(nuove proposte per il turismo della montagna)
di Toni Farina
(pubblicato su camoscibianchi.wordpress.com il 25 giugno 2021)
Foto di Toni Farina
Sono chiamate Big Bench e ormai sono un must, un brand, si trovano in molte location, tant’è che c’è pure un apposito tour. E, udite udite, c’è pure una Big Bench Community Project.
Mi scuso per il maccheronico uso dell’inglese, ma oggi va così, tanto vale farci il callo.
Un tour delle Big Bench dunque, alternativa alla ormai consunta Via Francigena. La prima Big Bench l’ho scoperta sulla collina astigiana, in quel di Vinchio, in località Monte del Mare, durante una pedalata autunnale. Salgo a piedi su un poggio per fare una foto e mi trovo quel “coso” enorme. Subito non ho capito e mi sono pure intimorito. Ma come, non avevamo deciso che “piccolo è bello”? E mi sono chiesto: ma non basta questo bel paesaggio collinare? Le geometrie di vigna, i paesi sui crinali, il profumo di barbera, le parole di Davide Lajolo, il Capitano Ulisse della Guerra di Liberazione: Vinchio è il mio nido, ci sono nato nel tempo del grano biondo.
Nel tempo del grano biondo quel coso enorme non c’era…
La seconda Big Bench l’ho trovata sopra Piamprato, in Valle Soana, poco discosta dal confine del Parco nazionale Gran Paradiso. Vedevo dal basso le persone che si assiepavano intorno a una “cosa” arancione che spiccava nell’intorno verde-prato. Incuriosito mi sono avvicinato e ho capito. Non era il paesaggio di fine primavera delle montagne del Gran Paradiso ad attirare quei visitatori intenti in selfie a raffica, ma la Grande Panchina.
I prati in fiore, i ruscelli, le cascate, il profumo della toma della Grangia Marmotta, che saranno mai. Cose già viste, ci vuole la grande panchina. E allora ho pensato alle parole di Nigra e Vaccarone: La Valle Soana […] è una valle […] di siti pittoreschi, di squisite trote, di tranquillità, per ascensionisti amanti delle rupi e dei ghiacci, delle balze e dei ripidi canaloni.
Restiamo nelle Alpi Graie. Potevano le Valli di Lanzo, le nostre amate valli, rimanere escluse da tale innovativa tendenza gigantista? Giammai! Ed ecco quindi che si progetta una Big Bench (come si traduce in dialetto locale?) nei pressi del Colle della Dieta, fra Viù e Mezzenile, colle servito da una fondamentale carrozzabile realizzata qualche anno fa. Tuttavia, siamo sempre una Paese cattolico, di radicata fede, e con la fede le Big Bench c’entrano poco. La fede è ben radicata nelle Tre Valli, ed è forse per riorientare in cristiana direzione questa voglia di gigantismo che si è pensato di abbinare la Big Bench alla Big Cross. La Grande Croce, 4 metri e mezzo di altezza sulla cima della Rocca Moross. Utile magari anche come ripetitore per il 5G.
Un ripetitore di fede, in quest’epoca di costumi fiacchi.
Rocca Moross, per via del colore rossiccio della roccia che spicca sul versante Viù, dove vivacizza l’accogliente paesaggio della Conca dei Tornetti. Una località, i Tornetti, antesignana del turismo nelle Valli di Lanzo (il primo albergo risale al 1840), ma che in un passato molto più recente si è distinta per scelte turistiche di esito non troppo felice. Ne è ingombrante testimonianza l’Ecomostro in località Alpe Bianca, noto e citato anche oltre confine per la sua intrinseca ed esclusiva fattezza.
Ma oggigiorno anche l’ecomostro è motivo di attrazione: “andiamo all’Alpe Bianca a vedere l’ecomostro”, vi assicuro che l’ho sentito dire più volte. Turismo un po’ macabro, ma l’importante è esserci. Farci un bel selfie.
Molti sostengono che l’ecomostro dei Tornetti vada abbattuto. Sono sempre stato perplesso (lasciamolo, serve come monito). Però ora, a pensarci bene, penso che abbattendolo ne sortirebbe una collinetta sulla quale piazzare una bella Big Bench con vista d’eccezione sulla Rocca Moross e la grande croce sulla sommità.
Due piccioni con una fava.
Va bene, fin qui l’ho messa sull’ironico, e forse – mi perdoneranno i credenti – sono stato anche un po’ blasfemo. Ma oggi, in quest’era detta Antropocene, sotto era del CoViD-19, non dovremmo come comunità umana, in special modo abitante nei paesi tecnologicamente avanzati, fare un passo indietro? Oramai abbiamo messo piede ovunque, non c’è angolo del Pianeta che non porti le nostre impronte. Molte cime delle montagne recano segni della devozione. Appartengono a un tempo diverso, e oltre al valore devozionale hanno un valore storico, alcune anche artistico.
Ma ora i tempi sono altri, sono i tempi della Cura. I tempi di badare a quel che abbiamo. Ad esempio, per restare in ambito devozionale: perché in luogo della grande croce non si ridipinge qualche pilone votivo, ora triste e abbandonato al crocevia di un sentiero? Se ne potrebbe fare un bel progettino coinvolgendo qualche scuola d’arte.
Che i tempi siano altri ce lo ricordano tante cose, basta alzare gli occhi verso le alte montagne per vedere colate di detriti laddove fino a qualche decennio fa prevaleva il luccichio dei ghiacciai. Lo ha ricordato anche Papa Francesco nella sua Enciclica Laudato Si’. Evidentemente il suo richiamo alla saggezza, al rispetto del Creato non è stato abbastanza forte. C’è bisogno di un ripetitore sulle cime, a forma di croce.
Una Big Cross.
Con il turistichese ho iniziato e con il turistichese concludo. Ho appreso in qualche webinar che per essere vincenti sul mercato del turismo globale occorre un po’ distinguersi. E allora suggerisco agli strateghi di marketing turistico delle Valli di Lanzo di provare con uno slogan così: Lanzo Valley, no big benches here (Valli di Lanzo, niente grandi panchine qui, NdR).
Funzionerebbe, ne sono convinto.
Note finali
della Redazione di Camoscibianchi
Ringraziamo sentitamente Toni Farina per le sue riflessioni che condividiamo in pieno.
Nel post precedente (Un paesaggio negato) Beppe Leyduan si domandava se non fosse il caso di prendere in esame la possibilità di erigere nelle Valli di Lanzo un monumento alla civiltà alpina di cui la donna, con le sue fatiche da bestia, ne è a pieno titolo un simbolo forte (cfr. il libro Una fatica da donne edito dalla Società Storica delle Valli di Lanzo).
Un monumento simile si trova a Mocchie (Condove) in Val di Susa ed è stato eretto nel 1994, quasi trent’anni fa. Ritrae una donna curva sotto il peso di una gerla.
“Ogni comune montano del Piemonte – scrivevano Picco e Paris nella proposta di legge n. 594 volta ad ottenere un contributo regionale – sarebbe degno di ospitare un monumento alla civiltà alpina. […]” (qui l’articolo).
Il rispetto di chi ha costruito la montagna, con i suoi paesaggi ed i suoi sentieri, ancora oggi caratterizzati da grande armonia (ed ampiamente sfruttati per lo sviluppo del turismo escursionistico), dovrebbe essere il principio guida per tentare di evitare fughe spaesanti (spaesamento così ben espresso nell’eccesso di inglesismo usato da Farina), quantomeno parlando delle Big Bench. Ma a pensarci bene, anche nel caso devozionale, la croce gigante di vetta non rappresenta certamente un elemento del paesaggio tradizionale delle Valli di Lanzo come invece lo sono a pieno titolo i piloni votivi, così discreti, sobri e soprattutto rappresentativi di una fede sincera e cristallina degli antichi montanari (e cosa dire delle piccole chiesette abbandonate e fatiscenti?).
Montanari veri che, con le loro inenarrabili fatiche, non si meritano di certo di essere trascurati e dimenticati dalle solite stantie ed avvilenti carnevalate della nostra epoca.
Note finali
(a cura di Altri Spazi)
E invece, a dispetto dell’augurio letto più sopra al riguardo del tener fuori le Valli di Lanzo da questa contagiosa e pessima iniziativa, ecco l’appello a costruire una big bench al Pian della Mussa:
Potete saperne di più digitando https://www.facebook.com/BIGBENCHCOMMUNITYPROJECT.ORG/, una pagina facebook che vanta 13.298 follower.
Tutto questo fervore è dovuto all’attivismo incredibile di Big Bench Community Project (https://bigbenchcommunityproject.org/), una no profit che è riuscita a piazzare 166 big bench, per la maggior parte in Piemonte. Ne sono anima Chris e Catherine Bench e occorre riconoscere che il loro sito è purtroppo di rara efficacia. Vi si spiega cosa è il Big Bench Community Project, vi si espone la sua filosofia di fondo (la “visione” di Chris Bangle), se ne racconta la storia e vi si definisce la big bench “un’installazione artistica che riproduce la panchina tipica di un giardino pubblico ma fuori scala“.
“La prima Grande Panchina con questo particolare disegno è stata realizzata nel 2010 da Chris Bangle sul terreno della Borgata a Clavesana, sua residenza e studio, come installazione affacciata sul paesaggio e accessibile ai visitatori. L’idea delle panchine fuori scala non è inedita, ma lo è il contesto. Il cambio di prospettiva dato dalle dimensioni della panchina fa sentire chi vi siede come un bambino, capace di meravigliarsi della bellezza del paesaggio con uno sguardo nuovo. La panchina è divenuta in poco più di un anno un’attrazione per i visitatori della zona. È una grande lezione nell’utilizzo dell’innovazione contestuale. Siamo così ossessionati dallo scoprire cose sempre nuove che spesso ci neghiamo l’interessante esperienza di sperimentare cose ben conosciute ma in un contesto diverso“.
Nel corso degli ultimi anni, fino ad ora altre 165 panchine ufficiali sono state costruite in zone vicine e fuori dal Piemonte, senza fondi pubblici, solo grazie a sponsor privati. Chris Bangle ha fornito gratuitamente disegni e indicazioni ai costruttori delle panchine, chiedendo come unica condizione che fossero poste in un punto panoramico, su un terreno accessibile al pubblico e che rispettassero lo spirito social con cui era nata la prima: non un’installazione privata, ma parte di un’esperienza collettiva che tutti possono condividere e sperimentare.
Il sito infine elenca le informazioni utili, cioè come costruire una nuova panchina. Il visitatore del sito, se vuole realizzare una panchina, è invitato a compilare il form. Segue l’iter dettagliato per la costruzione, fino alla data di inaugurazione! Sono elencate le condizioni ottimali del panorama, si spiega come e perché si debba dire no ai fondi pubblici, quali sono i colori specifici, perfino come realizzare le foto.
Vi è poi un accenno ai costi indicativi, come possono collaborare gli artigiani, la precisazione che “Chris e Catherine Bangle non vogliono alcuna somma – che sia per coprire i costi o come profitto – e hanno stabilito che tutte le attività in relazione con le Grandi Panchine siano esclusivamente per beneficenza“. Attenzione finale al merchandising (Sfoglia il catalogo Merchandising) e al “Progetto Passaporto”.
Insomma, ancora una volta si è costruita una perfetta macchina organizzativa allo scopo di diffondere al meglio quella che noi riteniamo un’infezione estesa che danneggia il paesaggio uniformandone le caratteristiche e le unicità, proponendo un ben definito, catalogato e singolo modo di approcciare la natura come se noi osservatori fossimo tutti uguali.
a proposito di grandi panchine ne hanno fatta una che è poco a Passo Croce sotti i Torrioni del Corchia in Apuane.
Sono tutti entusiasti. Forse è per ammirare più comodamente lo scempio.