Il rapporto “Riportare lo sport e la cultura del movimento al centro dell’agenda politica per creare valore per il Paese” analizza la rilevanza dell’attività fisica in Italia, evidenziando la sedentarietà come problema significativo, con disparità sociodemografiche marcate.
Non è un Paese per… sportivi
di Pietro Assereto
L’Osservatorio Valore Sport, nato nel 2022, mira a esaminare e dimostrare l’importanza di uno stile di vita attivo per l’Italia. Giunto alla sua terza edizione (febbraio 2025), rappresenta una piattaforma di analisi per l’ecosistema sportivo italiano, rivolta ai decisori politici per promuovere la cultura del movimento. Un riconoscimento istituzionale fondamentale è stato l’inserimento dello sport in Costituzione nel 2023, con la modifica dell’articolo 33 che sancisce l’attività sportiva come diritto fondamentale per il benessere individuale e collettivo La nuova formulazione riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme. Questo passo significativo pone lo sport al centro delle politiche pubbliche, sottolineandone il ruolo essenziale per la crescita personale, la coesione sociale e uno stile di vita sano.
La sfida della sedentarietà
Nel 2020, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha pubblicato le linee guida per l’attività fisica minima necessaria per mantenere uno stato di salute ottimale. Secondo queste linee guida, i bambini e gli adolescenti di età compresa tra i 5 e i 17 anni dovrebbero dedicare almeno 60 minuti al giorno a un’attività fisica di intensità moderata o intensa, essenziale per il loro sviluppo fisico e cognitivo. Per gli adulti (18 anni e oltre), si consiglia di raggiungere almeno 150 minuti settimanali di attività aerobica di moderata intensità.
Recentemente, la misurazione della sedentarietà è stata uniformata a livello globale, seguendo le linee guida dell’OMS. In particolare, nelle nuove rilevazioni dell’OCSE-OMS presentate nel rapporto “Health at a Glance 2023”, è stato monitorato il livello di attività fisica moderata o vigorosa praticata nel tempo libero, a casa o sul posto di lavoro da parte degli adulti, offrendo così una definizione di sedentarietà più rigorosa rispetto alle edizioni precedenti. L’Italia si conferma come 4° Paese OCSE più sedentario, con l’80,3% della popolazione che non raggiunge adeguati livelli di attività fisica, un dato superiore alla media OCSE del 59,6%.

Questo scenario è confermato anche dai dati sulla sedentarietà tra bambini e adolescenti. Secondo le ultime rilevazioni del 2021, l’Italia occupa la posizione peggiore tra i Paesi OCSE: il 91,7% dei ragazzi tra gli 11 e i 15 anni non svolge una quantità adeguata di attività fisica, un dato ben superiore alla già alta media OCSE, che si attesta all’81,1%.

L’Osservatorio ha approfondito ulteriormente il fenomeno della sedentarietà in Italia tramite l’indagine “Aspetti della vita quotidiana” condotta dall’Istat, i cui dati permettono di analizzare in dettaglio il fenomeno e di collegarlo ad altri stili di vita e abitudini. Seguendo le linee guida dell’OMS, che raccomandano almeno 150 minuti di attività fisica settimanale per gli adulti, emerge che il 62,8% della popolazione italiana non raggiunge questi livelli: il 34,7% non pratica sport e il 28,1% si dedica solo a qualche attività fisica. Tuttavia, si osserva una diminuzione di questa percentuale negli ultimi venti anni, con una riduzione di 7,2 punti percentuali, dovuta principalmente a un calo significativo di coloro che non praticano mai sport (-5,6% tra il 2001 e il 2023).
I livelli di sedentarietà variano in base alle condizioni sociodemografiche della popolazione italiana, evidenziando disuguaglianze nel comportamento di chi non svolge un’attività fisica adeguata. Queste differenze sono influenzate da fattori geografici, anagrafici e socio-educativi. Se analizziamo coloro che non praticano mai sport, emerge che questa categoria include in misura maggiore: gli anziani rispetto ai giovani, le persone con un basso livello di istruzione rispetto ai laureati, le donne rispetto agli uomini, e i residenti nel Sud e nelle Isole, nei piccoli comuni e nelle periferie rispetto a quelli del Nord, delle aree metropolitane e centrali.

Il calo della sedentarietà osservato negli ultimi vent’anni non ha portato a una diminuzione delle disuguaglianze sociodemografiche. In particolare, il divario tra Nord e Sud del Paese è aumentato (+2,6%), così come quello tra grandi e piccoli comuni (+9,6%). È cresciuta anche la differenza tra chi ha un basso livello di istruzione e i laureati (+0,9%), così come quella tra le periferie e i centri (+0,1%). D’altro canto, si è ridotto il divario di sedentarietà tra uomini e donne, con una diminuzione di -1,7%, e tra gli over-65 e gli under-35, con una riduzione di -7,6%.
Per individuare le aree su cui concentrarsi al fine di ridurre ulteriormente la sedentarietà e promuovere i benefici dell’attività fisica per gli individui e per la collettività, l’Osservatorio ha analizzato i principali fattori che influenzano la pratica sportiva, focalizzandosi su tre aree tematiche: socio-sanitario, economico, accessibilità.

Nel comma sette dell’articolo 33 (“La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme”) la costituzione repubblicana introduce un equivoco che sarebbe meglio cancellare proprio per tutelare quella salute dei cittadini che promette di fare. Non si tratta di promuovere lo sport “in tutte le sue forme” dalla pratica amatoriale alla competizione atletica con tutte le conseguenze dannose, fisiche e morali, che provoca l’esaltazione della competizione. Si tratta piuttosto di favorire ogni forma di sport, dall’atletica al nuoto per esempio, nei limiti dell’educazione alla socialità e nel rispetto dell’ambiente naturale.