Un terribile incidente aereo vide coinvolta la Val Pellice il 21 luglio 1957. Un gigantesco Lockeed P2V Neptune decollato dalla base NATO di Aviano (Udine) per partecipare alla ricerca di un altro veivolo americano, si schiantò a Pian Sineive (salendo dalla Conca del Prà verso il rifugio Granero) nel tentativo di eseguire un atterraggio di fortuna. Solo uno dei dieci passeggeri si salvò.
Il 13 luglio 1958, nel luogo dell’impatto venne eretto un monumento di pietra con incastonati alcuni pezzi dell’aereo a ricordo delle vittime. I resti del bimotore statunitense schiantatosi su quei prati sono lì da quasi settant’anni.
Dopo la sollecitazione di un alpinista torinese che frequenta abitualmente la Val Pellice, il Comune di Bobbio Pellice è intervenuto presso l’ambiasciata americana a Roma perché si faccia carico della rimozione dei rottami.
I rottami della tragedia di Pian Sineive
di Elisa Rollino
(pubblicato su piazzapinerolese.it il 5 marzo 2025)
A quasi settant’anni dalla sciagura, Bobbio Pellice chiede agli americani di farsi carico della rimozione degli ultimi resti del bimotorestatunitense schiantatosi nel 1957 a Pian Sineive. Il Comune ha preso l’iniziativa dopo il confronto con un alpinista torinese affezionato alla Val Pellice.
Due motori, un pezzo di elica e un pezzo di carrello, sono infatti da allora abbandonati lontano dal monumento costruito nel 1958 ricordo delle vittime.
Abbandonati da quasi settant’anni
“Grazie ai contatti forniti dall’escursionista abbiamo scritto all’ambasciata americana a Roma per coinvolgere il Paese nella rimozione degli ultimi pezzi del velivolo. Si tratta infatti di un’operazione costosa perché è necessario l’impiego di un elicottero ed è quindi per noi una spesa difficile da affrontare” spiega il vicesindaco Lorenzo Duval. L’obiettivo sarebbe quello di unire i resti a quelli già radunati attorno al monumento in ricordo delle vittime realizzato e nel 1958. In questo modo verrebbero anche messi in sicurezza i prati su cui giacciono i pezzi del relitto.
L’incontro con i resti
L’alpinista da cui è partita l’iniziativa è il torinese Giuliano Bosco che ha già percorso la Val Pellice in lungo e in largo ma che a novembre dello scorso anno, durante una gita con l’amico Cesare Fogazzi, si è imbattuto per la prima volta nei resti: “Ad un centinaio di metri, e dall’altra sponda del torrente rispetto al monumento, ci sono ancora due motori, un pezzo di elica e un pezzo di carrello. È molto triste vederli così abbandonati, anche dal punto di vista del rispetto della memoria dei nove morti del disastro aereo”. Nei giorni successivi Bosco ha cercato una risposta alla domanda che i due amici si sono fatti alla vista dei rottami: “Perché non sono al loro posto?”. “Ho contattato quindi il Consolato americano a Milano che mi ha consigliato di interloquire prima di tutto con il Comune di Bobbio Pellice e poi mi ha fornito i contatti dell’Ambasciata” racconta.
Un nuovo memoriale?
All’incontro con l’Amministrazione comunale bobbiese, Bosco è arrivato con la rassegna stampa degli articoli che Stampa Sera aveva dedicato all’evento, nella previsione che possano essere utilizzata in caso di realizzazione di un nuovo memoriale: “Bisognerebbe trovare il modo di far convivere il monumento già esistente con un nuovo memoriale, esponendo anche questi pezzi”. Lui ha già nel cassetto un progetto: “Si potrebbe pensare ad una piattaforma delle dimensioni dell’apparecchio su cui posizionare i resti nella stessa posizione che occuperebbero nella realtà. La tecnologia permetterebbe quindi di far sì che, inquadrando la scena con la fotocamera, su uno smartphone si possa visualizzare il velivolo per capire com’era fatto” – racconta. “Sarebbe quindi necessario installare sul posto un’antenna per la connessione satellitare che così risolverebbe anche il problema di copertura telefonica sul posto”.
I rottami potrebbero far male
Ma non è solo la tristezza ad aver spinto l’alpinista torinese a sollecitare gli enti per la rimozione dei resti: “Durante la mia ricerca negli archivi di Stampa Sera ho trovato la vecchia notizia di un bambino che si era ferito con quei rottami e il Comune in quel caso era stato chiamato in giudizio”. Inoltre anche l’aspetto ambientale ha la sua importanza: “Si tratta comunque di prezzi cromati che potrebbero inquinare lo spazio circostante e le falde acquifere”.
“Si potrebbe pensare ad una piattaforma delle dimensioni dell’apparecchio su cui posizionare i resti nella stessa posizione che occuperebbero nella realtà. La tecnologia permetterebbe quindi di far sì che, inquadrando la scena con la fotocamera, su uno smartphone si possa visualizzare il velivolo per capire com’era fatto” – racconta. “Sarebbe quindi necessario installare sul posto un’antenna per la connessione satellitare che così risolverebbe anche il problema di copertura telefonica sul posto”.
In questo caso la toppa e peggiore del buco. Si peggiora andando a costruire nuovi manufatti ed a posizionare un’antenna. Il tutto per i selfie. Altro che overturism.. Dopo quasi 70 anni i rottami se dovevano far danni li hanno fatti. Comunque se si trova qualcuno disposto a intervenire è meglio portare via i materiali senza creare nuove strutture.
Buongiorno Ho letto il vostro articolo su Pian Sinieve che mi è interessato molto in quanto anni fa ho scritto un articolo sulla rivista della montagna perché avevo una foto dell’aereo in fiamme. Questa foto era stata scattata da due amici miei durante la caduta dell’aereo cui hanno assistito Se vi interessa il mio telefono è 339 39 860 15 Rosanna Carnisio comunque troverete l’articolo sulla rivista della montagna