Nel palazzo dell’Alhambra di Granada, un’impresa idraulica di 1.000 anni fa che impressiona ancora oggi.
Dove l’acqua sfida la gravità
di Marina Palumbo
(pubblicato su lastampa.it/viaggi il 25 agosto 2022)
L’acqua è ovunque nell’elaborata e sontuosa Alhambra di Granada, un complesso del XIII secolo che è uno degli esempi più iconici al mondo di architettura moresca. Scorre in canali che raffreddano gli edifici, zampilla nelle fontane in grandi sale e graziosi cortili e spruzza in modo tale che, guardando dalla giusta angolazione, incornicia perfettamente maestose porte ad arco. Lo stesso intricato sistema colora i famosi giardini del Generalife, l’ex palazzo estivo adiacente.
All’epoca, questa era una delle reti idrauliche più sofisticate al mondo, in grado di sfidare la gravità e sollevare l’acqua dal fiume che scorreva quasi un chilometro più in basso.
L’impresa millenaria colpisce ancora oggi gli ingegneri: in un saggio sui momenti chiave della storia dell’acqua nella civiltà, il Programma idrologico internazionale dell’Unesco ha osservato che «la moderna tecnologia idrica è debitrice a questi giardini acquatici e a queste stanze da bagno» che un tempo erano godute solo dai ricchi e dai potenti, ma la cui eredità ha permesso oggi di rendere accessibili e pratici i bagni e i giardini privati.
Per millenni, le grandi città sono spuntate sulle rive dei fiumi, sulle rive dei laghi e sulle coste dei mari. È stato così anche per il grande Regno di Granada, che si sviluppò lungo i fiumi Darro e Genil in quella che sarebbe diventata la comunità autonoma spagnola dell’Andalusia. Per i governanti islamici che hanno controllato questa e altre parti della Spagna per quasi 800 anni, l’acqua ha svolto una funzione fondamentale nella società, non solo per la sopravvivenza, ma anche per scopi religiosi ed estetici.
Nell’Islam, infatti, come in molte altre religioni, l’acqua rappresenta l’origine della vita, un simbolo di purezza e un modo dunque per purificare sia il corpo, sia l’anima.
Perciò, le fontane pubbliche, decorate con piastrelle di ceramica, abbondavano nelle strade delle città andaluse. Erano installate vicino alle moschee per le abluzioni, o vicino alle porte della città per dissetare i viaggiatori. Anche a casa, l’acqua era al centro. Era raro che un patio andaluso non avesse una fontana centrale, anche se magari umile: una piscina, una fontana o un bacino.
Gli storici ritengono che l’Alhambra sia stata commissionata come fortezza nel nono secolo da un uomo chiamato Sawwar ben Hamdun, durante le guerre tra musulmani e cristiani convertiti all’Islam. Tuttavia, fu solo con l’arrivo nel XIII secolo di Maometto I, il primo re della dinastia dei Nasridi – che avrebbe governato dal 1230 fino alla conquista cattolica spagnola del 1492 – che gli ingegneri vinsero la sfida della posizione elevata dell’Alhambra, una collina alta 840 metri, e la trasformarono in una città abitabile con accesso all’acqua corrente.
In precedenza, i Mori avevano usato nelle aree circostanti semplici piccoli canali chiamati acequias, di cui avevano imparato l’uso attraverso i Persiani e i Romani durante la loro espansione attraverso il Mediterraneo e la Penisola Iberica. La grande innovazione dei Nasridi fu quella di progettarne uno che portasse l’acqua a 6 km dal fiume più vicino, e poi in salita fino al loro elaborato complesso di cortili, giardini e bagni termali pubblici.
Il punto cruciale della loro innovazione è stato l’Acequia Real, un canale di 6 km che attingeva dal fiume Darro. Fu costruito un azud, cioè una diga, per deviare il flusso del fiume a monte, e la potenza del fiume stesso faceva salire l’acqua lungo la collina, prima di distribuirla in canali più piccoli. Le ruote idrauliche, o na’ura, furono aggiunte per elevare l’acqua a diversi livelli. L’acqua veniva quindi spostata attraverso una complessa struttura idraulica costituita da grandi vasche, cisterne e una moltitudine di tubi in una rete perfettamente intrecciata, prima di essere trasportata nei giardini del Generalife e fino allo stesso palazzo dell’Alhambra tramite un acquedotto.
L’acqua che scorre dà all’Alhambra una atmosfera magica. Per i Nasridi, avere l’acqua come tema centrale nel palazzo era un importante simbolo di status e ricchezza, per questo diventò un elemento centrale dell’architettura ed è oggi difficile immaginare il luogo senza di essa.
Una delle trovate migliori riguardo l’acquedotto dell’Alhambra si trova nel Palacio de los Leones. Al centro di un ampio e sereno cortile, la Fontana dei Leoni si erge scintillante in marmo bianco, circondata da colonne riccamente scolpite. La fontana è costituita da un grande piatto sorretto da 12 mitici leoni bianchi. Dalla bocca di ognuna delle fiere sgorga acqua che alimenta quattro canali nel pavimento di marmo del patio. Essi rappresentano i quattro fiumi del paradiso, e da qui, l’acqua prosegue in solchi per tutto il palazzo, in modo da rinfrescare le stanze. Un prototipo di aria condizionata, se vogliamo.