“Il pianeta? Possiamo salvarlo anche con la letteratura”.

Il ruolo della narrazione nella crescita della sensibilità ambientale è un’idea profonda dell’evoluzione verso la sostenibilità. Celebriamo la “Giornata della Terra” insieme a uno fra i massimi studiosi di “ecocritica”.

“Il pianeta? Possiamo salvarlo anche con la letteratura”
(a tu per tu con Niccolò Scaffai)
di Anastasia Verrelli
(pubblicato su terraneamagazine.it il 22 aprile 2025)

La letteratura, con la sua capacità di rappresentare e reinterpretare il mondo naturale, si configura come un potente strumento di sensibilizzazione e riflessione sulla crisi ecologica e sulla necessità di tutelare la biodiversità. Esplorando il legame tra uomo e natura, la distruzione degli habitat e gli sconvolgimenti climatici, molte opere contribuiscono, infatti, a plasmare una consapevolezza ecologica collettiva.

Negli ultimi decenni, l’eco-critica ha messo in luce il potenziale trasformativo delle narrazioni, in tutte le loro possibili forme. Dimostrando, appunto, come la letteratura possa sensibilizzare il pubblico sulle crisi ambientali ma anche offrire nuove prospettive, invitandoci a considerare le relazioni profonde tra gli esseri viventi e la responsabilità umana nel proteggerle.

Niccolò Scaffai

Narrazioni naturali
Ne abbiamo parlato con Niccolò Scaffai, docente di Critica letteraria e letterature comparate all’Università degli Studi di Siena e autore, fra l’altro, di “Letteratura e ecologia” (Carocci, 2017), un volume che esplora il rapporto tra testi letterari e questioni ambientali. Ha curato inoltre l’antologia “Racconti del pianeta Terra” (Einaudi, 2022), che raccoglie opere di diversi autori focalizzate sulla rappresentazione della natura e dei cambiamenti climatici.

La prima edizione dell’Earth Day a New York. Foto: Nyc Dept. of records and information services.

Professor Scaffai, nei suoi studi esplora la relazione tra produzioni letterarie e problematiche ecologiche. Ma come si definisce questo legame? Solo attraverso la divulgazione?
La relazione tra letteratura ed ecologia è un campo di studi oggi, e da alcuni anni, molto importante in Italia. L’obiettivo di chi conduce ricerche in quest’ambito, come avevo spiegato nel mio Letteratura e ecologia, non è quello di trasferire in modo meccanico princìpi, procedimenti o valori da un terreno all’altro, dall’ecologia alla letteratura o viceversa. Lo scopo invece è mostrare come tra quei campi si sia instaurata ed evoluta nel tempo una relazione nei due sensi.

Rachel Carson nel 1962. Foto: Erich Hartmann/Magnum.

Ci spieghi…
Da un lato il discorso ecologico ha adottato costruzioni narrative tipicamente letterarie: pensiamo ai molti libri recenti, scritti da scienziati e divulgatori, come David Quammen e Carl Safina ma prima ancora pensiamo a Rachel Carson con il suo celebre Primavera silenziosa del 1962, che spiegano narrando, con un ricorso a figure retoriche e strutture letterarie che non servono ad abbellire ma ad aumentare le potenzialità conoscitive e la trasmissibilità dei contenuti scientifici. Attraverso questo scambio, la letteratura può assumere un ruolo anche rispetto alle questioni della biodiversità. Non in modo diretto, cioè non attivando la funzione conativa, quella che tende a convincere il destinatario, né attraverso una rappresentazione edificante, consolatoria, che si limiti a confermare dei valori che quasi tutti, più o meno astrattamente, già consideriamo positivi.

Lo scrittore statunitense Carl Safina. Foto: WIkipedia.

E in che modo questa modalità indiretta può favorire una percezione più profonda delle relazioni ecosistemiche?
Può farlo esprimendo il pieno potenziale della letteratura, ovvero raccontando la vita quotidiana degli individui, mettendola in relazione alla vita in comune, osservata da un punto di vista meno abitudinario o del tutto straniante. Illustrando attraverso i nessi che legano il momento e il luogo di un protagonista qualunque al momento e al luogo degli altri. E questi “altri” possono essere anche i componenti di un ecosistema, i fattori biologici e climatici che interagiscono con gli aspetti esistenziali, sociali, politici.

Può indicarci delle letture di base particolarmente indicative di questa maniera d’interpretare la letteratura?
Nell’antologia Racconti del pianeta Terra ho raccolto una serie di testi di autori e autrici, italiani e internazionali, che hanno scritto testi capaci di inquadrare le questioni più rilevanti, dalla crisi climatica al rapporto dell’umanità con le altre specie. Tra questi, vale la pena ricordare figure come Amitav Gosh, che nei suoi romanzi e saggi, come “La grande cecità”, ha mostrato quanto le cause profonde all’origine dei problemi ambientali siano inscindibili da fattori storico-politici ed economici, in particolare dal colonialismo.

O Margaret Atwood, che nel saggio “Il cambiamento non è climatico, è globale” ha spiegato, con esempi e prefigurazioni di scenari possibili, quali rapporti leghino il degrado dell’ambiente ai nostri sistemi produttivi. E ancora Jonathan Safran Foer e Zadie Smith: il primo, scrittore americano autore tra l’altro di Possiamo salvare il mondo, prima di cena, dice che la letteratura può aiutarci a credere a ciò che sappiamo, ovvero che può figurarci un’esperienza più viva di quanto non possa fare la scienza, a cui pure dobbiamo i dati su cui si basa il sapere ecologico.

In modo analogo, l’autrice britannica Zadie Smith osserva, nel suo Elegia per le stagioni di un paese, come per raccontare e far capire gli effetti climatici occorrono “parole intime”, cioè capaci di restituire la relazione personale che abbiamo con gli specifici ambienti che conosciamo meglio, per esempio quelli in cui siamo cresciuti.

Amitav Gosh. Foto: Mathieu Genon.
Zadie Smith. Foto: WIkipedia.
Margaret Atwood. Foto: Wikimedia.
Safran Foer. Foto: Wikipedia.

Come vede l’evoluzione della letteratura ecologica nei prossimi decenni, al cospetto delle importanti sfide ambientali che abbiamo difronte?
Credo che i temi ecologici continueranno a interessare tanto chi scrive quanto chi legge. Se la declinazione distopica o fantascientifica del tema ecologico è molto frequente, penso che le linee di sviluppo più promettenti potranno andare in direzioni diverse: da un lato, il grande romanzo in cui le questioni climatiche interagiscono con le vite di personaggi complessi, calati nelle vicende culturali e sociali del nostro tempo. Penso a un libro imponente e composito come il recente Diluvio di Stephen Markley. Dall’altro lato, si stanno diffondendo i “memoir” climatici: narrazioni non fiction, o a bassa intensità fittiva, il cui protagonista-narratore racconta la propria esperienza dei nei luoghi mutati dagli effetti delle crisi ambientali: penso a libri di Fabio Deotto, come L’altro mondo, oppure a Il fuoco invisibile di Daniele Rielli ambientato nella Puglia colpita dalla Xylella che ha decimato gli olivi della regione.

Ci sono filoni nuovi che stanno emergendo?
Sì, in termini tematici si sta precisando una “ecologia della profondità”, che si interessa cioè agli ambienti profondi: sedimenti, biomi sotterranei, ma anche abissi sottomarini e giacimenti da cui dipende il nostro sistema produttivo. Proprio all’immaginario della profondità nella letteratura dell’antropocene è dedicato il mio prossimo libro, in uscita da Aboca edizioni.

Cosa suggerirebbe ai giovani scrittori che desiderino avvicinarsi in maniera efficace e coinvolgente alla scrittura ecologica?
Il mio consiglio, sempre a proposito di profondità, è di non fermarsi alla superficie, cioè agli stereotipi del discorso green, all’idea di “sostenibilità” ridotta a slogan, cioè privata della sua effettiva importanza concettuale, illustrata per esempio negli importanti studi di Enzo Tiezzi. Bensì di conoscere la storia dei paesaggi e degli ambienti che conoscono e abitano, raccontarli e raccontarsi attraverso quei luoghi e loro trasformazioni. Non optare per un discorso semplificato, unilaterale, ma tenere sempre presente che l’ecologia è una forma di sapere basato sulla relazione e la complessità. In questo, la letteratura le somiglia.

Foto: R. Tee/Getty Images.
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1 Comments

  1. says: bruno telleschi

    Ma lo scopo della letteratura non è la verità, sia pure ecologica, sebbene la bellezza che sola può salvare gli uomini dalla vanità del mondo: la bellezza della natura!

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