Scialpinismo

Scialpinismo
a cura della Redazione di Uomini e Sport
(pubblicato su Uomini e Sport n. 38, dicembre 2024)

Lo scialpinismo è una disciplina sportiva sciistico-alpinistica, che si pratica in montagna durante i periodi di innevamento, tipicamente al di fuori da impianti e piste attrezzate ovvero su pendii “fuoripista”, mediante l’utilizzo di sci opportuni e pelli di foca, permettendosi di muoversi sia in salita che in discesa, come attività a sé stante oppure come modalità di avvicinamento invernale a percorsi prettamente alpinistici.

Un po’ di storia
L’utilizzo delle pelli di foca, (inizialmente naturali, poi soppiantate da prodotti sintetici) sotto le solette degli sci per permettere l’avanzamento e la tenuta in salita è stato ripreso dai pionieri dello scialpinismo dagli esploratori delle aree polari. Le tecniche, sebbene primitive, erano già ben delineate nei primi anni del XX secolo, ed utilizzate anche in campo bellico dalle Truppe alpine durante la Prima guerra mondiale.

Gli anni del primo dopoguerra hanno visto una notevole evoluzione della tecnica e dei materiali (è del 1927 la prima ascensione sciistica italiana al Monte Bianco, da parte di Ottorino Mezzalama ed Ettore Santi), e nel secondo dopoguerra si è assistito ad una diffusione su scala relativamente vasta di appassionati a questa attività invernale. Già nel 1933 si organizzò la prima edizione di quella che sarebbe diventata la più importante competizione di scialpinismo come disciplina agonistica.

Foto: Atomic

Lo stesso grande fascino che conquistò i primi turisti inglesi – era il 1864 – invitati da un albergatore svizzero, sul finire dell’estate, a trascorrere l’inverno sulle Alpi: “Mi pagherete solo se il tempo sarà clemente” fu la proposta. Seguì una stagione benedetta dal sole e la nascita – da una scommessa modernissima, soddisfatti o rimborsati – del turismo invernale.

I turisti inglesi tornarono a godersi il sole della montagna d’inverno, seguiti da molti altri. E la dimensione avventurosa dello sci durò ancora a lungo: “Il raid bianco di Walter Bonatti” titolava il Corriere della Sera il 31 marzo 1956, per raccontare la traversata delle Alpi con gli sci di una cordata guidata dall’alpinista lombardo.

Un’idea lanciata sulle nevi di Madonna di Campiglio, che divenne una sfida con una seconda cordata, guidata dal trentino Bruno Detassis: un viaggio di oltre 1.200 chilometri attraverso i versanti alpini, con un dislivello di 73 mila metri. Partirono il 16 marzo da Tarvisio e arrivarono il 18 maggio al Col di Nava, con i due gruppi che nel frattempo si erano uniti. Ecco la storia dello scialpinismo. Ed ecco perché nell’era delle funivie, lo scialpinismo è un ritorno alle origini per chi sogna l’avventura e la libertà, lontano dalle piste battute e dai percorsi più affollati.

Un viaggio che spesso segue i percorsi estivi, alla scoperta di come la neve trasforma il paesaggio e di come lo sci riduce le distanze in uno scenario “by fair means” (per usare le parole del pioniere inglese dell’alpinismo Albert Frederick Mummery) dove la montagna si affronta con “mezzi leali”: il piacere della discesa, guadagnato con la fatica della salita.

E poi c’è la questione sicurezza, perché con l’aumento del numero di scialpinisti si è sviluppata anche la prevenzione: il bollettino valanghe (consultarlo sempre), le apparecchiature Artva per la ricerca di dispersi sotto la neve (portarle sempre con sé, ma soprattutto imparare a usarle) e la conoscenza sempre più approfondita di come la neve si trasforma nel corso della giornata e della stagione perché un bravo scialpinista sa leggere sui pendii la traccia più sicura ed è in grado di rinunciare quando il rischio si fa elevato.

Il fascino di uno sport a contatto con la natura
di Tatiana Bertera
(pubblicato su Uomini e Sport n. 38, dicembre 2024)

Per risalire alla nascita dello sci bisogna parlare di necessità, prima ancora che di svago o di pratica sportiva. La storia dello sci utilizzato per gli spostamenti ci porta nei paesi nordici, laddove le persone avevano bisogno di attrezzi che permettessero loro di muoversi su terreno innevato.

La storia narra che nel 1564 l’esercito di Svezia disponeva, nella guerra contro la vicina Danimarca, un plotone composto da 4.000 soldati sciatori esperti, in grado di combattere e di muoversi con rapidità sul terreno innevato grazie ai loro “calzari speciali”. Ma bisogna attendere fino al 1888 con l’esploratore norvegese Fridtjof Nansen per parlare di scialpinismo vero e proprio. Il pioniere diventa infatti famoso per essere il primo uomo ad attraversare la Groenlandia del Sud da est a ovest per circa 500 km. In altri ci avevano tentato, prima, ma senza fare ritorno. Fridtjof lo fa in 40 giorni, raggiungendo vette che toccano quota 2700 metri. Tra la fine del 1800 e il 1900 lo sci diventa, finalmente, una pratica sportiva e si declina nelle sue diverse varianti. Tra il 1887 e il 1967 l’ingegnere e alpinista elvetico Marcel Kurz annota sistematicamente tutte le sue gite scialpinistiche. Risale al 1933 la prima edizione del Trofeo Mezzalama e nel 1956 la fortissima coppia Bonatti-Detassis firma la prima traversata delle Alpi con gli sci: un’impresa che ha dell’incredibile, soprattutto se pensiamo all’abbigliamento e all’attrezzatura di allora.

La pratica dello scialpinismo, lontana da comprensori e impianti, è una vera e propria immersione nella natura più incontaminata. Conditio sine qua non, per chi si avvicina a essa, è saper sciare. Questo perché una volta affrontata la parte di salita, resa agevole dall’utilizzo delle pelli che si applicano sotto allo sci, la discesa avviene sciando. Dalla neve fresca e polverosa (la preferita dagli sciatori) a quella crostosa e ghiacciata, chi pratica scialpinismo deve essere in grado di scendere nelle più svariate condizioni. I rischi sono quelli tipici dell’alta montagna, in primis quello legato alle valanghe, e per questo motivo spesso chi si approccia alla pratica di questa bellissima e affascinante disciplina lo fa frequentando corsi specifici, organizzati dal Club Alpino Italiano o dalle Guide Alpine. Tra gli argomenti trattati, oltre alla tecnica di salita, al corretto utilizzo dell’attrezzatura (sci, pelli, bastoni, rampanti) e del dispositivo Artva, anche cenni sulla valutazione del manto nevoso.

Per quanto riguarda il materiale esistono moltissimi modelli di sci, così come diversi tipi di attacchi, il cui costo varia in base alia tecnologia costruttiva, ai materiali e al peso. Ci sono sci adatti per la categoria entry level e altri per sciatori più esperti. Anche in questo caso il consiglio del negoziante è fondamentale.

Praticare scialpinismo aumenta la resistenza cardiovascolare e permette di bruciare molte calorie, in funzione dell’intensità con cui lo si pratica e del peso dell’attrezzatura. Da uno studio pare che praticare scialpinismo a media intensità richiede al nostro corpo 10-15 Kcal/h per ogni kg di peso corporeo, a cui va aggiunto il peso dell’attrezzatura. Rinforza la muscolatura degli arti inferiori e dei glutei, del tronco, delle braccia e delle spalle. A livello mentale rilassa e libera la testa dai pensieri e dalle preoccupazioni, rafforza l’autostima e la determinazione. È uno sport molto faticoso, soprattutto quando non si è allenati, ma la soddisfazione che ne deriva ripaga di tutte le fatiche.

Foto: Patrick Untersee/Unsplash.

Come scegliere il giusto itinerario?
Conoscere il livello di difficoltà è fondamentale quando si tratta di scegliere e sapere se un itinerario piuttosto che un altro è alla nostra portata. La scala Blachère è in realtà un ottimo strumento che ci consente di identificare le difficoltà, ma prendendo i giudizi con molta circospezione dato che il terreno cambia di continuo. Dare una scala uguale per tutti i versanti è praticamente impossibile perché, il manto nevoso è perennemente instabile e muta in continuazione è non è mai lo stesso.

Ovviamente nella scelta di un percorso sono consigliate anche altre valutazioni basate su dislivelli, quota massima, periodo dell’anno, la nostra preparazione fisica e atletica. Infine, ma non meno importante, è la conoscenza del rischio valanghe e l’utilizzo dell’attrezzatura necessaria per affrontare lo scialpinismo e le condizioni della neve in tutta sicurezza.

A differenza dell’escursionismo e dell’alpinismo, classificare oggettivamente i percorsi di scialpinismo è molto più complicato. Non contano solo la lunghezza del percorso, la pendenza e l’esposizione del pendio, ma è la neve che fa la differenza, il manto nevoso è in continua evoluzione e non sarà mai lo stesso di anno in anno. Anche la temperatura, la quantità di neve e la sua qualità influiranno sulla valutazione finale.

Quindi, in questo caso, per l’alpinismo e il trekking, non possiamo affidarci interamente alla difficoltà nella preparazione del nostro itinerario; è sicuramente uno strumento utile, ma da solo non basta. Ci sono molte cose da considerare nel loro insieme in modo che i nostri viaggi possano procedere in sicurezza.

Inoltre lo stesso versante potrebbe avere diversi gradi di pericolo anche in base al giorno in cui viene fatto e l’orario in cui si sale e/o si scende.

La scala di difficoltà Blachère
La scala Blachère prende il nome dall’ingegnere francese Gérard Blachère, che l’ha introdotta all’inizio degli anni ’40. È una scala molto semplice, ma è sempre stata attuale ed è ancora in uso oggi. La scala Blachère si basa su tre livelli:

OS (ottimo sciatore): pendenze superiori a 40° (o anche inferiori in presenza di neve ghiacciata) con passaggi stretti obbligati;
BS (buon sciatore): pendenze fino a 40° (neve dura esclusa) e/o passaggi stretti ove necessario;
MS (medio sciatore): piste non superiori a 25°, piste larghe e nessun accesso obbligatorio.

Se viene aggiunta la lettera A dopo la sigla significa che si tratta di un’escursione alpinistica, quindi servirà avere un equipaggiamento adeguato (casco, imbrago, corda, piccozza e ramponi). Questa indicazione fornisce un’indicazione di ciò che faremo, anche se presenta un grosso difetto: infatti si basa interamente sull’abilità tecnica dello sciatore, che non è un parametro oggettivo. Inoltre, non vi è alcuna differenza, ad esempio, per il percorso più impegnativo (OSA).

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1 Comments

  1. says: Carlo Crovella

    Non è il caso di questi due testi, ma ne approfitto per chiarire un mio pensiero di fondo sullo scialpinismo. Quando leggo “lo scialpinismo è un sport…”, cestino il testo. Magari sbaglio, forse nel “resto” c’è anche del buono, ma l’errore di partenza mi fa storcere il naso. Andare in montagna NON è uno sport, ma una passione, cioè un’arte (un po’ come andar per mare) e le sue discipline tecniche (alpinismo, arrampicata, scialpinismo, escursionismo, ecc. ecc. ecc.) NON sono dei sport ma appunto delle “discipline” in cui si declina l’arte. La differenza fra sport e arte si evince in ogni disciplina, ma raggiunge il massimo per lo scialpinismo. questo infatti è la disciplina più complicata fra tutte quelle che compongono l’andar in montagna. Ma NON, come penda chi ragiona in termini di “sport”, per le difficoltà tecniche o atletiche 8qyabto dislivello, in quanto tempo, su che pendenze si procede, ecc ecc ecc) bensì per il grado implicito di rischio. A sua volta questo “rischio implicito” è conseguenza del fatto che nello scialpinismo ogni metro può essere quello fatale, nell’eventualità della valanga. Chi ragiona in termini di “sport” non riesce a cogliere tutto ciò e in particolare la stridente contrapposizione fra il fatto che, da un lato, nell’80-85% dei casi ci si muove su terreni che, senza neve, sono “escursionistici” e, dall’altra, che anche su tali terreni si annida un rischio potenzialmente mortale. Chi ragiona pensando allo “sport” non coglie questa caratteristica di fondo. Ecco perché combatto aspramente l’errore concettuale di definire lo scialpinismo come “sport”. personalmente ritengo che il bello dell’andar in montagna (e dello scialpinismo in particolare) consiste proprio nel fatto che non è un sempliec sport ma un’arte.

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