In una delle oasi naturali protette della Liguria, quella del Parco del Beigua, tra Sassello e Urbe, il Bric Tarinè custodisce 400 milioni di tonnellate di rutilo (titanio). Dagli anni Settanta al Duemila diverse compagnie estrattive hanno tentato la corsa al tesoro sepolto.
Il Parco del Beigua e la guerra del titanio
di Ludovica Schiaroli
(pubblicato su piemonteparchi.it il 30 agosto 2019)
È uno spettacolo straordinario quello che si gode dalla cima del Monte Beigua, il rilievo montuoso più alto dell’omonimo parco con i suoi 1287 m: lo sguardo corre lontano, abbraccia la riviera di levante e quella di ponente, le Alpi Liguri, la Pianura padana, l’Appennino ligure e Tosco-emiliano, le Alpi Apuane e infine la Corsica. La chiamano la montagna con vista mare questo incantevole balcone incastonato tra il mare e ventisei chilometri di crinali montuosi che costituiscono una delle zone più ricche di geodiversità e biodiversità della regione Liguria. È il gruppo montuoso del Beigua, diventato Parco nel 1995. Geoparco europeo e mondiale nel 2005 e nel 2015 è stato riconosciuto UNESCO Global Geopark. Unico parco ligure a potersi fregiare di tale riconoscimento, con i suoi quasi 40mila ettari, è anche il più esteso della regione insistendo su dieci territori comunali e due diverse province, Genova e Savona.
Il tesoro sepolto
Dorme sepolto da tempo immemorabile in un ammasso di rocce tra i 400 e i 900 metri di altitudine del Bric Tariné (tra Urbe e Sassello), il giacimento di quasi 400 milioni di tonnellate di rutilo, la forma mineralogica con la quale si presenta il titanio, minerale tra più preziosi e ricercati per i suoi molteplici utilizzi, ma estremamente pericoloso perché tra le sue derivazioni c’è anche l’amianto. Il “tesoro”, scoperto nel 1970, fa subito gola alle compagnie estrattive e nel 1976 il Ministero dell’Industria rilascia alla Mineraria Italiana Srl una concessione ventennale, poi trasferita alla Compagnia Europea per il Titanio (CET). Ma nonostante l’atto del Ministero il progetto non parte tra le sollevazioni dei cittadini, delle istituzioni locali e degli ambientalisti, che considerano l’operazione troppo rischiosa per salute e ambiente. Ma la CET non si arrende e nel 1991 chiede il rinnovo della concessione per altri venti anni, rilancia il progetto che verrà però stoppato di nuovo durante un’animata Conferenza dei Servizi nel 1996 a Savona dove il comitato di cittadini, i sindaci di Urbe e Sassello, l’Ente parco e la stessa Regione – che ha delega su cave e miniere – rigettano e bloccano l’iter. Ma il giacimento, tra i più grandi d’Europa, è ancora terreno di scontro nel 2015 quando la CET fa richiesta alla Regione di attivare la procedura per la Valutazione di impatto ambientale per indagini geologiche. Il progetto di sfruttamento non è ancora stato formalizzato, ma il fronte contro la miniera si riattiva e questa volta, oltre al Comitato spontaneo di cittadini, ai sindaci di Sassello e Urbe, all’Ente Parco, anche la Regione si costituisce al TAR per difendere il Parco del Beigua.
La miniera nel parco
“Non è proprio possibile immaginare una miniera a cielo aperto all’interno di un territorio di pregio come quello del Parco: in una zona dove da un lato ci sono le iscrizioni rupestri e dall’altro i blockfield, i campi di pietre“. A parlare è Daniele Buschiazzo, dal 2013 sindaco di Sassello e dal 2015 presidente del Parco del Beigua, da subito in prima linea contro il progetto. “La nostra preoccupazione è soprattutto la presenza di rocce contenenti amianto, la diffusione delle polveri e lo smaltimento dei materiali; inoltre dalla zona si approvvigionano gli acquedotti di Urbe e Sassello e passano i Torrenti Orba e Olbarina, da cui prendono l’acqua i Comuni dell’Ovadese“. “Noi facciamo parte del crinale padano, tutto quello che parte da qui finisce nella pancia degli ovadesi, anche per questo bisogna essere vigili e tenere alta la guardia“, aggiunge Fabrizio Antoci, sindaco di Urbe, l’altro comune su cui andrebbero a insistere gli scavi, che spiega come la miniera sarebbe la distruzione delle valli Orba ed Erro, fra le pochissime ancora incontaminate. “Il Monte Tariné – aggiunge il sindaco di Sassello e presidente del Parco – ricade all’interno del Parco del Beigua e gran parte delle aree sono soggette a vincoli, ciò vuol dire che non si possono aprire miniere o discariche“. La stessa cosa non si può dire però per Urbe, ed è anche la preoccupazione di Antoci: “La porzione principale del Bric Tariné è già in area parco ed è circa l’80% della zona dove dovrebbe insistere la miniera – spiega il sindaco – se la Regione avesse accolto la nostra richiesta di fare entrare anche Urbe nel comprensorio del parco, oggi forse saremmo più tranquilli, potendo garantire la tutela di tutto il territorio“. Ma Antoci, nonostante l’amarezza, è deciso a portare avanti la sua battaglia per fare entrare anche Urbe nel Parco del Beigua. Al momento la questione resta sospesa visto che la legge regionale sul riordino dei Parchi liguri approvata qualche mese fa in Regione è stata impugnata dal Governo.
Seduti su una montagna di soldi
Buschiazzo la definisce fake news, ma anche questo è parte della storia del progetto ormai trentennale dellaminiera di titanio nel Beigua. “Intorno al 2013 iniziò a girare la voce che lo sfruttamento della miniera avrebbe potuto portare nelle casse della Regione Liguria circa 500 milioni di euro di royalty – racconta il presidente del parco – questo a fronte di un giacimento il cui valore veniva stimato tra i 400 e i 600 miliardi di euro. Peccato che non mi risulti che la Regione abbia mai stabilito un canone, senza contare che a fronte della distruzione di un territorio, rimarrebbero solo pochi spiccioli!“. Il potenziale valore economico del progetto era stato anche al centro di un convegno organizzato a Genova da un circolo culturale dal titolo evocativo: Per una nuova dimensione della città di Genova: spostamento a mare della diga foranea e la risorsa del titanio sul monte Beigua. Il tutto sintetizzato nelle tre T: trasporto, turismo, titanio. Convitato di pietra il sindaco di Sassello, a cui si erano dimenticati di recapitare l’invito. “Gli ho risposto per mezzo stampa che mi sembrava legittimo che si occupassero dello spostamento della diga foranea – racconta ancora Buschiazzo – ma dell’eventuale sfruttamento del titanio, ce ne saremmo occupati noi, dal momento che il Beigua è nel comune di Sassello, non di Genova“. “Tra l’altro – aggiunge Maria Cristina Caprioglio, direttrice del parco – la nostra vocazione è verso un modello di sviluppo che valorizzi le bellezze del territorio facendolo diventare una meta turistica di qualità; l’obiettivo è l’adesione alla Carta Europea del Turismo Sostenibile“.
Il comitato spontaneo Amici del Tariné
È Mariangela Pizzorno a raccontare gli esordi, alla fine degli anni Ottanta, di questa lunga battaglia. Emiliana trapiantata in Liguria, ama la sua terra con una passione senza compromessi. “Prima di tutto sono riconoscente al Direttivo dell’associazione che insieme a me ha portato avanti una lotta complessa fatta di marce, raccolte firme, convegni, incontri pubblici e tantissime lettere indirizzate ai ministri del Governo che mi hanno portato nel 1996 a partecipare alla Conferenza dei Servizi dove assieme a Enti locali e a tutti i soggetti coinvolti ho rappresentato le ragioni degli abitanti del comprensorio contro il progetto della miniera”. L’appello del Comitato è stato subito accolto dai piemontesi: “Se non avessimo avuto l’appoggio iniziale del Parco del Po forse non saremmo mai partiti – racconta Pizzorno – loro sapevano bene i rischi a cui sarebbero andati incontro se si fosse iniziato a scavare e a estrarre il titanio“. Ma non c’erano solo gli abitanti dei paesi interessati, molti erano anche genovesi e savonesi che nel parco andavano in vacanza. Da qualche anno Pizzorno ha passato il testimone a Sonia Pesce che, assieme al comitato nel 2015 si è rimessa in moto quando ha capito che il progetto della miniera stava tornando di attualità. “Abbiamo organizzato due marce, una sotto la neve e una in primavera che hanno avuto molto successo, abbiamo organizzato incontri pubblici per spiegare, se mai ancora ce ne fosse stato bisogno, il rischio cui si poteva andare incontro e poi abbiamo fatto una raccolta firme indirizzata alla Regione Liguria in cui chiedevamo di schierarsi insieme a noi, ai comuni di Sassello e Urbe e all’Ente parco“. Tra le problematiche esposte nella petizione lanciata da Massimo Argo del Comitato si sottolineava come non esistano soluzioni ambientalmente compatibili per estrarre il rutilo: “il minerale grezzo potenzialmente estraibile in teoria sarebbe solo il 6% della roccia, e il rimanente 94% andrebbe risistemato in discariche molto estese da creare nelle vicinanze. Inoltre nella composizione delle rocce del giacimento risulta la presenza di un anfibolo del gruppo degli asbesti in una percentuale pari a circa il 10/15% che ha tendenza a separarsi sotto forma di fibra e minutissimi aghi ed è notoriamente dannoso per la salute“.
La marcia dei Beig in difesa del Bric Tariné
Su ogni montagna che si rispetti vivono delle creature magiche, sospese tra sogno e realtà, così è anche per il Parco del Beigua, che tra le sue valli e boschi ospita i Beig, piccoli gnomi nati sul Beigua (e dalla fantasia di Dario Franchello, ex presidente del parco) che quando hanno saputo dell’apertura della miniera, da creature immaginarie si sono materializzate e hanno deciso di scendere dai loro rifugi per difendere il Bric Tariné. “Sono 20 piccoli gnomi fatti con tronchi di legno, uno diverso dall’altro – racconta Sonia Pesce che durante l’inverno li ospita nel suo garage per il letargo – con la primavera li posiziono lungo un percorso, detto Percorso dei Beig, per la gioia dei più piccini che li vanno a cercare tra i cespugli“.
La battaglia non è ancora vinta
Il silenzio è di nuovo sceso su queste montagne. Ma nessuno è veramente tranquillo. Dopo che la regione nel 2015 ha affiancato comuni, Ente parco e cittadini la CET ha fatto ricorso al TAR: le hanno risposto le associazioni ambientaliste, facendo ricorso a loro volta contro la società mineraria che si opponeva al parere negativo di ricerca dato dagli uffici della Regione. Per Marco Piombo, delegato ligure del WWF, la situazione resta aperta e per questo bisogna stare molto attenti dal momento che la Società non è nuova a colpi di scena “ma l’impatto ambientale sarebbe talmente alto che mi sembra davvero difficile prevedere uno scenario a noi sfavorevole“. “In questi anni l’Ente parco ha portato avanti un lavoro eccezionale improntato su un modello di sviluppo basato su agricoltura sostenibile, manutenzione dei boschi, turismo di qualità e consorzi sempre più attenti alla filiera corta – spiega Santo Grammatico, presidente di Legambiente Liguria – tanto è vero che appena si è riparlato della possibile riapertura del progetto della miniera, i cittadini sono insorti in difesa del parco e di quello che rappresenta per il territorio“. Daniele Buschiazzo, pur manifestando preoccupazione per una vicenda che ancora non può dirsi chiusa, cerca di vedere il bicchiere mezzo pieno: “Al momento è tutto fermo ma penso che anche qualora la CET volesse tornare all’attacco il decreto della Regione sia ben motivato e se andassimo in discussione le probabilità di successo sarebbero a nostro favore“.
Itinerari suggeriti
I Sentieri Napoleonici
Francesi e Austriaci combatterono sul Massiccio del Beigua per 7 giorni dal 10 al 16 aprile 1800. La montagna fu teatro di sanguinosi combattimenti e oggi è possibile rivivere la storia di quelle terribili giornate attraverso una serie di tavole disposte lungo i percorsi che raccontano quanto accadde. Due sentieri della memoria, accuratamente tracciati, sono una possibilità per una gita piacevole e non particolarmente impegnativa con panorami mozzafiato dove lo sguardo corre dal Mar Ligure alle principali vette piemontesi.
Due gli itinerari, quello giallo (versante padano) e quello rosso (versante marino) che si possono anche unire ad anello con un breve sentiero durante il percorso. Partenza da Pian di Stella 1220 m poco sotto la vetta del Beigua. Durata anello sentiero giallo prima e poi rosso: 3 ore 30 minuti. Singolarmente per concludere i due sentieri si impiega circa due ore ognuno.
Link: http://www.parcobeigua.it