Trump e l’agenzia DOGE di Musk stanno effettuando licenziamenti consistenti in diversi enti federali che si occupano di protezione e manutenzione delle terre pubbliche. Quali conseguenze?
di Sara Canali

Sabato 22 febbraio 2025, un gruppo di climber ha issato, dalla cima di El Capitan, nel cuore dello Yosemite National Park, una gigantesca bandiera americana capovolta. Un simbolo, quello delle stelle e strisce a testa in giù, che equivale a un segnale di grave pericolo e, in questo caso, racchiude anche un importante gesto di protesa contro i massicci tagli al personale dei parchi nazionali americani da parte del DOGE di Elon Musk. Il Dipartimento per l’efficienza del governo era stato chiamato da Trump per tagliare 2.000 miliardi di dollari di spese superflue e il patron di Tesla lo ha tradotto in licenziamenti che hanno colpito migliaia di dipendenti in diverse agenzie federali, inclusi il Servizio Forestale, il Servizio dei Parchi Nazionali e l’Amministrazione Federale dell’Aviazione (FAA). Secondo l’Associated Press, sarebbero già stati 1.000 dipendenti del National Park Service (NPS) e circa 3.400 del Servizio Forestale degli Stati Uniti (USFS) a essere stati lasciati a casa.
Sono soprattutto le persone assunte da meno di un anno ad aver subito il maggior contraccolpo, tra cui non mancano vigili del fuoco, forze dell’ordine e alcuni meteorologi. Tra le realtà più colpite c’è il Search and Rescue Service del Denali National Park, dove i tagli potrebbero ridurre il numero di soccorritori a sei unità per 2,4 milioni di ettari. Una situazione che mette a rischio la sicurezza di alpinisti ed escursionisti in uno dei parchi più estremi degli Stati Uniti. Da parte sua, Trump ha considerato di restituire ai cittadini parte del risparmio generato dal DOGE, proponendo di destinare il 20% di questi risparmi ai contribuenti e un altro 20% al pagamento del debito nazionale. Questa proposta richiede ancora l’approvazione del Congresso.
Gli effetti
Lunghe code si sono formate al Grand Canyon e allo Zion National Park durante il fine settimana del Presidents Day, mentre numerosi altri parchi, tra cui il Florissant Fossil Beds National Monument e l’Effigy Mounds National Monument, hanno ridotto gli orari di apertura. Particolarmente grave è stata la perdita di personale specializzato: il Wrangell-St Elias National Park ha perso il suo unico pilota, Mount Rainier il suo unico idraulico e Yosemite il suo unico fabbro. A seguito delle proteste pubbliche, l’amministrazione Trump ha autorizzato il NPS ad assumere fino a 7.700 posizioni stagionali quest’anno e ha reintegrato almeno 50 lavoratori licenziati, suggerendo un parziale ripensamento della controversa politica. Infatti, la riduzione del personale rischia di intaccare i servizi per i visitatori che dovranno fare i conti con di orari ridotti, maggiore sporcizia nelle strutture e meno personale capace di intervenire in situazioni di emergenza. Un impatto che avrà ripercussioni importanti anche sui progetti di conservazione dell’ambiente e della biodiversità.
Non solo i Parchi
Questa accetta ai fondi riguarda tutte le agenzie federali, incluse quelle legate alla ricerca medica e all’assistenza sanitaria. Ma anche di ricerca scientifica e climatica, come ad esempio la Nasa e la Noaa (l’Amministrazione nazionale per l’oceano e l’atmosfera). Ricordiamo che queste decisioni sono state prese dal DOGE di Elon Musk, che non è un dipartimento ufficiale del gabinetto degli Stati Uniti, ma un’organizzazione governativa temporanea. A seguito delle numerose proteste, Trump ha annunciato che le decisioni finali sui tagli al personale nel governo federale saranno prese dai segretari del suo gabinetto. Non finisce qui, perché tra gli oltre 100 provvedimenti varati con firma esecutiva dal giorno del suo insediamento, il tycoon ha sancito anche l’uscita degli Stati Uniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e dall’Accordo di Parigi per il clima. Sempre in nome di un efficientamento delle risorse pubbliche, il 24 gennaio il presidente Trump ha firmato un ordine esecutivo chiedendo una valutazione dell’efficacia della Federal Emergency Management Agency (FEMA), l’ente federale per la gestione delle emergenze climatiche e non solo. Insomma, uno scenario preoccupante per l’ambiente e per la fruizione di spazi molto frequentati dagli appassionati di outdoor.
L’appello di Ryan Gellert
“Questo Congresso e l’amministrazione Trump stanno cercando di rendere più facile l’affitto o la vendita di 640 milioni di acri di terre pubbliche, compresi i paesaggi
più iconici dell’America, e voltare le spalle ai gruppi indigeni e locali che hanno sostenuto la loro protezione”, Ryan Gellert, ceo di Patagonia.

È firmato dal ceo di Patagonia Ryan Gellert l’articolo su Time Magazine che affronta il tema delle terre pubbliche americane minacciate dalle politiche avviate da Trump sulla loro privatizzazione e sul licenziamento del personale necessario proteggerle e accedervi. Con “terre pubbliche” si intendono parchi e riserve nazionali, aree nazionali di conservazione, fiumi selvaggi e monumenti nazionali, per citarne alcuni, rappresentano la base della biodiversità del territorio e sono mantenute per l’uso e il godimento del pubblico, servendo vari scopi tra cui conservazione, ricreazione ed estrazione di risorse. Per questo motivo appartengono a tutti. Nel suo scritto, Ryan Gellert sostiene che, al di là delle idee politiche, gli americani sono uniti nell’idea di preservare natura e ambiente e che sarebbe necessaria un’azione comune per opporsi alle politiche del presidente americano chiedendogli di fare marcia indietro sui tagli al personale.
La denuncia mossa dal ceo di Patagonia sottolinea come queste nuove minacce siano ancora più terribili, e le conseguenze più devastanti. Dal punto di vista della community outdoor, il rischio è che i piani del governo potrebbero revocare l’accesso a escursioni, arrampicata e attività all’aria aperta provocando un effetto domino che coinvolgerebbe il turismo, le imprese e gli appassionati. Non solo, anche la mancata protezione di aree naturali non farebbe altro che provocare inquinamento e consumo di suolo. Infine, Gellert lancia un invito aperto a qualsiasi leader aziendale e cittadino a prendere posizione al fianco di Patagonia, convinto che la mobilitazione dal basso possa avere un grande impatto sulle politiche nazionali.