Precedenti all’apertura di questo sito
Marco Andreis – gestore locanda, posto tappa
Mi piace molto l’idea perché abbiamo bisogno oggi più che mai, credenti o no, di poter guardare e sognare qualcosa di raggiungibile ma che per rispetto diventa inafferrabile.
Giuseppe Barbiero – Direttore LEAF, Laboratorio di Ecologia Affettiva dell’Università della Valle d’Aosta
Posso dirti che da tempo l’idea di Montagna Sacra mi ronzava confusa in testa. Tu l’hai messa giù in modo bello e convincente. Il problema è costruire un’idea condivisa dell’aggettivo “sacra”.
Piero Belletti – Segretario Federazione Nazionale Pro Natura
L’idea di una Montagna Sacra mi piace molto. Il problema potrebbe essere trovare la cima adatta. Non certo una che ha interesse alpinistico, temo. Però forse un cocuzzolo lo si può trovare. Bisognerebbe anche capire chi sarebbe disposto ad appoggiare l’iniziativa (Ente PNGP? CAI? Oltre a noi sfigati, intendo) e quali strumenti adottare.
Però l’idea è estremamente suggestiva. Ci sto.
Massimo Bocca – direttore parco naturale
Mi sembra un argomento assolutamente adatto ai tempi. Far riflettere su questo tema con un’iniziativa forte mi sembra assolutamente positivo.
Duccio Canestrini – 1 – antropologo
L’idea mi sembra bella. Ma su questa Montagna Sacra non ci sarà già andato qualcuno? Come si fa?
Sul limite ho ragionato e lavorato parecchio negli ultimi anni.
Ogni tradizione ha avuto un inizio, prima o poi è stata inventata. Glielo dico perché sicuramente qualcuno dirà che non si può inventare una sacralità… Certo, la “consacrazione” dovrà essere pensata e ritualizzata.
Duccio Canestrini – 2 L’idea della montagna sacra, Toni Farina lo sa, mi è piaciuta subito. A chi, da laico, può rimanere perplesso ricordo che la sacralità non è oggettivamente trascendente, è una nostra costruzione culturale. Declinata in mille maniere. La fantasia e il linguaggio possono “fare” il sacro, tutto si può inventare, soprattutto le tradizioni (vedi Hobsbawm, L’invenzione della tradizione).
Più che scendere dalla montagna, in senso metaforico, si tratta di veicolare l’idea di una astensione, per una volta, per una cima, rinunciare semplicemente a salire. “Astenersi da” per noi occidentali è una sfida, mentre altre culture hanno maturato questa attitudine.
Propongo una riflessione sul tabù. La parola tapu è polinesiana e ha anche una declinazione ecologica; tapu per esempio è pescare avannotti prima che i pesci diventino adulti. In questo caso è un limite alle iniziative individuali imposto per il bene comune. In Colorado, mentre visitavo il parco archeologico Mesa Verde, mi è stato impedito di accedere ad alcune parti del sito dove stanno pareti istoriate con graffiti degli antichi Anasazi, che per varie ragioni rimangono off limits. In Africa occidentale, ci sono luoghi tabù, dove si va solo da iniziati, o vestiti di un certo colore, o non si va per nulla. Così come tibetani e nepalesi, prima degli anni Cinquanta, non salivano sulle vette per rispetto a Chomolungma (l’Everest, madre dell’Universo).
Secondo me l’iniziativa di una montagna sacra è forte proprio per la sua carica simbolica e dirompente. Abbandonare un’idea così perché c’è altro da fare sarebbe un errore. Invece farà discutere, per una volta non solo sullo sviluppo sostenibile, un tema che ormai mastichiamo amaramente da mezzo secolo e si è paradossalmente inflazionato prima ancora d’essere applicato. Farà parlare – anche i media – di quegli argomenti che ci stanno a cuore (e su cui concordiamo tutti, mi pare: la pervasività di Homo sapiens, il senso del limite, una revisione del nostro ruolo sulla Terra, ecc.). L’interdetto – come hanno rilevato anche altri nel gruppo – andrà però spiegato e condiviso, certamente non imposto. La comunicazione e la condivisione, concordo, saranno cruciali. In modo che se poi qualcuno vorrà comunque salirci… farà soltanto brutta figura.
Gianni Castagneri – sindaco
La trovo un’ottima iniziativa, molto efficace comunicativamente se legata appunto al Gran Paradiso. Da montanaro so che in passato i montanari non salivano sulle vette. Non serviva a nulla e le energie erano riservate per altre fatiche. Per questo, prima della nascita dell’alpinismo le cime conservavano una laica sacralità (le croci e le madonne le portarono poi i cittadini…). Bello. Mi piace molto.
Natalia Castiglioni, Ferruccio Colavita – gestori di rifugio
L’idea della montagna sacra è molto carina, ci hanno sempre affascinato i discorsi intorno ai luoghi sacri e soprattutto ai luoghi naturali sacri, pur essendo noi atei.
Ovviamente pensiamo che non debba essere un’iniziativa fine a se stessa e che si perda con la retorica della simbologia, anche perché pensiamo da sempre che tutto il mondo naturale dovrebbe essere sacro…
Potrebbe però essere una spinta per un cambiamento e per il futuro: una montagna sacra, inaccessibile all’uomo, ma alle cui pendici l’uomo possa purificarsi e cominciare un viaggio puro verso tutte le altre montagne e purificarle al suo passaggio.
Daniele Cat Berro – redattore Rivista Nimbus
Anche da non credente provo rispetto e fascinazione per il mondo della spiritualità (che non necessariamente è sinonimo di religione, a differenza di quanto spesso si crede), per cui la trovo un’idea originale (peraltro intorno a ogni ecosistema si dovrebbe percepire un alone di sacralità). Temo solo che potrà essere malintesa, e percepita come l’ennesimo “divieto” ad andare da qualche parte o fare qualcosa…
Massimo Centini – antropologo
Il carattere sacrale emanato dalla montagna probabilmente fu avvertito dall’uomo già nella preistoria: l’altura assunse tonalità atte a farne una sorta di terra di mezzo, una specie di diaframma tra il mondo degli uomini e lo spazio abitato dagli esseri superiori ai mortali. Simbolicamente, la montagna esprime un senso di stabilità, di immutabilità: i criteri di sacralizzazione che ne hanno contrassegnato la storia hanno spesso fatto riferimento all’arcaicità dei monti, più antichi degli uomini e creati dalla divinità nel tempo delle origini.
Serena Ciampa – guida escursionistica ambientale
Bello… Ottimi spunti di riflessione…
Monica Colombero – gestrice di agriturismo
Bella idea, soprattutto perché riferita a uno sviluppo diverso della montagna. Possiamo sperare che il divino che c’è in noi si risvegli al più presto.
Michele Comi – guida alpina
L’idea “montagna sacra” credo meriti approfondimento e dibattito.
D’impulso ho pensato: “che bello”! Un rinnovato senso del limite, che
simbolicamente andiamo a mettere in mezzo a delle montagne calpestate e
percorse in ogni anfratto.
Il senso dell’adozione di un’area libera dalle nostre incursioni, però
potrebbe ben funzionare solo come risultato di un’adozione spontanea di
un “codice” di comportamento, di una libera scelta individuale di non
mettere piede in quello spazio.
Insomma, un invito alla percezione di una rinnovata demarcazione
simbolica, per farci capire che l’indigestione di “tutto” e “ovunque”
non fa sempre bene a noi e alla montagna.
Davide D’Acunto – guida escursionistica ambientale
Mi sembra un’ottima idea e un’ottima iniziativa.
Al brucio mi è subito venuta in mente un’isola in Islanda che è emersa pochi anni fa dove è stato impedito all’uomo di salirci per studiare l’evoluzione ambientale nel modo più naturale possibile.
Ecco, legato anche al periodo appena trascorso, potrebbe anche avere questo risvolto. Lasciare intatta un pezzo di Natura. È vero che esistono le riserve integrali e questa cosa in effetti c’è già. Come è anche vero nel Parco nazionale Gran Paradiso tante vette, cime e creste sono completamente selvagge e quasi inviolate. Come dire “si proteggono da sole”.
In effetti, la parte complessa di questa idea potrebbe stare nella scelta di quale montagna “sacralizzare”. Nel senso basta andare nelle zone tra il Teleccio e la Val Soana ed è già tutto sacro…ma non conosciuto da nessuno. Piata Lasin per la sua conformazione sarebbe perfetta. E’ sacra di suo! Ma forse non avrebbe l’effetto voluto perché non conosciuta.
Una Punta Furà (ormai non più furà …) forse avrebbe più senso. Una vetta nel cuore del Parco. Meta alpinistica estiva. Tra le due regioni. Forse darebbe senso a questa bellissima idea… o magari Punta Pousset a Cogne. Vette che viste anche da lontano trasmetto un senso di sacro.
Comunque condivido il progetto e mi piace l’idea.
Lorenzo Farina – insegnante
Può davvero essere un bellissimo simbolo.
Franco Ferrero – Direttore Consorzio operatori turistici Valli del Canavese
L’idea è suggestiva. Ma al di là degli aspetti culturali, affascinanti e condivisibili, bisognerebbe capire cosa significa una montagna che ci si impegna a non salire mai (o quasi) e quale essa sia…
Insomma, l’idea è stimolante, bisognerebbe capire meglio la proposta concreta.
Una montagna sacra potrebbe essere anche una montagna che si frequenta solamente in certi giorni “sacri” per celebrarne la sacralità… e i suoi riti.
Questo un primo parere a caldo.
Maria Grazia Gavazza – Presidente Commissione Tutela Ambiente Montano del CAI, Liguria Piemonte Valle d’Aosta
Sono favorevole a questa iniziativa. Potrebbe essere un luogo solo da contemplare da una certa distanza, oltre alla quale non sia possibile andare. Dovrà essere scelto un monte affascinante/accattivante dal punto di vista paesaggistico, magari anche aspro, ma che permetta allo sguardo di spaziare e perdersi fino a concentrarsi su qualche particolare. Dovrebbe essere vietato l’uso di macchine fotografiche e soprattutto di smartphone nel circondario, deve essere un luogo da osservare dal vivo senza diaframmi tecnologici, percorrendo itinerari prestabiliti che non permettano deviazioni e deroghe. Un altro aspetto fondamentale dovrà essere il rispetto del silenzio per lasciare a tutti la possibilità di pensare/meditare in santa pace. Forse l’accesso alla zona potrebbe essere regolamentato con un numero limitato di presenze giornaliere. Io in un posto così ci andrei volentieri e ci farei un giro almeno una volta l’anno, un po’ come mi capita di fare in luoghi che per me, se non sacri, sono significativi e mi stimolano sensazioni e pensieri.
Luca Giunti – guardiaparco
Bella idea, molto condivisibile.
Chissà se resterà una stimolante provocazione oppure darà esiti concreti?
Mara Lacchia – gestrice di rifugio
Devo dire che non riesco a entusiasmarmi per questa proposta della montagna sacra.
Matteo Lener – ISPRA (Istituto Superiore Protezione Ricerca Ambientale), coordinatore Progetto LIFE sic2sic
Bello, diventerebbe un simbolo forte, la rappresentazione completa di un archetipo collettivo (detto alla junghiana)
Alessandra Longo – Blog Verticales
L’idea di una montagna sacra ben si accosta al territorio del parco: siamo più propensi ad accettare un limite in una zona che consideriamo tutelata.
La proposta va ben strutturata per evitare critiche (che in questo momento sono lo sport nazionale): l’idea di “sacro” deve travalicare il senso strettamente confessionale. Mi piace molto la chiusura con il riferimento alla pace fra uomo e natura: sto notando che molte posizioni ambientaliste propongono l’abbandono del punto di vista egocentrico/antropocentrista….ma io credo sia ineliminabile. Penso invece che un messaggio da spingere sia appunto la consapevolezza, la pace, la non violenza, la volontà di non imporsi necessariamente, di non pretendere a tutti i costi, di non voler salire tutte le cime.