In un Consiglio regionale veneto che neppure cinque mesi fa si era spaccato sul fine vita, ricucire non era facile… Eppure sulle “stanze panoramiche”, quelle che danno l’impressione ai turisti di essere realmente immersi nella natura circostante, appena oltre il vetro, la maggioranza si è ricompattata, a dispetto del fatto che, in sede di prime riunioni di Sesta Commissione, il leghista Marzio Favero aveva fatto sapere che avrebbe votato contro il progetto di legge.
Per ricompattarsi sono state necessarie tre settimane di riunioni, suggellate da un maxi emendamento di giunta, e pure dal recepimento di alcune richieste di modifica avanzate dai consiglieri di minoranza.
Quello che ne è uscito ieri è un progetto di legge decisamente meno impattante, rispetto a quello che era stato presentato in un primo momento. «Si è passati dall’ipotesi iniziale di quattro stanze di lusso, per un totale di otto posti letto, a un massimo di due camere, che devono servire anche per attività didattiche e di osservazione» dice Favero.
Via libera, dunque. «Saranno le amministrazioni degli 86 Comuni ad autorizzare le nuove strutture, in deroga alla normativa urbanistica», fa presente la leghista Silvia Cestaio, relatrice del progetto, «Per loro, è un’opportunità, con un impatto ambientale minimo».
Ovviamente le minoranze denunciano questo «turismo cartolina». Per Andrea Zanoni (Presidente della Commissione Legalità e membro della Commissione Ambiente del Consiglio Regionale del Veneto) più che punti di osservazione di un manto incontaminato, le stanze panoramiche rischiano comunque di trasformarsi «in luoghi dall’elevato impatto ambientale, mete di ragazzoni arricchiti, che vogliono solo fare festa».
La correlatrice Elena Ostanel (Vcv, Veneto che vogliamo) chiosa: «Con questa legge il Veneto sarà l’unica regione a derogare al limite dei 1600 metri previsto dal Codice nazionale di tutela del paesaggio. Proprio il Veneto, che non ha un piano paesaggistico».
Alcuni emendamenti, in ogni caso, sono stati approvati, e hanno pure una certa importanza. Le stanze dovranno estendersi su un unico piano e potranno essere al massimo due per comune, con non più di due posti letto per stanza. Dovranno essere realizzate in «vetro e legno o altro materiale, anche innovativo, ecosostenibile o comunque di basso impatto». Saranno collocate stabilmente sul suolo, ma dovranno essere «facilmente rimovibili». Potranno essere collocate sopra i 1600 metri, in deroga ai limiti di edificabilità posti dalla legge urbanistica, purché non distino più di 100 metri in linea d’aria da una stazione di impianto a fune o da una struttura ricettiva esistente, compresi rifugi alpini, bivacchi e malghe, raggiungibili tramite la viabilità già esistente. E’ altresì introdotto il divieto di abbattere alberi e piante per la loro realizzazione.
Sì alle stanze panoramiche
(in nome del turismo sostenibile)
di Pietro Lacasella
(pubblicato su ildolomiti.it il 28 febbraio 2024)
Alla fine è arrivata l’autorizzazione: con 35 voti favorevoli e 9 contrari, il Consiglio regionale del Veneto ha approvato la legge che permette la realizzazione di stanze panoramiche di vetro e legno, anche ad alta quota, sopra i 1600 metri di altitudine. Soglia, questa, dove sinora le norme urbanistiche ammettevano solo la presenza di bivacchi, rifugi e malghe.
Rispetto alla proposta di legge iniziale, presentata dalla Giunta nell’ottobre 2022 e licenziata dalla commissione nel novembre 2023 con un voto che aveva diviso la stessa maggioranza, il via libera è stato raggiunto grazie all’introduzione di alcuni vincoli. Tra le altre cose è stato fissato anche un tetto di due strutture per comune montano: in Veneto i comuni sono 86, il che vuol dire che se tutti decidessero di usufruire di questa possibilità, le stanze panoramiche realizzate entro i confini della regione sarebbero 172.
Non sono stati accolti, invece, gli emendamenti presentati dalle opposizioni che intendevano limitare superficie e altezza di tali strutture panoramiche, vietarne la collocazione nelle aree protette e nei parchi regionali e nazionali e normarne in modo stringente l’impatto luminoso, acustico, ambientale e su fauna e avifauna.
“Le modifiche proposte rappresentano un passo intelligente verso le preoccupazioni manifestate, ma non sono sufficienti – dichiara la consigliera di Europa Verde Cristina Guarda – Restano ancora tanti punti interrogativi: dimensioni delle strutture, rapporto con il turismo ‘mordi e selfie’, tutela del paesaggio. Questa legge si rivolge all’imprenditoria di un turismo del lusso e non risolverà i problemi di sviluppo della montagna”.
Anche il CAI e le associazioni della montagna hanno denunciato i rischi che la potenziale realizzazione di 172 stanze panoramiche ad alta quota comporterebbe in un ambiente fragile e delicato come le Dolomiti.
“Questo provvedimento, modificato, riconsegna alle nuove generazioni la possibilità di vedere il cielo, di ammirare la Via Lattea: si dà un’opportunità in più per far conoscere l’ambiente montano, non per violarlo”, sostiene invece il leghista Marzio Favero, che sulle stanze panoramiche aveva espresso voto contrario in sesta commissione. Viene quasi spontaneo chiedersi se, per vedere la Via Lattea, i giovani d’oggi abbiano bisogno di un aiutino preconfezionato.
“Questi piccoli manufatti – afferma l’assessore al Turismo della Regione del Veneto, Federico Caner – sostenibili ed ecologici, amovibili e green, consentiranno di fruire il territorio in maniera diversa, completando l’offerta turistica esperienziale (la nota integrale di Caner riporta: «L’approvazione in Consiglio del progetto di legge regionale sulle stanze panoramiche temporanee completa l’offerta turistica in alta quota, nel pieno rispetto delle montagne, del piano paesaggistico e dell’ambiente. Questi piccoli manufatti sostenibili ed ecologici, amovibili e green consentiranno di fruire il territorio in maniera diversa, completando l’offerta turistica esperienziale. Non si tratta di lusso in alta quota, ma di una esperienza unica, sostenibile e accessibile, tra le nostre cime venete. Questa modifica introduce innovazione nelle nostre destinazioni montane, che potranno offrire quello che già può essere vissuto in altri luoghi in alta quota, in Italia e all’estero. Non vogliamo essere secondi a nessuno, e senza imporre nulla alle destinazioni crediamo che le stanze panoramiche siano una opportunità di crescita e valorizzazione del turismo slow, sostenibile, ma soprattutto inclusivo, anche in prospettiva dei Giochi Olimpici e Paralimpici di Milano Cortina 2026», NdR)”.
Le parole di Favero e Caner corroborano ancora una volta l’idea che la montagna acquisisca valore solamente grazie a elementi calati dall’alto, spesso poco aderenti con le specificità territoriali: panchine giganti, ponti tibetani (che di tibetano hanno solo il nome), passerelle allestite sui precipizi, “voli d’angelo”, piste da bob (per rimanere in Veneto).
Per approfondire questo aspetto, poche settimane fa ci siamo rivolti ad Antonio De Rossi, architetto, docente universitario al Politecnico di Torino e membro del comitato scientifico de L’AltraMontagna. Riporto quindi le sue considerazioni:
“Sembra che ormai il paesaggio di montagna esista solamente se c’è una struttura che permette di guardarlo. Questo è paradossale; è una visione urbana trasferita sulla montagna, perché il panorama e il paesaggio esistono già, non hanno bisogno di un’infrastruttura che serva per osservarlo”.
“172 strutture del genere sulle montagne del Veneto – prosegue De Rossi – portano a una omologazione del paesaggio, della fruizione della montagna che rischia di essere persino controproducente rispetto agli obiettivi di questa proposta di valorizzazione turistica. Si può essere d’accordo o contro questa idea, ma al di là della propria posizione, c’è un rischio oggettivo che questa iniziativa vada a omologare tutte le differenze tra i singoli luoghi”.
“L’invito – conclude l’architetto – è quello di riflettere molto bene su un’azione che rischia di diventare un automatismo: faccio un punto panoramico e automaticamente valorizzo il paesaggio, valorizzo le potenzialità turistiche, ma in realtà bisogna pensarci molto bene perché così si corre il pericolo di dare vita a luoghi tutti uguali. In qualunque posto arrivi rischi di trovare la stessa cosa, sempre uguale. Io credo invece che andare in montagna sia soprattutto cercare le differenze”.
Viene quasi naturale prolungare le riflessioni di Antonio De Rossi con un’ulteriore considerazione: per rendere seducenti i territori montani a volte sono necessari interventi di carattere minuto, ma soprattutto una narrazione accattivante, capace di cogliere e di evidenziare la poesia e il fascino degli elementi già esistenti. Degli elementi capaci di rendere un territorio unico.
Il suono della cerniera della tenda che si apre, l’erba bagnata, lo sguardo che incontra la prima marmotta e poi sale e si perde; silenzio, un sorriso immenso dentro.
Tolgo il disturbo, nessuna traccia.
“Sii il cambiamento che vorresti” (M. Gandhi)