Erano saliti in eliski a Kårsavagge, soccorsi inutili.
La tragedia di Kårsavagge (Svezia)
a cura della Redazione de ilfattoquotidiano.it
(pubblicato su ilfattoquotidiano.it il 21 marzo 2025)
Hanno perso la vita in Svezia, travolti, mentre praticavano eliski, da una valanga sui Monti Abisko. Le vittime sono Mattia e Daniele Boer, due fratelli di 50 e 45 anni, che vivevano in Val Pellice, nel Torinese, dove abitano i loro genitori. Ad avvisare i familiari il terzo fratello, Simone, 41 anni, anche lui coinvolto nell’incidente da cui però è uscito illeso e che ha dato l’allarme.
Daniele lavorava nello studio dentistico di famiglia, insieme al padre Silvio e il fratello Simone, a Torre Pellice. Invece Mattia Boer era impiegato nel ramo immobiliare di una società svizzera, nella zona di Ginevra. Il gruppo travolto dalla valanga, guidato da una guida alpina certificata a livello internazionale, era composto da cinque sciatori. Aveva raggiunto Kårsavagge, nel nord della Svezia, quasi al confine con la Norvegia, con un elicottero della compagnia Kallfax Fly. La zona dove è avvenuta la tragedia si trova a circa dieci chilometri dal villaggio di Abisko, nella contea di Norrbotten.
L’eliski è un’attività sportiva che prevede che gli scialpinisti vengano trasportati in elicottero sulle cime dove solitamente è ben più difficile arrivare con una salita scialpinistica. Poi dalla cima si scende in fuori pista, nella neve fresca. Secondo le prime ricostruzioni il gruppo, compreso il pilota, è stato investito dalla valanga quando gli sciatori erano già scesi dall’elicottero, che era appena atterrato. Il velivolo era fermo e si è ribaltato nell’urto. La guida e i due fratelli Mattia e Daniele sono stati trascinati giù: la guida è rimasta in superficie, i due sciatori piemontesi sono rimasti sepolti nella neve. I soccorsi sono scattati immediatamente intorno alle 16, dopo che era stato lanciato l’allarme.
I soccorritori sono giunti sul posto, un’area molto impervia, con elicotteri e motoslitte, da Kårsavagge, ma anche dalla vicina Norvegia ma ogni tentativo di rianimarli è stato inutile. Le altre persone coinvolte, compreso Simone Boer, erano già riuscite ad uscire dalla neve da sole. Tra loro anche la moglie di Mattia. Il terzo fratello, come ha reso noto la Farnesina che si è subito attivata, è rientrato nel resort di partenza, Niehku, mentre l’ambasciata d’Italia in Svezia si è messa in contatto con i familiari e seguirà le procedure per il rientro delle salme dei due sciatori. È in corso un’indagine preliminare per i reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose. L’inchiesta è coordinata dal procuratore Jonas Fjellström.
Il commento
di Carlo Crovella
Nel momento in cui vengono elaborate queste considerazioni, le notizie sul fatto di cronaca (valanga in Svezia) sono ancora scarne e frammentarie. In questi casi, la prima mossa da compiere è esprimere rammarico perché ci sono state delle vittime e solidarietà ai loro familiari. Però, al di là della sorte dei nostri connazionali, ci sono altre valutazioni, più generali, che meritano attenzione.
È da qualche anno che affermo pubblicamente che l’evoluzione stagionale del manto nevoso si comporta in modo molto “diverso” da come eravamo abituati nei decenni scorsi. Non pare vi siano dubbi che si tratti dell’effetto, diretto e indiretto, del cambiamento climatico.
Il comportamento del manto nevoso, ammesso che fossimo riusciti a “imbrigliarlo” e quindi a “comprenderlo” (almeno a un livello tale da saperlo gestire in un’ottica di prudenziale) è nuovamente diventato “imprevedibile”. Infatti, dopo decenni investiti a carpire i segreti della neve (cercando di convogliarli in una specie di prontuario generale, da applicare, poi, di volta in volta nelle nostre spicciole scelte) è come se, di recente, fosse stato profondamente modificato il suo “regolamento” di base.
Dobbiamo prender atto che siamo tornati ad esser disorientati e quindi spesso impreparati di fronte alle diverse situazioni proposte dall’evoluzione nivologica. Sono situazioni spesso complesse da capire in modo automatico. Per esempio il bollettino AINEVA del 15 marzo 2025 riferito alle Alpi Liguri e Marittime configurava un quadro di rischio per cui fino a 2000 m c’era un rischio 2 e, appena oltrepassati i 2000 m, di colpo si passava a un rischio 4. Senza vie di mezzo che potrebbero permette di “abituarsi” all’incremento di rischio e prendere le dovute precauzioni.
Magari sbaglio, ma a mia memoria, in 5-6 decenni di scialpinismo non ricordo situazioni analoghe, così eclatanti e, soprattutto, così ripetute e diffuse. Una così accentuata diversità nella rispondenza del manto alle diverse condizioni generali (temperatura, precipitazioni, vento…) complica molto di più l’interpretazione delle situazioni puntuali.
Infatti non solo il quadro nivologico può cambiare radicalmente da un giorno all’altro (con un’intensità, quasi rivoluzionaria, che era abbastanza rara nei decenni scorsi e che oggi è spesso la “norma”), ma può cambiare radicalmente anche nella stessa giornata, semplicemente salendo di quota o cambiando versante.
Per carità, variazioni (anche interne alla stessa giornata) del manto nevoso conseguenti al cambio delle variabili ci sono sempre state, ma raramente con l’intensità dei giorni nostri: è questa la novità disorientante. Quanto meno non era così usuale. Oggi invece è pressoché la “norma” ed è questa la profondissima differenza, che segna, a mio parere, un cambiamento epocale con la nivologia dei decenni scorsi.
Gli studi e le conclusioni del recente passato, anche di testi affermati sui quali abbiamo studiato a capo chino, rischiano oggi di non esser più attuali, non per incapacità dei ricercatori del passato, ma per il profondo mutamento delle “regole del gioco” che governano ora il manto nevoso. In parole semplici, dobbiamo rimetterci a studiare da capo. Ma per poterlo fare dobbiamo avere nuovi studi scientifici sul nuovo comportamento del manto nevoso. Ci vorrà tempo.
In attesa di tutto ciò, un quadro di nuova conformazione, come quello in cui ci muoviamo oggigiorno nella montagna innevata, richiede ancor più prudenza sia nelle scelte strategiche che in quelle tattiche sul terreno.
Oltre a questo problema, che già da solo è particolarmente critico, l’attuale situazione socio-culturale propone un approccio consumistico che interagisce con il precedente, creando una miscela esplosiva. L’approccio consumistico spesso spinge a forzare le scelte, anche quanto il quadro nivologico suggerirebbe un’inossidabile prudenza, estesa fino alla rinuncia all’uscita con gli sci. Nella mentalità prestazionale oggi dominante il senso della rinuncia è considerato “da sfigati”.
Se poi si è speso un sacco di soldi per andare a sciare non certo dietro casa, l’idea di una rinuncia prudenziale si allontana sempre di più, fino a voler forzare a tutti i costi per non sprecar tempo e denaro. Sembra quasi che l’approccio prestazionale, già sbagliato prima delle recenti evoluzioni del quadro nivologico in territorio non ancora codificati dalla ricerca scientifica, spinga invece sfidare sempre di più la sorte.
Se mettiamo tutti questi ingredienti (sia quelli strettamente nivologici sia quelli socio-culturali) in un pentolone, non dobbiamo stupirsi di fronte alle caratteristiche e al numero sconfinato di incedenti che, a noi “vecchio scarpun”, appaiono davvero incomprensibile.
Di fronte al cambio radicale delle regole del gioco la parola d’ordine non può che essere “prudenza, prudenza, prudenza”. È da sfigati: sappiate andar fieri delle vostre scelte, anche contro l’opinione pubblica: molto meglio così che non esserci più.