di Paolo Crosa Lenz
(pubblicato su Lepontica n. 16, febbraio 2022)
Il 25 agosto 1822 un ufficiale dell’imperiale esercito austriaco saliva in prima ascensione la Ludwigshöhe, la “Punta Ludovica” 4342 m nel gruppo del Monte Rosa, versante valsesiano, tra la punta Parrot e il Corno Nero. Oggi gli alpinisti la raggiungono agevolmente salendo o scendendo dalla Capanna Margherita. Duecento anni fa era un’altra storia. L’amico Teresio Valsesia ha ricostruito puntigliosamente la biografia del primo salitore che propone come “il padre del Monte Rosa (Almanacco Storico Ossolano 2022)”. Così come Horace Bénédicte de Saussure viene considerato il “padre del Monte Bianco”.
Perché? Il barone von Welden era un militare di carriera: da cattolico aveva invaso lo stato pontificio (“gli ordini sono ordini”) e quindi fu scomunicato da Pio IX. Non fu solo uomo d’arme, ma cartografo, naturalista (scrisse un libro di botanica sul Lago d’Orta) e primo storico dell’alpinismo sul Monte Rosa.
Fu lui ad assegnare il nome delle punte ai primi salitori, tranne la Nordend o “punta settentrionale”.
Nel 1824 pubblicò a Vienna il libro Der Monte Rosa (non ebbe una grande diffusione perché scritto in tedesco con caratteri gotici), poi tradotto in italiano nel 1987 a cura di Enrico Rizzi. Nel libro c’è tutto: cartografia, storia, natura. Soprattutto la visione delle Alpi nei primi due decenni dell’Ottocento: sguardi tra la fine dell’Illuminismo e la nascita del Romanticismo. Anche cose curiose che oggi fanno inorridire. È la storia di un piccolo di camoscio addomesticato come un cane: “Mi feci portare dalla valle di Saas un cucciolo che era stato allattato da una capra. Ora ha due anni ed è docile come qualsiasi animale domestico. Mi segue come un cagnolino: ha imparato il suo nome e riconosce le persone che lo accudiscono facendosi amare da tutti per le sue graziose maniere. Apre le porte, se non sono chiuse a chiave. Con la sua voce dolce manifesta la sua gioia e sopporta persino il mio cane purché non si metta a ringhiare“.