Le montagne invisibili della baronessa Giulia de Rolland

Le montagne invisibili della baronessa Giulia de Rolland
di Beppe Ley
(pubblicato su camoscibianchi.wordpress.com il 13 luglio 2024)

L’alpinista dimenticata
“Dice essere altamente onorato di avere alla sua destra la baronessa De Rolland. Essa ama veramente l’arte per l’arte. Ama la montagna per la montagna. La denunzierò io a chi non sapesse. È una intrepida. Anche pochi giorni fa salì sul Monte Bianco. Rimase ore e ore, imperterrita, smarrita sui ghiacciai, fra le nebbie (la citazione è tratta dal n. 52 del Bollettino del Club Alpino Italiano del 1885 e la persona altamente onorata è Paolo Lioy, presidente del Sodalizio che parlò durante un congresso alpino a Courmayeur)”.

La baronessa Giulia de Rolland (1842 – 1929) è stata la prima donna italiana a scalare il Monte Bianco e le Grandes Jorasses, in un’epoca in cui tentare di diventare alpiniste era quasi un miracolo. Un’impresa nell’impresa.
In quegli anni, la scena delle grandi ascensioni sulle montagne era dominata al 99% da uomini, manifestazione di una società ultra maschilista. E non è difficile crederlo e immaginarlo se oggi ci si lamenta delle condizioni di disparità in cui vivono le donne. Oggi, in Italia.

Questa grande alpinista ottocentesca è stata completamente dimenticata. Non era solo una provetta scalatrice. Amava anche la fotografia tanto che non mancava mai, durante le sue avventure nelle Alpi, di raccogliere numerosi ed eccellenti scatti, a tal punto di vincere dei premi prestigiosi. A tal punto che alcune sue foto furono anche utilizzate nelle pubblicazioni del CAI.

Bollettino del Club Alpino Italiano n. 59 del 1892

Monte Bianco, anno 1883
Colle del Gigante ed ascensione del Monte Bianco
Siamo lieti di annunciare che la baronessa Giulia De Rolland, inscritta nella Sezione di Torino del CAI, il 23 decorso agosto si recava a pernottare alla capanna del Colle del Gigante, che lasciava alle ore 3 del mattino seguente, ed alle 10.20 ant. dello stesso giorno raggiungeva Chamonix.
Il 26 agosto colle guide Julien Proment e Puchoz Pantaleon e col 
porteur Petitgaz Joseph, tutti di Courmayeur, si recava a pernottare ai Grands Mulets, donde, partita alle 2.10 ant. del 28, alle 10.22 toccava la vetta del Monte Bianco, ed alle 8 pom. rientrava in Chamonix fra gli applausi dei forestieri dell’albergo (CAI – Rivista Alpina Italiana n. 9 del 1883)”.

25 agosto 1883. Monte Bianco e Tour Ronde. Foto: Vittorio Sella (da Fondazione Sella).

Aiguille des Glaciers, anno 1885
La baronessa Giulia De Rolland, iscritta nella Sezione di Torino accompagnata dalla guida Proment Giuliano e dal portatore Bertod Alessio, ambedue di Courmayeur, il giorno 18 agosto compieva l’ardita ascensione dell’Aiguille du Glacier (m. 3817) e ritardava all’indomani il suo ritorno a Courmayeur, perché sorpresa nella discesa da una furiosa tormenta (CAI – Rivista Mensile n. 8 del 1885)”.

Aiguille des Glaciers prima del 1928 (autore sconosciuto)

Gran Paradiso, anno 1886
II giorno 12 agosto le signore baronessa Giulia De Rolland e Rina Ara-Lucca, il marchese Carlo d’Angrogna, l’avv. Giuseppe Frascara, l’avv. Alberto Gonella, il marchese Carlo Del Carretto di Moncrivello, l’avv. Francesco Gonella ed il marchese Vincenzo Ricci, tutti soci della Sezione di Torino, con le guide e i portatori Henry Serafino, Puchoz Pantaleone, Berthod Alessio, Meliga Raimondo, Lanier Maurizio, Proment Davide, tutti di Courmayeur, e Blanc di Valsavaranche, partendo dal Rifugio Vittorio Emanuele II (Valsavaranche), divisi in tre carovane, in 4 ore e mezzo toccavano l’estrema vetta del Gran Paradiso, dove si trovarono contemporaneamente riunite quindici persone (CAI – Rivista Mensile n. 8 del 1886)”.

18 luglio 1882. Cresta che conduce alla vetta del Gran Paradiso dal versante di Valsavarenche vista dalla vetta del Gran Paradiso. Foto: Vittorio Sella (da Fondazione Sella).

Grandes Jorasses, anno 1886
Il giorno 2 settembre la signora baronessa Giulia De Rolland (CAI, Sezione Torino) accompagnata dalle guide e portatori di Courmayeur Proment Giuliano, Berthod Alessio e Proment Davide compiva l’ardita ascensione delle Grandes Jorasses.
Partita alle 4.15 ant. dalla capanna, alle 11.40 toccava l’estrema vetta (Punta Walker). Trattenutasi parecchio tempo sulla cima, compiva la discesa rientrando nella capanna alle 5.30 pom.
La baronessa De Rolland è la prima signora italiana che abbia toccato quella eccelsa cima. Alla intrepida gentildonna le più vive congratulazioni
(CAI – Rivista Mensile n. 9 del 1886)”.

1890. Grandes Jorasses. Foto: Emilio Gallo (da Fondazione Sella).

Tour Ronde, anno 1887
Il 3 agosto, la signora baronessa Giulia de Rolland saliva questa vetta con la guida Bertod Alexis e il portatore Truchet, partendo dalla capanna al Colle del Gigante (CAI – Rivista Mensile n. 8 del 1887)”.

24 agosto 1883. Tour Ronde dalla Vallée Blanche. Foto: Vittorio Sella (da Fondazione Sella).

Dente del Gigante, anno 1889
Il giorno 10 agosto questa punta fu salita dalla signora baronessa Giulia De Rolland (socia della Sezione di Torino) con le guide Berthod Alessio e Petigax Giuseppe di Courmayeur (CAI – Rivista Mensile n. 8 del 1889)”.

25 agosto 1883. Dente del Gigante dalla cresta del contrafforte nord-ovest del Dente del Gigante. Foto: Vittorio Sella (da Fondazione Sella).

Curioso notare che dopo la segnalazione dell’ascensione del Dente del Gigante, nella riga seguente si legge che:
Il giorno 17 agosto vi salirono (in 4 ore 3/4 dalla capanna del Colle del Gigante) i soci avv. Giuseppe Corrà e ing. Teodoro Manaira (Sez. di Torino) colla guida Ricchiardi Michele di Groscavallo (valle di Lanzo).

Qui troviamo alpinisti e guide che hanno lasciato la loro firma sulle vette delle Valli di Lanzo ma sono comunque firme maschili. Questo ci può far percepire quanto impegno e volontà abbia dovuto metterci la nostra gentildonna per potersi guadagnare un posto tra le grandi ascensioni di quel periodo.

E’ proprio nel 1889 che si rintraccia una relazione sulla scalata alla Grivola, firmata finalmente proprio dalla baronessa Giulia de Rolland.

Grivola, anno 1889
Lasciato la mattina del 30 agosto Courmayeur per fare l’ascensione della Grivola, mi recai a Cogne con il proposito di andare la sera stessa fino ai chalets del Pousset onde abbreviare di qualche ora la tappa dell’indomani. Sconsigliata però dal passare la notte in quei chalets poco fatti per accogliere viaggiatori, sieno pure dei meno esigenti, domandai ospitalità al modesto ma pulitissimo Hôtel Royal di Cogne, e la mattina del 31, alle ore 2.20 ant., accompagnata dalla guida Berthod Alessio di Courmayeur e dal portatore Jeantet Luigi di Cogne, partii alla volta della Grivola.
Alle ore 7.45 giungevamo sulla cresta del Pousset. Dopo breve fermata per fare colazione e prendere alcune vedute fotografiche, attraversammo il facilissimo ghiacciaio del Trajo per prendere le creste rocciose che grazie ai forti calori degli ultimi giorni del mese trovammo in gran parte spoglie di neve. Evitando per quanto fosse possibile i couloirs, pericolosi per la frequente caduta delle pietre giungevamo sulla vetta alle ore 12.40, avendo impiegato così 10 ore 20 min. per la salita comprese le fermate.
Favorita da un tempo splendido, mi fu dato di godere del magnifico ed esteso panorama che si svolge da quella cima slanciata, e soprattutto ammirai la vicina del Gran Paradiso imponente pei suoi estesi ghiacciai e per le sue grandi costiere rocciose. Ma il tempo più che altrove scorre veloce in montagna e le mie guide non me ne accordarono quanto io ne desiderava.
Alle 2 pom., ultimo limite da esse concessomi, dopo di aver fatto alcune fotografie, con precisione militare principiammo la discesa, e la sera stessa facevamo ritorno a Cogne.
Baronessa De Rolland (Sezione di Torino)
(CAI – Rivista Mensile n. 10 del 1889)”.

1882 – 1892. Grivola. Foto: Vittorio Sella (da MutulaArt).

Punta Dufour, anno 1891
Questa vetta venne ascesa dal Riffel il giorno 3 settembre dalla signora baronessa Giulia de Rolland, socia della Sezione di Torino, con le guide Giuliano Proment di Courmayeur e Carlo Gorret di Valtournanche, e dal socio ing. Luciano Casalini, della Sezione di Vicenza, con la guida Alessandro Corsi e il portatore Andermatten di Macugnaga (CAI – Rivista Mensile n. 9 del 1891)”.

18 settembre 1887. Monte Rosa dai pressi del Col des Grandes Murailles. Foto: Vittorio Sella (da Fondazione Sella).

Purtroppo non posso assicurarvi che quest’elenco sia esaustivo perché le ricerche tramite la Teca Digitale del CAI, sebbene facilitate dal motore di ricerca, sono comunque lunghe (186 mila pagine), complesse e non sempre efficaci. Ritengo però che possano offrire un’idea dello spessore della protagonista, tenendo conto che ancora oggi alcune di quelle ascensioni non sono banali e richiedono ottime abilità alpinistiche ed esperienza, anche se fatte con le guide alpine.

Donne, montagna e CAI nel XIX secolo
All’epoca le donne non potevano votare e credo che basti questo fatto per comprendere quale fosse la condizione femminile, sebbene variasse in base alle condizioni sociali e culturali di appartenenza. Era anche esclusa la possibilità di potersi iscrivere ai Club Alpini, che via via stavano nascendo, a parte rari casi e comunque dopo riserve e resistenze.
Giulia Ferri, Nobile dei Conti, sposò il politico Giulio de Rolland che nel 1864 ottenne il titolo di Barone per regio recreto. Non ebbero figli e questo aspetto molto probabilmente consentì alla baronessa de Rolland di avere molto tempo a disposizione per le montagne, soprattutto quelle valdostane, che amava particolarmente.

La seconda metà dell’Ottocento è definita l’età d’oro dell’alpinismo. Quando Giulia de Rolland sale sul Monte Bianco, il Club Alpino Italiano ha solo vent’anni di vita mentre Whymper compie l’impresa sul Cervino nel 1865, poco dopo aver effettuato la prima ascensione delle Grandes Jorasses. L’alpinismo in quest’epoca è ancora praticato prevalentemente con l’ausilio delle guide alpine ma inizia ad emergere l’idea e la voglia di alpinismo in autonomia.

Ma in quegli anni, com’era considerato l’alpinismo femminile nel Club alpino italiano?

Nel 1888 il n. 55 del Bollettino del CAI dedica oltre 210 pagine ai pericoli dell’alpinismo, tema curato da Cesare Fiorio e Carlo Ratti, tra i precursori più attivi nella nascita dell’alpinismo senza guide che sfocerà, nell’ambito del Sodalizio, con la fondazione nel 1904 del CAAI (Club Alpino Accademico Italiano). Il capitolo secondo tratta delle attitudini dell’alpinista e in particolare l’ultimo paragrafo è dedicato ai Fanciulli, vecchi e donne alpinisti che inizia con un’elencazione delle difficili ascensioni compiute dalle donne in quegli anni, dove spiccano le inglesi (tra le italiane viene citata la Nostra), ma poi nella conclusione, Fiorio e Ratti sostengono che:

Tuttavia, se approviamo pienamente le escursioni di non primaria importanza per le donne, e pure ammettendo la possibilità per esse al grande alpinismo, noi in questo non le approviamo completamente per ragioni d’indole diversa.
Se un giovane può e deve esercitare il corpo ai forti esercizi ginnastici e muscolari, avvezzarlo ai disagi, alle intemperie, agli strapazzi di ogni genere, ci pare che una donna non possa e non debba assoggettarsi a questo trattamento sotto pena di perdere le migliori prerogative e le attrattive del suo sesso. Una donna ginnasta o virago stuona come un uomo che facesse la calza, e di più è provato che le donne resistono meno agli eccessi delle intemperie che qualche volta bisogna subire nelle Alpi. Si notano due signore morte di esaurimento per cattivo tempo mentre gli altri membri della comitiva che le accompagnavano resistettero bene alla bufera (vedi i casi di miss Alice Barker e della signorina Duprè al cap. IX).
E vi sarebbe ancora qualche altra considerazione contro le donne alpiniste. Ve la figurate voi una bella signora a cavallo di una ripida cresta di roccia, oppure spinta a piene mani e vigorosamente su per una parete, o che alla discesa di un brutto passo debba abbandonarsi nelle braccia o sulle spalle di una robusta e giovane guida ?
Non vogliamo già con ciò escludere totalmente l’alpinismo per le signore, ma soltanto rilevare che le lunghe corse e le ardue scalate non sono quei che vi sia di più indicato per loro.
E ci pare anche che esse, avendo assai fine e delicato il gusto ed il sentimento, possano trovare nelle ascensioni di secondo e terz’ordine abbastanza da sentire e godere la maestà delle Alpi ed entusiasmarsene ugualmente”.

Insomma, più che un monito verso le donne sui pericoli dell’alpinismo sembra un monito sui pericoli femminili per la sopravvivenza del maschilismo dell’epoca (almeno per quanto riguarda il dominio sulla montagna). La baronessa Giulia de Rolland ha dimostrato che l’alpinismo poteva essere praticato dalle donne senza alcun problema e distinzione (nemmeno nelle peggiori bufere) rispetto alla visione fallocentrica dell’epoca e se qualcuno pensa che un fiore non fa primavera, allora vi invito a proseguire per leggere cosa scrisse Edmondo De Amicis sul tema.

Le grandi alpiniste tedesche
In questa mia ardua ricerca delle tracce lasciate dalla profonda passione della baronessa de Rolland, non solo per le scalate ma anche per la fotografia, sovente mi sono scontrato con l’oblio, quasi come un destino – o forse una condanna – a cui involontariamente le rare donne alpiniste italiane dell’epoca dovessero andare incontro, perché, forse, il potere patriarcale non poteva essere messo in discussione e nemmeno minimamente adombrato dalla presenza femminile, una presenza relegata più che altro al disbrigo delle faccende domestiche e alla cura della prole. Il potere, in ogni ambito, era maschile, così come lo era la visione del mondo.

Edmondo De Amicis

Nel paragrafo dedicato alla letteratura e all’arte, la Rivista Mensile del CAI, Vol. XXII, n. 4 del 1903 segnala un articolo di Edmondo De Amicis intitolato Le grandi alpiniste tedesche, pubblicato sul mensile Il Secolo XX. Ecco cosa dice:

Le grandi alpinista tedesche è il titolo e l’argomento di un interessante articolo dell’illustre scrittore Edmondo De Amicis, pubblicato nel fascicolo dello scorso aprile dal periodico mensile II Secolo XX, edito dai Fratelli Treves di Milano. Egli dice subito che avrebbe preferito di scrivere Le grandi alpiniste italiane, ma vi rinunziò perché non riuscì che a conoscerne il nome di quattro sole: troppo poche, se si ricordano i molti nomi che da anni registra la nostra Rivista. E’ d’uopo ammettere, però, che le loro ascensioni sono assai limitate di numero, in confronto a quello notevole che possono vantare le alpiniste tedesche. Ciò che il De Amicis dice di queste, colla sua consueta finezza di osservazione e di giudizio, lo trasse da un articolo della signora Maud Wundt intitolato Berühmte Bergsteigerinnen (Donne alpiniste famose, N.d.A.) e inserito nella rivista Die Woche; e, come questo, il suo scritto è illustrato da 25 ritratti di alpiniste d’ogni parte della Germania e dell’Austria, a cui egli aggiunse i ritratti di due alpiniste italiane: la baronessa Giulia De Rolland e la signora Maria Cramer Graziani. Vi sono inoltre 7 belle vedute di alpinismo in azione, in cui delle alpiniste legate in cordata compiono scalate di creste, di camini e di pareti scoscese.

La signora Aurora Herzberg e la figlia tra le sue guide. Immagine tratta da “Berühmte Bergsteigerinnen”.

Il De Amicis che, dopo aver passato tre mesi ai piedi del Cervino, si è convertito all’alpinismo, cioè ad approvarlo e apprezzarlo, seppe trasfondere nel suo scritto il sentimento di forte poesia e lo spirito educativo che vengono suscitati nell’animo col frequentare l’alta montagna”.

Un articolo di Edmondo De Amicis intitolato “Le alpiniste tedesche” (anziché “Le grandi alpiniste tedesche”) fu pubblicato qualche anno dopo sulle “Pagine allegre” (Fratelli Treves editori, 1908), ispirandosi proprio al pezzo “Berühmte Bergsteigerinnen” della signora Maud Wundt. Questo interessante articolo è stato digitalizzato da Google (qui per leggerlo in versione in pdf).

Possiamo concludere che all’epoca c’erano già numerose alpiniste che compivano imprese eccezionali ma, numericamente parlando, non erano italiane. Ma esistevano e quindi Fiorio e Ratti perché dovevano essere “contro le donne alpiniste”?

Montagne invisibili. Uno sguardo femminile perso per sempre?
La Nostra, oltre che una valente alpinista, fu anche una provetta fotografa ma anche in questa sua notevole attitudine è stata relegata all’oblio.
Pensate che alla fine del 1800 i negativi non erano ancora stati inventati e si usavano lastre di vetro 30x40cm e camere grande formato e cavalletti che pesavano decine di chili. Non proprio come fare tap sullo schermo di uno smartphone.

La baronessa De Rolland seppe con lodevole riuscita riprodurre alcuni dei paesaggi più pittoreschi della Valle d’Aosta, non trascurando l’alta montagna per la quale è noto quanto essa sia appassionata (CAI – Rivista Mensile n. 3 del 1893)”.

Nel 1893 a Torino si tenne un’esposizione fotografica alpina e la Nostra partecipò con 76 scatti. Ecco cosa riporta la Rivista Mensile:
DE ROLLAND baronessa Giulia (Sez. di Torino). Num. 19 cartoni contenenti 4 fotografie ciascuno e 10 ingrandimenti. — Villaggi e costumi dell’Alta Valle d’Aosta: Aosta, Cogne, Valtournanche, Piccolo S. Bernardo, Courmayeur, Zermatt – Rifugi del Rutor, del Colle del Gigante, del Teodulo, del Crammont – Vedute di punte: M. Bianco, Dente del Gigante, Rutor, Cervino, M. Rosa, Gran Paradiso, Grivola, ecc”.

In quell’occasione vinse la medaglia di bronzo e se pensiamo che tra i partecipanti c’erano fotografi del calibro di Vittorio Sella, allora possiamo immaginare la bellezza delle sue riprese.

CAI – Rivista Mensile n. 3 del 1893

Ma che fine hanno fatto le sue fotografie?

Qualche anno prima dona numerosi scatti alla Sezione di Torino del CAI, come ci informa il n. 1 della Rivista Mensile del 1890:
Fotografie dell’alta montagna
La nostra gentile e valorosa collega signora baronessa de Rolland ha fatto alla Sezione di Torino, in cui è inscritta, il ben gradito dono di una copiosa raccolta di belle fotografie, eseguite da lei stessa nelle sue salite ed escursioni e che aggiungeranno nuovo ornamento alla Stazione Alpina sul Monte dei Cappuccini. Ne notiamo, fra le tante, alcune che sono particolarmente ben riuscite.
Dal Colle del Gigante: Tour Ronde e Mont-Maudit, Dente del Gigante, Monte Bianco.
Dal Dente del Gigante: Aiguille du Midi, Monte Bianco, Aiguille Verte, Grandes Jorasses.
Da poco sotto la sommità della Grivola: la cima stessa.
Dalla Grivola: il Gran Paradiso.
Dal ghiacciaio del Traio: la Grivola.
Diverse vedute di Aosta, Courmayeur, Thuile, Piccolo San Bernardo e dintorni
“.

Nel 1898 il n. 4 della Rivista del CAI, parlando della Stazione Alpina al Monte dei Cappuccini di Torino, informa i soci che:
Fotografie alpine e nuovi acquisti
In pochi anni la collezione fotografica al Monte andò rapidamente aumentando, grazie specialmente ai generosi doni molti molti autori. Si può dire che tutti i gruppi alpini vi sono ampiamente illustrati, sia con vedute isolate che con vedute panoramiche od episodi di escursioni. I più conosciuti nostri soci dilettanti figurano fra i donatori: dottor P. Devecchi (fotografie della Josemite-Valley, California ed altre 300 dei monti della Sierra Nevada rilegate in due album), baronessa De Rolland (Val di Aosta), Fr. Gonella, L. Sinigaglia, G. Bey, L. Cibrario, C. Grosso, Viani d’Ovrano, E. Gallo, A. Viglino, M. de Déchy, H. Ferrand, fratelli Origoni, R. Biscaretti, Spitalieri di Cessole, e parecchi altri”.

Ora mi chiedo, cosa mai potrà pensare la Baronessa dopo che ho inserito le foto di Vittorio Sella nell’elenco delle sue ascensioni? Non sarebbe stato giusto mettere le sue?
Ho provato a fare numerose ricerche, partendo proprio dal Museo della Montagna al Monte dei Cappuccini, ma non ho trovato nulla, nemmeno alla Fondazione Sella. Non rimane alcuna traccia del suo repertorio fotografico.

Eppure la Nostra è citata nei testi ove si parla della fotografia dell’alta montagna di quegli anni. Ad esempio nel volume Culture fotografiche e società a Torino, 1839 – 1911 di Marina Miraglia (Torino, 1990), dove si dice che:
Diversi sono i fotografi torinesi che si dedicano alla ripresa dell’alta montagna e cioè, fra gli altri, Bobba, Bruneri, il conte Brunetta di Usseaux, Giacinto Caglieri, Francesco Casanova, Guido Cibrario, Giulia de Rolland e Cesare Grosso, autori menzionati non solo dal mensile del CAI, ma anche dalle riviste fotografiche dell’epoca che ne segnalano la presenza in esposizioni e concorsi”.

Nella sezione “biografie”, della medesima pubblicazione, ecco cosa si legge:
DE ROLLAND, baronessa Giulia. Premiata con medaglia d’argento per le istantanee presentate alla mostra del Circolo Fotografico Lombardo nel 1892, espone come socia del CAI alla Mostra della Montagna a Torino nel 1893, e vince una medaglia di bronzo”.

Nelle mie disperate ricerche, contatto con mail anche il Circolo Fotografico Lombardo (ora Circolo Fotografico Milanese) ma non ottengo alcun riscontro in merito.

Bollettino mensile del Circolo Fotografico Lombardo (1892 dicembre, Volume 1, Fascicolo 6)

Dove sono finite le fotografie della baronessa Giulia de Rolland?

Chissà se questo mio modesto articolo, facendolo girare tra i contatti e i social, potrà portarci qualche bella notizia!
Penso che sia una grave perdita per tutti noi il non poter ammirare uno sguardo femminile sulle montagne che tanto ha amato, soprattutto se pensiamo che le sue ascensioni appartengono ad un’epoca dove non solo l’ambiente di montagna era complicato ma anche quello sociale, in un mondo codificato in ottica maschilista. In quegli scatti ci saranno stati non solo bei paesaggi, belle montagne e panorami mozzafiato ma anche la sensibilità, le emozioni e l’occhio di un codice femminile.

La baronessa Giulia de Rolland si spense il 25 luglio 1929 e ne diede la triste notizia il numero di settembre-ottobre (9-10) della Rivista Mensile del CAI:
È stata una delle figure cospicue nell’alpinismo italiano, fra l’80 e il ’90; lo praticava con quella signorilità aristocratica caratteristica di quei tempi, nei quali per rispondere ad una concezione ancora prevalentemente romantica della vita, si manteneva la montagna, considerata come l’asilo degli spiriti desiderosi di una pace raffinata, in un ambiente chiuso, in cui si formavano, nel lievito purissimo di una alta idealità, le forze passionali dell’alpinismo moderno.
Era assidua di Courmayeur, e nella cerchia meravigliosa delle sue vette, compi imprese di notevole valore; visitò anche il Gruppo del Rosa e il Gran Paradiso.
Lasciò sulle nostre pubblicazioni cenno delle seguenti salite: M. Bianco, Tour Ronde, Grandes Jorasses, Dente del Gigante, Breithorn, Grivola, Gran Paradiso. Appartenne fino a questi ultimi tempi alla Sezione di Torino.
Da molti anni aveva lasciata, ma non dimenticata, la montagna, e viveva a Roma, dove si spense il 25 luglio scorso, nell’età di 87 anni“.

Concludo con una riflessione personale che avrebbe – forse – l’intenzione di gettare un ponte tra l’epoca della baronessa de Rolland e la nostra. La riflessione in verità è una domanda. Quanti mariti o compagni oggigiorno (anno 2024) accetterebbero senza problemi di vedere partire la propria moglie o compagna per scalate in montagna, stando via diversi giorni e magari accompagnati da guide di sesso maschile? Proprio come fece la Nostra?

Dedico questo articolo a Emanuela Provera e a tutte le autrici della rubrica “Il Movimento delle donne solitarie” che ci parlano di libertà e credo che anche una donna straordinaria come la baronessa Giulia de Rolland sarebbe stata molto felice di poter contribuire, grazie alle sue stupende ascensioni che, sebbene compiute con l’ausilio di guide e portatori, possono certamente essere annoverate tra i movimenti solitari. Soprattutto pensando all’epoca. Soprattutto pensando a quale messaggio profondo di libertà ci ha lasciato “muovendosi” dentro una società segnata in ogni ambito dalle impronte maschili. Una libertà di grande pregio che purtroppo non ha volto. Ho fatto il possibile per riuscire almeno a rintracciare una foto che la ritraesse. Ma non ci sono riuscito e chiedo se per caso, tra di voi lettori, non ci sia qualcuno che sappia come arrivare a lei.

Dove non c’è qualcuno che faccia cose grandi, non c’è impulso neppure a fare cose mediocri. Dove non ci son temerari, son naturalmente più rari i coraggiosi. A certe vegetazioni di idee e di sentimenti è morte la potatura (Edmondo De Amicis)”.

More from Alessandro Gogna
A Trento, bocciati i corridoi faunistici
(il disinteresse verso animali e cittadini è totale) di Marco Ianes (pubblicato...
Read More
Leave a comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *