiretti si è domandata perché non piazzare pannelli solari sugli 11.000 capannoni industriali abbandonati nella sola regione Veneto. Quindi, tornando all’incipit, c’è la frattura, che peraltro si era già manifestata nel recente passato anche su altre questioni. Ma questa del solare a terra è una questione di principio e molto attuale, che implica scelte di carattere territoriale ed anche economico.

Già, l’economia. Se mi si permette una considerazione conclusiva, mi ricollego a quanto accennato prima sul fabbisogno energetico. Non si può e non si deve ragionare sul fatto che il fabbisogno di energia è tot ed occorre produrre quel tot e magari di più da fonti rinnovabili anziché da fonti fossili. Occorre abbandonare il paradigma della crescita. E questo purtroppo manca in ambedue i documenti. 

Fabio Balocco
Nato a Savona, risiede in Val di Susa. Avvocato (attualmente in quiescenza), si è sempre battuto per difesa dell’ambiente e problematiche sociali. Ha scritto Regole minime per sopravvivere (ed. Pro Natura, 1991). Con altri autori Piste o pèste (ed. Pro Natura, 1992), Disastro autostrada (ed. Pro Natura, 1997), Torino, oltre le apparenze (Arianna Editrice, 2015), Verde clandestino (Edizioni Neos, 2017), Loro e noi (Edizioni Neos, 2018). Come unico autore Poveri. Voci dell’indigenza. L’esempio di Torino (Edizioni Neos, 2017), Lontano fa Farinetti (Edizioni Il Babi, 2019), Per gioco. Voci e numeri del gioco d’azzardo (Edizioni Neos, 2019), Belle persone. Storie di passioni e di ideali (Edizioni La Cevitou, 2020), Un’Italia che scompare. Perché Ormea è un caso singolare (Edizioni Il Babi, 2022). Ha coordinato Il mare privato (Edizioni Altreconomia, 2019). Collabora dal 2011 in qualità di blogger in campo ambientale e sociale con Il Fatto Quotidiano, Altreconomia, Natura & Società e Volere la Luna.

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