“È un modo per valorizzare questi luoghi, un po’ come le panchine giganti di altri Comuni” spiega Paola Borra, assessore del Comune di Pragelato.
Pragelato: un esempio paradigmatico di gestione della montagna
di Fabio Balocco
Nel comune di Pragelato, comune dell’Alta Val Chisone, l’amministrazione ha posizionato lungo alcuni sentieri, in luoghi panoramici, dei selfie point, cioè una colonnina su cui poter posare il proprio cellulare, predisporre un autoscatto, mettersi in posa e scattarsi la foto ricordo. Sembra una sciocchezza, ma in realtà l’installazione si presta ad alcune considerazioni dirette e indirette. Partiamo da quelle dirette e situiamo questo selfie point all’interno di una visione della montagna come divertimentificio in senso lato.
https://gognablog.sherpa-gate.com/il-divertimentificio/
La montagna oggi non più come luogo di quiete, ma anche di scoperta, di conoscenza della Natura e di se stessi, bensì come luogo dove esercitare il proprio narcisismo, come nel caso del selfie, oppure come ipotetico viaggio verso l’infanzia, come nel caso delle panchine giganti di Chris Bangle,
https://gognablog.sherpa-gate.com/i-panchinoni-seriali-sono-dei-non-luoghi/
(ce ne sono ben due nei vicini comuni di Usseaux e Fenestrelle), oppure come occasione di esperienze diverse e magari adrenaliniche, come le vie ferrate, i ponti tibetani, le zipline. In ogni caso l’esperienza montana oggi è spesso e volentieri mediata: si usa un mezzo per usufruirne. I comuni non si accontentano di avere una vera e propria ricchezza naturale da gestire, ma si inventano delle attrattive, dei richiami in più, dimodoché la montagna diventi in qualche modo un palcoscenico delle piccole o grandi imprese dei turisti, che non sono più, ben lo sappiamo, viaggiatori, scopritori. Ed il tutto ecco che finirà su Instagram o Facebook, cioè nel mondo magico delle immagini. Insomma, uno spettacolo.
Ma, nel caso del Comune di Pragelato, si palesa anche un evidente contrasto: i selfie point sono posizionati lungo dei sentieri. Orbene, il territorio comunale è molto esteso, sia sul versante sud che su quello nord e sui due versanti si sviluppano enne sentieri. Ma le indicazioni degli stessi sono quanto meno bizzarre. Ad esempio, nel preparco della Val Troncea è segnalato l’itinerario che conduce alla frazione Jusseaux con due distinte segnaletiche: una indica 30 minuti per la borgata, l’altra 50 minuti. Dalla frazione Grand Puy (riconoscibile da lontano per un tetto in lamiera verde smeraldo in palese contrasto con il contesto…), la segnaletica indica 1.45 h per raggiungere il Lago Lauson. Dopo mezz’ora di buona lena, un’altra palina vi annuncerà che la tempistica è rimasta invariata: 1.45 h. Sempre dalla borgata un sentiero, peraltro rigorosamente non segnalato dal centro della stessa, mena alla magica borgata Rif, una specie di ghost town.
Se lo prendete, beh, buona fortuna: la segnaletica si perde tra radure e radi lariceti. Ma la borgata Rif è raggiungibile anche da un’altra frazione, situata più a ovest: Alevé. Qui la segnaletica vi indicherà, oltre a Fontana Cabò (itinerario che si perde), la borgata Rif, a un’ora di cammino. Ce ne impiegherete sì e no un’ora e un quarto andata e ritorno lento pede, e dovrete pregare di non incrociare un trialista perché il percorso il comune lo ha autorizzato anche per le moto. Insomma, segnaletica bizzarra o contraddittoria (con tutto ciò che ne può derivare in termini di possibili incidenti), sentieri contemporaneamente per escursionisti e per trialisti, ma, in compenso selfie point. Forse, viene da pensare, forse un po’ più di attenzione per la Natura e il turismo dolce sarebbe auspicabile, oltre che apprezzabile.
La madre dei cretini è sempre incinta…
Ottimo articolo, purtroppo sempre sugli orrori che tempestano la montagna, peraltro vicino a casa nostra: abbiamo contezza di quanto accade. Non si sa più dove girarsi, tra quad, cacciatori in pick-up, trialisti, marziani in mtb e scemi assortiti. Due giorni fa abbiamo insolentito una banda di coglioni svizzeri con le loro moto da cross sul sentiero che stavamo percorrendo. Problema è che i locali e le amministrazioni (chiamiamole così..) non pensano nulla di tutta ‘sta spazzatura, anzi, mi pare partecipino attivamente, sia a livello “operativo”, sia “concettuale”. Così noi “fourest” facciamo la figura delle anime belle con la puzza sotto il naso, nonostante il fatto che viviamo qui tutto l’anno, nella buona e nella cattiva sorte, in una giungla di seconde case anni ’70 e ’80, perennemente chiuse a parte la grigliata di Pasqua e Ferragosto. Il PNRR ha portato una selva di inutili segnavia, sovente con indicazioni di pura fantasia, come giustamente notato nell’articolo. E altro asfalto. Ad ogni modo, continueremo a cercare di sensibilizzare e far riscuotere la gente che vive qui, non mi viene in mente altro da fare.
La madre dei cretini è sempre incinta. Verissimo, e forse da sempre. Il problema è che oggi, diciamo che c’è la globalizzazione, queste madri si sono moltiplicate per 1000 e sono sempre più prolifiche. Fondi PNRR che di ripresa e resilienza non hanno un beato cazzo, assessori che curano il loro orticello e danno sfogo a fantasia malata, associazioni che nascono come funghi e ognuna mette le propria segnaletica, il mondo montagna come divertimentificio, ecc. E allora panchine giganti che sono una emerita cazzata, misture pericolose e distruttive di frequentazioni che nulla hanno da condividere, segnaletica bulimica e adesso anche le installazioni per i self, credo siamo nei dintorni del fondo del barile o forse no, perché non esiste un limite al peggio. Pi endarè che ra cua der crin, in piemontese o, magari più intellegibile, “when the shit It the fan”.
Ma la montagna è il luogo per eccellenza dove esercitare il proprio narcisismo. Chiedere a Bonatti è a tutti gli alpinisti.
Io ho già protestato verso il Cai che non ha preso minimamente in considerazione il problema!